Civile

Illegittimo il patto per l'uso esclusivo di parte del cortile condominiale

Lo affermano le Sezioni unite della Cassazione (sentenza n. 28972) risolvendo una questione che si dibatte da decenni

di Angelo Busani

È illegittimo pattuire l'uso esclusivo di una porzione di cortile condominiale perché la contrattazione viola il principio, centrale nel nostro ordinamento, del "numero chiuso" dei diritti reali. Lo affermano le Sezioni unite della Cassazione (sentenza n. 28972) risolvendo una questione che si dibatte da decenni e che, con questa pronuncia, dovrebbe finalmente essere definita una volta per tutte.

Il tema è quello che moltissimi edifici condominiali sono configurati nel senso di "annettere" a taluna delle unità immobiliari che compongono l'edificio l'uso "esclusivo" di una porzione condominiale (di solito, si tratta di una porzione del cortile da adibire a parcheggio). E allora ci si chiede in cosa consista questo "uso", il quale non può certo essere configurato come il diritto reale di uso di cui all'articolo 1021 del codice civile (il diritto di servirsi di una cosa e di trarne i frutti nel limite dei bisogni della famiglia dell'usuario) non fosse altro perché si tratta di un diritto temporaneo, destinato a estinguersi con la morte del soggetto titolare.
Il ragionamento della Cassazione si impernia sul punto che, nel nostro ordinamento, i diritti reali di godimento (l'usufrutto, l'uso, l'abitazione, la superficie e la servitù) sono concepiti dal legislatore come un "numero chiuso", in quanto la loro sussistenza provoca una consistente limitazione del diritto di proprietà, in alcuni casi necessariamente temporaneo (nel caso dell'usufrutto che può comunque avere una durata lunghissima), in altri casi (servitù e superficie) addirittura perpetuo.

Le Sezioni Unite smentiscono ogni tentativo di attribuire all'autonomia privata la capacità di originare figure atipiche di diritti reali: con solennità viene infatti affermato che «nella giurisprudenza di questa Corte il principio della tipicità del diritti reali, con quello sovrapponibile del numerus clausus, è fermo» confermando così vigorosamente l'attualità di principi enunciati fin dall'indomani dell'emanazione del Codice civile (Cassazione 1343/1950) e sempre ribaditi nel tempo (Cassazione 944/1968, 5034/2008, 21965/2019).

Dopo aver enunciato il principio di diritto, la Cassazione si pone il tema di come interpretare le pattuizioni che abbiano a oggetto la costituzione di un «diritto di uso esclusivo». La conclusione del ragionamento è che (fatta salva la necessità di analizzare caso per caso ogni situazione concreta) in molti casi si può probabilmente ragionare in termini di avvenuto trasferimento non di un "semplice" uso ma di un vero e proprio diritto di proprietà, stanti il carattere non temporaneo dell'attribuzione e la considerazione che l'uso "esclusivo" finisce per annullare qualsiasi utilità per il proprietario dell'area che ne sia gravata (nella fattispecie, tutti i condomini pro quota millesimale, trattandosi dell'area condominiale).

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