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Immobili: la poca illuminazione diurna non è fattore per cui si può ripetere la somma d'acquisto

La Corte di cassazione con l'ordinanza n. 8272/21 ha evidenziato come l'acquirente avesse preso come la poca illuminazione del bene come scusa per recedere dal contratto

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di Giampaolo Piagnerelli

Una volta acquistato l'immobile e ottenuto il certificato di agibilità, l'acquirente non può fare dietro front e ripetere la somma versata evidenziando come l'immobile avesse poca luce naturale (e che quindi necessitasse di luce artificiale per la quale sarebbe occorso il placet del servizio sanitario). Lo precisa la Cassazione con l'ordinanza n. 8272/21. Nel 2012 un soggetto ha convenuto in giudizio una Spa innanzi al tribunale di Torino. L'attrice deduceva di aver acquistato dalla Spa più unità immobiliari (un locale uso ufficio, una cantina e un'autorimessa) per la cifra complessiva di 326mila euro. La società convenuta si era obbligata a ottenere l'agibilità, certificato che era stato rilasciato dal comune di Torino. Successivamente - in seguito a diverse verifiche - era emerso che il fattore medio di luce diurna dell'immobile era inferiore al valore minimo dichiarato e garantito. L'attrice chiedeva pertanto la risoluzione del contratto di vendita ex articolo 1453 cc, oltre alla restituzione del prezzo pagato e al risarcimento del danno.

Giudizio di primo grado. Il tribunale di Torino con la pronuncia n. 7450/15 ha rigettato tutte le domande dell'attrice, che ha appellato la sentenza. La corte d'appello di Torino, con la sentenza 16 gennaio 2019 n. 97, ha rigettato il gravame e ha confermato la sentenza di primo grado. Il giudice d'appello ha ritenuto come già aveva sancito il tribunale, che l'immobile lungi dall'essere un bene completamente diverso da quello pattuito, fosse idoneo all'uso "ufficio" per il quale era stato comprato, pur presentando vizi che però non erano stati oggetto di tempestiva contestazione.

Ricorso di legittimità. Nel ricorso in Cassazione il soggetto acquirente ha fatto presente come il certificato di agibilità non sarebbe stato rilasciato regolarmente, questo perché al momento della stipula del contratto l'unità immobiliare era sprovvista di illuminazione artificiale integrativa e che la sanabilità delle violazioni attraverso sistemi di illuminazione integrativa sarebbe subordinata a un giudizio sanitario. A detta della parte attrice la Spa non aveva mai offerto la predisposizione di un progetto di illuminazione artificiale, e questo fatto avrebbe dovuto portare all'accoglimento del gravame. I Supremi giudici hanno ritenuto il motivo inammissibile, in quanto i giudici di appello, hanno osservato che l'immobile venduto, pur presentando vizi rispetto a quanto promesso dal venditore, l'immobile non è completamente diverso da quello pattuito, cosiddetto aliud pro alio in quanto idoneo all'uso ufficio sulla base della normativa del comune di Torino.

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