Penale

In caso di fatture per operazioni inesistenti la confisca deve essere rapportata al profitto effettivamente conseguito

In relazione al reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti ex art. 8 del d.lgs. n.74/2000 la confisca diretta o per equivalente del profitto del reato emessa sui beni dell'emittente delle fatture deve essere commisurata non al profitto conseguito da terzi per effetto dell'emissione delle fatture ma solo al compenso che l'emittente ha percepito per l'emissione delle fatture stesse

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di Giuseppe Durante*

In relazione al reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti ex art. 8 del d.lgs. n.74/2000 la confisca diretta o per equivalente del profitto del reato emessa sui beni dell'emittente delle fatture deve essere commisurata non al profitto conseguito da terzi per effetto dell'emissione delle fatture ma solo al compenso che l'emittente ha percepito per l'emissione delle fatture stesse. E' quanto ha disposto la Suprema Corte di Cassazione nel principio affermato in concomitanza della sentenza n. 20551 del 26 maggio 2022.

Si tratta di una precisazione non di poco conto segnalata dagli Ermellini, in considerazione del fatto che in caso di emissione di fatturazione avente ad oggetto operazioni esistenti, si tende a ritenere erroneamente che la confisca avente ad oggetto il profitto del reato debba essere commisurata al vantaggio economico generato in favore dei terzi e ricondicibile alla fatturazione per operazioni inesistenti; ciò in deroga espressa a quanto disposto dall'art. 12 bis del D.lgs.n°74/2000.

La Suprema Corte ha espressamente precisato che:"in tale specifica fattispecie l'entità dei beni confiscabili deve essere rapportata non al profitto eventualmente conseguito dai terzi per effetto dell'emissione delle fatture aventi ad oggetto operazioni inesistenti, bensì al solo prezzo del reato, cioè al compenso eventuale (perché non può dirsi certo) che l'emittente abbia percepito per l'emissione delle fatture stesse. I giudici di Palazzaccio hanno pertanto puntualizzato i termini della commisurazione della confisca in osservanza alla previsione normativa di cui sopra.

Il caso:

La sentenza in commento perviene all'esito del ricorso in Cassazione promosso dal ricorrente avverso la sentenza della Corte di Appello che irrogava sanzioni accessorie quali la confisca diretta, ovvero, in caso di impossibilità di esecuzione, per equivalente, per il reato di cui all'art. 8 del d.lgs. n. 74/2000.

A ben vedere il ricorrente, condannato per il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, al fine di consentire a terzi di evadere le imposte, vedeva confiscarsi una ingentissima somma pari al profitto conseguito dai terzi beneficiari delle fatture false.Da qui le doglianze sollevate dal ricorrente che, a ragione, lamentava, nel caso di specie, la violazione dell'art. 12-bis del d.lgs. n. 74/2000 secondo cui l'entità dei beni confiscabili deve essere rapportata al prezzo del reato; secondo la tesi del ricorrente i giudici di Appello avrebbero errato nel quantificare il prezzo del reato, rapportandolo al profitto conseguito dai terzi che avevano beneficiato delle fatture false, dovendosi invece fare riferimento all'eventuale compenso che il ricorrente aveva conseguito dall'emissione delle fatture. La tesi del ricorrente ha trovato accoglimento.

Il principio espresso dalla Corte di Cassazione nella Sentenza N°20551 del 26 maggio 2022

La Corte ha ricordato un principio ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità a mente del quale: "in relazione alla fattispecie di cui all'art. 8 del D.lgs. N.74 del 2000, consistente nell'emissione di fatture per operazioni inesistenti, al fine di consentire a terzi di evadere le imposte, deve richiamarsi il principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la confisca diretta o per equivalente, come il sequestro preventivo finalizzato a essa, del profitto del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, non può essere disposta sui beni dell'emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito dall'utilizzatore delle fatture medesime, poiché il regime derogatorio previsto dall' art. 9 del D.lgs. N.74 del 2000, escludendo la configurabilità del concorso reciproco tra chi emette fatture per operazioni inesistenti e chi se ne avvale, impedisce in questo caso l'applicazione del principio solidaristico, valido nei soli casi di illecito plurisoggettivo" .

In particolare i giudici delal Suprema Corte hanno poi precisato che: "in tale specifica fattispecie l'entità dei beni confiscabili deve essere rapportata non al profitto eventualmente conseguito dai terzi per effetto dell'emissione delle fatture aventi ad oggetto operazioni inesistenti, ma al solo prezzo del reato, cioè all'eventuale compenso che l'emittente abbia percepito per l'emissione delle fatture". In altre parole, i giudici di Palazzaccio hanno escluso la configurabilità di un concorso tra chi emette le fatture per operazioni inesistenti e chi successivamente le utilizza inserendole in dichiarazione.

Ne deriva che, il sequestro funzionale alla confisca obbligatoria non può essere disposto sui beni dell'emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito da chi ha benefriciato delle fatture riferite ad operazioni nesistenti.

Il sequestro, e quindi, la successiva confisca, hanno precisato gli Ermellini, deve essere riferito all'eventuale prezzo conseguito dall'emittente per il falso documento, intendendosi per tale il compenso pattuito o riscosso per commettere l'illecito.

Con riferimento al caso di specie i giudici di Legittimità hanno pertanto riformato la sentenza di appello ammonendo i giudici del gravame, per non aver fatto buon governo dei principi generali sopra richiamati disposti dal D.lgs.n°74/2000, avendo i giudici di appello erroneamente ritenuto che la confisca disposta nei confronti del ricorrente debba avere ad oggetto il profitto consistente nel risparmio economico delle imposte evase dai soggetti terzi, in favore dei quali sono state emesse le fatture aventi ad oggetto operazioni inesistenti e non quello effettivamente conseguito dal contribuente- emittente a seguito della condotta illecita.

*a cura del Prof. Avv. Giuseppe DURANTE - Professore a contratto in Diritto Tributario alla Facoltà di Economia dell'Università LUM "G. De Gennaro" in Bari - Tributarista

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