Penale

Indagini preliminari anche da remoto

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di Giovanni Negri

Non solo le udienze, nella quasi totalità, ma anche le indagini preliminari. Il settore penale viene investito in maniera sempre più significativa dalla dematerializzazione dell’attività giudiziaria. E l’avvocatura si rivolta. Ieri, con l’approvazione al Senato, in sede di conversione, di un nuovo e denso pacchetto di misure emergenziali si è fatto un altro passo nella direzione di uno svolgimento a distanza, tanto più problematico quando il modello di Codice di procedura penale è centrata su oralità, rilevanza del dibattimento, formazione della prova nel contraddittorio tra le parti.

Con una serie di emendamenti anche del ministero della Giustizia si è identificato nel collegamento da remoto la modalità tipica, su decisione del giudice non soggetta a impugnazioni, per lo svolgimento di tutte quelle udienze, evidentemente la stragrande maggioranza, che non richiedono la partecipazione di soggetti diversi dal pubblico ministero, dalle parti private e dai rispettivi difensori, dagli ausiliari del giudice, da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, da interpreti, consulenti o periti.

Lo svolgimento dell’udienza dovrà avvenire con modalità che assicurino il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti. Prima dell’udienza il giudice farà comunicare ai difensori delle parti e al pubblico ministero e agli altri soggetti di cui è prevista la partecipazione giorno, ora e modalità di collegamento. I difensori attesteranno l’identità dei soggetti assistiti, i quali, se liberi o sottoposti a misure cautelati diverse dalla custodia in carcere, parteciperanno all’udienza solo dalla medesima postazione da cui si collega il difensore.

In caso di arresti domiciliari, la persona arrestata o fermata e il difensore possono partecipare all’udienza dì convalida da remoto anche dal più vicino ufficio della polizia giudiziaria attrezzato per la videoconferenza, quando disponibile.

A debuttare poi è una sorta di «indagine preliminare da remoto», visto che il pubblico ministero e il giudice possano avvalersi di collegamenti da remoto «per compiere atti che richiedono la partecipazione della persona sottoposta alle indagini, della persona offesa, del difensore, di consulenti, di esperti o di altre persone, nei casi in cui la presenza fisica di costoro non può essere assicurata senza mettere a rischio di contenimento della diffusione del virus Covid-19».

Eccettuati i casi nei quali all’atto devono partecipare persone detenute si prevede che tutti i soggetti “convocati” devono confluire in un ufficio di polizia attrezzato al collegamento; qui l’atto viene svolto in presenza di un agente o di un ufficiale di polizia giudiziaria. Il difensore partecipa da remoto mediante collegamento dallo studio legale, a meno che decida di essere presente nel luogo dove si trova il suo assistito. Una modalità inedita che potrà riguardare tutti gli atti di indagine e quindi interrogatori, assunzione di sommarie informazioni, accertamenti tecnici non ripetibili, senza prevedere alcuna connotazione di urgenza, osservano i penalisti che contestano le norme «liberticide» . Ricomprendendo anche gli atti da compiersi da parte del giudice, sottolineano le Camere penali, «si smaterializza anche la acquisizione della prova utilizzabile in dibattimento, rientrando anche l’incidente probatorio, oltre all’udienza di convalida, all’udienza sulla richiesta di archiviazione ed all’interrogatorio di garanzia, che vengono incredibilmente svolti sotto il controllo della polizia giudiziaria».

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