Penale

Intercettazioni valide anche senza il nome del traduttore

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di Patrizia Maciocchi

L'omessa trascrizione del norme dell'interprete utilizzato dalla polizia giudiziaria nel verbale delle intercettazioni non le rende inutilizzabili: sia perché non è espressamente prevista dal codice di rito civile, sia perché non viola il diritto di difesa. La Corte di cassazione, con la sentenza 50017, respinge il ricorso teso a far affermare la nullità dei verbali delle conversazioni telefoniche ed ambientali, in lingua albanese, uniche e determinanti fonti degli indizi di reità a carico del ricorrente, in quanto prive del nome del traduttore. Ad avviso della difesa, era stato violato l'articolo 89 delle disposizioni di attuazione del Codice penale. La Cassazione dopo aver precisato che i dialoghi intercettati, confermano solo altri indizi del reato di sfruttamento della prostituzione, affermano l'utilizzabilità dei verbali, pur ammettendo che, sul punto, esiste in effetti un contrasto. Tuttavia i giudici della terza sezione penale aderiscono all'orientamento più recente (Sentenza 5197/2017) ormai prevalente. Il principio “prescelto” esclude, infatti, qualsiasi invalidità delle intercettazioni per l'omessa indicazione delle generalità dell'interprete di lingua straniera “che abbia proceduto all'ascolto, traduzione e trascrizione delle conversazioni”. E questo perché la sanzione dell'inutilizzabilità è prevista solo per i casi indicati tassativamente dall'articolo 271 del Codice di procedura penale. Inoltre, precisano i giudici, “la trascrizione integrale delle registrazioni (e la loro tradizione) con le forme e garanzie previste per l'espletamento delle perizie è necessaria solo per l'inserimento nel fascicolo per il dibattimento e per la conseguente loro utilizzazione come prove in sede di giudizio e non anche per valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ai fini dell'applicazione delle misure cautelari (articolo 273 del Codice di procedura penale) anche in relazione al diritto del difensore di chiedere e ottenere dal Pm copia dei supporti magnetici o informatici delle registrazioni utilizzate per adottare il provvedimento cautelare”. La prova dei fatti – sottolinea ancora la Cassazione – rappresentati dalle registrazioni non deriva, infatti, dal riassunto o dall' interpretazione fatta negli atti di polizia giudiziaria, anche con l'aiuto dell'interprete, ma dal contenuto stesso documentato nei relativi supporti. Di conseguenza l'assenza del nome dell'interprete non fa scattare la nullità dei verbali

Corte di cassazione – Sezione III – Sentenza 6 novembre 2018 n.50017

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