Lavoro

Invenzioni di azienda: i parametri per calcolare l'equo premio per il dipendente-inventore

Nota a sentenza Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 20 gennaio 2020, n. 1111

di Gilda Gagliano, Elena Tieghi


Nella recente sentenza della Corte di Cassazione Civile, Sezione Lavoro, del 20 gennaio 2020 n. 1111, viene ribadito quale sia il parametro da utilizzare per determinare l'equo premio del dipendente-inventore, che ha realizzato una c.d. invenzione di azienda: ossia, quella invenzione realizzata dal lavoratore, nell'esecuzione di un contratto di lavoro, in cui manchi però la previsione di una retribuzione a compenso dell'attività inventiva eventualmente svolta dal dipendente medesimo, poiché questa non costituisce oggetto del contratto di lavoro e, quindi, non costituisce mansione dello stesso (Art. 64, comma 2°, D. L.vo 10 febbraio 2005, n. 30 – Codice di Proprietà Industriale).

La Suprema Corte ribadisce il principio, già in precedenza espresso, secondo il quale "In tema di invenzione di azienda, ai fini della liquidazione dell'equo premio, ai sensi dell'art. 23, comma 2°, del R.D. n. 1127 del 1939, occorre tener conto dell'importanza dell'invenzione, e non del prezzo, sicché opera correttamente il giudice del merito che, al detto fine, nel considerare le potenzialità di sfruttamento economico dell'invenzione, ricorre ad una valutazione equitativa in funzione correttiva, ad evitare il risultato di una quantificazione parametrata sul solo valore commerciale dell'invenzione".

La fattispecie era stata oggetto dell'originaria pronuncia del Tribunale di Udine, che - con sentenza del 2010 - aveva accertato la qualità di autore dell'attore, esclusivo o comunque coautore con la società convenuta, di numerose invenzioni oggetto di brevetto.

Conseguentemente, il Tribunale aveva dichiarato che il dipendente avesse diritto all'equo premio, condannando la società al pagamento dell'importo di oltre 1 milione di euro, oltre interessi e rivalutazione monetaria.

La Corte d'Appello di Trieste, con sentenza del 21 marzo 2014, aveva poi accolto parzialmente l'appello principale e l'appello incidentale, condannando la società al pagamento in favore del dipendente dell'equo premio nella misura complessiva di € 466.116,00, sempre oltre interessi e rivalutazione monetaria.

Il dipendente aveva, quindi, proposto ricorso in Cassazione, affidandolo a cinque motivi, tra cui, per quanto qui interessa:

1) l'erronea valutazione dell'importanza dell'invenzione, perché la Corte territoriale la avrebbe valutata in concreto, con riguardo ai risultati economici conseguiti con l'invenzione e non in astratto, con riguardo alle massime potenzialità di sfruttamento conseguibili;

2) l'indebita applicazione da parte della Corte di Appello della cd. formula tedesca per la determinazione dell'equo premio, avvalendosi di parametri incompatibili con le invenzioni "di azienda";

3) l'omesso accoglimento dell'istanza di esibizione delle cosiddette 'liste di referenza', ossia degli elenchi degli impianti e linee acquisiti e realizzati, che avrebbero consentito la ricostruzione dei vantaggi economici conseguiti dall'azienda in relazione alle invenzioni del ricorrente.

La società, proponendo ricorso incidentale condizionato, lamentava, tra l'altro, l'omessa valutazione, nel parametro dell'importanza del brevetto, dell'efficacia spazio-temporale dei brevetti come da prospettazione fornita; l'omessa valutazione per alcune invenzioni dell'assenza di novità e/o inventività rispetto allo stato della tecnica esistente.

Con la pronuncia in commento, la Corte di legittimità ha rigettato sia il ricorso principale, sia quello incidentale.

Specificamente, la Cassazione ha individuato i parametri per la quantificazione dell'equo premio del dipendente-inventore, statuendo che "…per determinare le potenzialità di sfruttamento economico dell'invenzione, occorre ricorrere ad una valutazione equitativa in funzione correttiva, discostandosi dal c.d. metodo tedesco" (secondo la formula I = V x P: ove, I è l'ammontare del premio riconosciuto al dipendente; V è il valore dell'invenzione, che corrisponde al corrispettivo che l'impresa dovrebbe pagare per acquisire il diritto di utilizzazione dell'invenzione se questa fosse coperta da brevetto; P è un valore proporzionale, calcolato sulla base di tali indici, ed espresso in percentuale, che misura l'apporto del dipendente), onde evitare il risultato di una quantificazione parametrata sul solo valore commerciale dell'invenzione".

In altri termini, la Suprema Corte aderisce ai criteri di determinazione dell'equo premio già suggeriti in passato dalla medesima giurisprudenza di legittimità, ritenendo necessario procedere a prescindere dal concreto utilizzo della invenzione e apportando, piuttosto, correttivi all'applicazione di formule, che hanno riguardo alle potenzialità di sfruttamento economico delle invenzioni (come il citato "metodo tedesco"), e attribuendo rilievo, invece, alla "qualità" intrinseca dell'invenzione (come ad es. la "qualità" tecnologicamente avanzata dell'invenzione) e al valore obiettivo delle invenzioni medesime (Cass. Civile n. 2849/2001; Cass. Civile n. 2646/1990).

La necessità di ricorrere a una valutazione equitativa per determinare l'equo premio del dipendente-inventore, peraltro, è perfettamente conforme alla ratio dell'istituto medesimo dell'equo premio, di cui all'art. 64, comma 2°, D. Lgs. n. 30/2005. Tale istituto, infatti, è riconducibile alla regola generale dell'ordinamento italiano, che prevede l'attribuzione dei risultati della prestazione dal dipendente all'impresa, e al principio secondo il quale la retribuzione deve essere proporzionata alla qualità e alla quantità del lavoro svolto dal dipendente (art. 36 della Costituzione).

In conclusione, dunque, per la determinazione dell'equo premio, è necessario procedere all'equo contemperamento dell'interesse del dipendente per il giusto riconoscimento dell'attività inventiva svolta e di quello dell'imprenditore, il cui investimento aziendale ha comunque un ruolo fondamentale, poiché consente trasformare l'idea individuale in un prodotto industriale, con ogni conseguenza anche in termini di sfruttamento economico.

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