L'immobile donato torna al padre se il figlio non gli presta assistenza
Trasferire la nuda proprietà dell'immobile in cambio di una prestazione vitalizia di assistenza costituisce una donazione gravata da onere modale ex articolo 793 del codice civile. L'imposizione di un tale peso al beneficiario non costituisce un corrispettivo tale da trasformate la donazione in un contratto a prestazioni corrispettive e non snatura l'essenza di liberalità della donazione. E se il donatario non si prende effettivamente cura del donante, la donazione può essere risolta per inadempimento. A ricordarlo è il Tribunale di Cagliari con la sentenza 1321/2016.
Il caso - All'origine della vicenda giudiziaria vi è la stipula di un contratto di donazione modale ai sensi dell'articolo 793 del Cc con il quale il proprietario di un immobile cedeva la nuda proprietà del bene a suo figlio, il quale si obbligava a provvedere al mantenimento del padre «a prescindere dal suo stato di bisogno», nonché ad assisterlo materialmente e moralmente «per tutta la durata della sua vita», provvedendo a tutto quanto fosse necessario per garantirgli una «decorosa esistenza». Tuttavia, a distanza di poco più di 2 anni dalla stipula della donazione, il padre citava in giudizio il figlio, colpevole a suo dire di non aver mai fornito l'assistenza ed il sostegno di cui aveva bisogno, essendo costretto ad assumere delle badanti a pagamento per le sue quotidiane esigenze di vita. Da parte sua, il figlio donatario riteneva che il comportamento ostile del genitore aveva portato a tale situazione e che, ad ogni modo, il contratto posto in essere tra padre e figlio doveva essere considerato a prestazioni corrispettive e non sorretto da spirito di liberalità, avendo egli inoltre provveduto col proprio lavoro e le proprie risorse alla ristrutturazione dell'immobile stesso.
La decisione - Il Tribunale risolve la controversia in senso favorevole al genitore qualificando il contratto come donazione onerata con riserva di usufrutto, ovvero con trasferimento gratuito della nuda proprietà dell'immobile al donatario, il quale ha assunto l'onere di una prestazione vitalizia di assistenza in favore del donante. Per il giudice, lo spirito di liberalità è perfettamente compatibile con l'imposizione di un peso al beneficiato «purché esso, non assumendo il carattere di corrispettivo, costituisca una modalità del beneficio senza snaturare l'essenza di liberalità della donazione». E dunque, la prestazione imposta al beneficiario di prestare assistenza al donante, in quanto finalizzata «al perseguimento di ulteriori fini di natura non patrimoniale» non incide sulla causa del negozio e non è tale da poter far ritenere sussistente un vincolo di sinallagmaticità tra le prestazioni.
Ciò detto, l'onere imposto costituisce una vera e propria obbligazione e la sua mancata esecuzione giustifica l'azione di risoluzione da parte del donante con obbligo per quest'ultimo di allegare la circostanza dell'inadempimento e per il donatario di provare il contrario. E nel caso di specie, il figlio non è stato in grado di provare l'effettiva e concreta assistenza prestata al padre dopo aver ricevuto la nuda proprietà dell'immobile.
Tribunale di Cagliari - Sezione civile - Sentenza 27 aprile 2016 n. 1321