Società

La c.d. clausola della roulette russa e la compatibilità con l’ordinamento italiano

Una controversia tra due noti personaggi del mondo dello spettacolo accende nuovamente i riflettori sulla legittimità dell’istituto di matrice statunitense

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di Marco Nicolini, Marco Rosato*

La recente vicenda relativa alla controversia fra due noti personaggi del mondo dello spettacolo in merito alle quote contese di una S.r.l. ha (ri)portato inaspettatamente alla ribalta la c.d. clausola della roulette russa negli accordi parasociali (o statutari).

Come noto agli addetti ai lavori, proprio di recente la Suprema Corte di Cassazione con sentenza della Sez. Civ. I n. 22375 del 25/07/2023 aveva diffusamente analizzato l’istituto, svolgendo anche una interessante analisi di diritto comparato, partendo proprio dagli USA quale paese di origine di tale clausola.

La clausola della c.d. roulette russa può essere contenuta sia nello statuto che nei patti parasociali di una società; avendo una funzione antistallo è di largo utilizzo nei casi di una partecipazione sociale paritetica, quorum paritetici o qualora i soci detengano una determinata parte del capitale sociale tale da impedire, per ciascuna parte, il raggiungimento di una maggioranza.

Nella sua formulazione più comune e standard tale pattuizione garantisce ad un socio, al verificarsi di una situazione di paralisi societaria , il diritto di rivolgere all’altro un’offerta irrevocabile di acquisto dell’altrui partecipazione a un prezzo stabilito dall’offerente. Chi riceve offerta dal primo socio, a sua volta, avrà due possibilità:

(i) accettare l’offerta, con il conseguente trasferimento della propria partecipazione; o

(ii) rifiutare l’offerta, rimanendo però obbligato ad acquistare la partecipazione del socio emettente la prima offerta allo stesso prezzo proposto da quest’ultimo.

Tale clausola, di matrice statunitense , ha trovato rapido assorbimento nella prassi societaria italiana, divenendo abbastanza frequente quantomeno a livello di patto parasociale. Tuttavia, prima della citata pronuncia degli Ermellini del luglio 2023 non aveva ancora ricevuto imprimatur di compatibilità con i principi dell’ordinamento italiano.

Andando a ripercorrere a ritroso il giudizio di merito che ha coinvolto Fintecna e poi sfociato nella pronuncia di legittimità della Suprema Corte appena menzionata, si scorgono interessanti profili di discussione che hanno portato i giudici domestici ad interrogarsi sulla compatibilità di tale istituto con i principi del nostro ordinamento.

I potenziali elementi di sfrido della clausola con principi del nostro codice civile, infatti, non appaiono trascurabili nella misura in cui vengono mossi a tale pattuizione i seguenti addebiti:

1) prezzo rimesso a mero arbitrio della parte che aziona la clausola con evidente violazione dell’art. 1349 c.c. e realizzazione di una condizione meramente potestativa ex art. 1355 c.c. (come tale nulla);

2) violazione del principio di equa valorizzazione della partecipazione del socio che subisce espropriazione in contrasto con art. 2437 ter c.c., art. 2437 sexies c.c. e art 2473 c.c. , in quanto prezzo stabilito da chi attiva la clausola non deve essere ancorato a fair market value ;

3) violazione del divieto di patto leonino ex art. 2365 c.c. in quanto l’attivazione della clausola comporterebbe per socio che vende spoliazione forzata della sua partecipazione azionaria, con conseguente rinuncia agli utili.

I giudici di merito, in verità, hanno costantemente rigettato tali addebiti e affermato la compatibilità della clausola ai principi di meritevolezza dei negozi privati atipici di cui all’ art. 1322 c.c. Il Tribunale di Roma, seguito dalla Corte territoriale, ha rilevato come sia comunque garantito un equilibrio negoziale in quanto la scelta se acquistare o vendere spetta alla parte che non ha operato determinazione del prezzo.

L’oblato, infatti, può approfittarne - se il prezzo offerto è basso - comprando o, al contrario, lucrare vendendo al socio se prezzo proposto è alto. Proprio tale meccanismo ha indotto i giudici a ritenere compatibile tale clausola con ordinamento italiano in quanto non suscettibile di creare abusi. Sarebbe altamente improbabile – ad avviso dei giudici di merito – infatti, il tentativo di chi assume l’iniziativa di acquistare ad un prezzo vile o iniquo se la controparte può a sua volta rovesciare la situazione, acquistando lei, allo stesso prezzo, ma anche e soprattutto perché la decisione ultima spetta a colui che è compulsato dall’iniziativa, non a colui che l’assume.

Con riferimento, invece, alla determinazione del valore delle quota, il Tribunale capitolino ha acutamente rilevato come il valore di riferimento non sarebbe quello che si rinviene nel caso di socio recedente, ma quello che il socio otterrebbe in sede di liquidazione della società (poiché alternativa a stallo sarebbe la liquidazione dell’intera società contesa).

I giudici di merito, inoltre, hanno conferito valore dirimente all’autonomia privata che si è concretizzata in sede di patto parasociale nell’adozione negoziale di un clausola che non prevede ancoraggio del valore della partecipazione societaria al c.d. fair market value in ossequio ai principi di auto-responsabilità e libera disponibilità della posizione patrimoniale di ciascun individuo.

Per quanto concerne, infine, la lamentata violazione dell’art. 2265 c.c., tale accusa è stata ritenuta non fondata in quanto, a giudizio dei giudici italiani, le clausole antistallo non sono idonee - tanto per la loro finalità che per la loro struttura - ad escludere in maniera costante e totale un socio dalla responsabilità della gestione ovvero a consentire ad uno di essi di approfittare di una determinata situazione per escludere l’altro.

Infatti, la parte cui è attribuita la facoltà di assumere l’iniziativa di attivare la procedura non è libera di farlo in qualsiasi momento, essendo tale facoltà vincolata al verificarsi di uno degli eventi, indicati nella clausola stessa, di incapacità decisionale delle società o di scadenza del patto parasociale. La circostanza che l’avvio della procedura sia limitata al verificarsi di alcuni eventi impedisce alla parte di approfittare di particolari momenti favorevoli (ad es., un momento di forte crescita della società e, dunque, di valorizzazione positiva delle partecipazioni) per escludere l’altro socio dalla partecipazione societaria conseguendo le utilità che sarebbero a questi spettate.

L’istituto in questione, pertanto, è stato ritenuto meritevole di tutela in quanto evita la paralisi societaria e lo scioglimento della società ex art. 2484, primo comma n. 3 c.c., consentendo di salvaguardare il progetto imprenditoriale ed evitare i costi e le lungaggini della procedura di liquidazione.

Se, dunque, sulla carta la clausola della roulette russa pare essere ispirata ai migliori propositi, avendo anche una innata vocazione deflattiva del contezioso, la sua applicazione pratica – anche alla luce della nota vicenda di cronaca, non pare riflettere integralmente gli intenti ispiratori dell’istituto.

In altre parole, se tale clausola è stata pensata per evitare le liti tra soci e indurli ad una gestione meno conflittuale del progetto imprenditoriale comune, il contenzioso in essere tra i noti personaggi pubblici appena menzionati pare smentire tale assunto.

Altro spunto che si può trarre dalla vicenda è che, verosimilmente, il soggetto che attiva la clausola è quello che è sottoposto a maggiori tensioni e imprevisti, che lo possono rendere destinatario di effetti (sovente) non desiderati. È proprio tale considerazione, del resto, ha indotto i giudici a ritenere tale clausola compatibile con ordinamento giuridico italiano in quanto – di regola – non idonea a creare abusi, ma anzi, in grado di porre l’oblato in una situazione (potenzialmente) più vantaggiosa rispetto al socio che ha azionato la procedura antistallo.

La prassi societaria ci mostrerà ulteriori risvolti relativi al recepimento di tale clausola nel tessuto imprenditoriale italiano, anche se gli sfridi giudiziali finora registrati (seppur non di magnitudine significativa rispetto ai ben più numerosi casi in cui è prevista la clausola della roulette russa in accordi societari), restituirebbero un indice di maturità degli attori che operano nel panorama domestico non ancora allineato ai paesi di matrice anglosassone. In tali giurisdizioni, infatti, la clausola è ritenuta presuntivamente valida in linea di principio , mentre i contenziosi - allo stato noti – che hanno portato a dichiarare la nullità della clausola paiono essere limitati a casi di evidente uso abusivo e contro buona fede della predetta clausola antistallo.

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*A cura degli Avv.ti Marco Nicolini, Equity and Founding Partner di Alma LED e capo del Dipartimento di Corporate & M&A e Marco Rosato, Senior Associate Alma LED, Dipartimento di Corporate & M&A

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