Il CommentoAmministrativo

La certificazione della parità di genere: evoluzione normativa e nuovo codice dei contratti pubblici

La parità di genere rappresenta un obiettivo trasversale del PNRR e viene riconosciuta come importante pilastro per lo sviluppo del Paese

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di Carlotta Carta e Beatrice Gallucci (*)

Cos’è la Certificazione della parità di genere e quali sono gli obiettivi che il legislatore vuole perseguire con la sua introduzione nel nostro ordinamento?

La certificazione della parità di genere (di seguito anche solo la “Certificazione”) è stata introdotta dal legislatore nazionale con la Legge n. 162 del 5 novembre 2021. Tale norma ha inserito nel Codice per le Pari Opportunità (D. Lgs. n. 198/2006), l’art. 46 – bis , con cui si prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2022 le imprese possano dotarsi della Certificazione che attesti le misure in concreto adottate dal datore di lavoro per ridurre il divario di genere all’interno dell’azienda.

In particolare, ai fini del rilascio della Certificazione sono valutate la possibilità di crescita, la parità salariale a parità di mansioni, le politiche di gestione delle differenze di genere e la tutela della maternità .

Il legislatore nazionale istituendo la Certificazione della parità di genere ha dato attuazione a quanto previso dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (“PNRR”), ove la parità di genere è una delle tre priorità trasversali insieme al sostegno ai Giovani, al Mezzogiorno ed al riequilibrio territoriale. Tali priorità sono perseguite attraverso un approccio integrato ed orizzontale, in tutte le Missioni che compongono il Piano.

Con specifico riferimento alla Certificazione, la Missione 5, Investimento 1.3 del PNRR, prevede proprio l’attivazione di un Sistema nazionale di certificazione della parità di genere, con l’obiettivo di incentivare le imprese ad adottare policy adeguate a ridurre il divario di genere in tutte le aree che presentano maggiori criticità.

Come ottenere la certificazione?

Con decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità del 29 aprile 2022 , sono stati definiti i parametri per il conseguimento della Certificazione, che potrà essere rilasciata unicamente da Organismi di Certificazione Accreditati. Tale decreto individua i parametri minimi per il conseguimento della certificazione in quelli della prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022 , contenente “Linee guida sul sistema di gestione per la parità di genere che prevede l’adozione di specifici KPI (Key Performance Indicator - indicatori chiave di prestazione) inerenti alle politiche di parità di genere nelle organizzazioni” e successive modifiche o integrazioni.

La prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022 [1] contiene criteri, prescrizioni e tecniche funzionali all’ottenimento della Certificazione e fornisce raccomandazioni che tengono conto di vari indicatori chiave di prestazione (i c.d. KPI o Key Performance Indicator ), relativi a sei aree fondamentali: cultura e strategia, governance, processi relativi alle risorse umane, opportunità di crescita ed inclusione femminile in azienda, equità remunerativa per genere, tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro, fornendo linee guida che mirano a monitorare gli obiettivi di parità di genere, colmare eventuali gap e produrre un cambiamento delle realtà aziendali solido e sostenibile.

Ad ogni area è associato un diverso peso percentuale (che varia tra il 10 ed il 20 %), volto a misurare il livello di maturità di partenza dell’organizzazione e gli stati di avanzamento nel tempo delle politiche attuate. Il valore di ogni punteggio finale dei diversi indicatori viene ponderato in base al peso dell’area di appartenenza.

Gli indicatori di prestazione hanno sia natura qualitativa sia quantitativa; dunque, il peso dei punteggi può dipendere tanto dal raggiungimento o meno di un determinato standard di riferimento quanto dalla dimensione del delta percentuale rispetto al valore interno aziendale, piuttosto che al valore medio di riferimento nazionale o in relazione al tipo di attività economica (individuata attraverso i codici ATECO).

La Certificazione avviene su base volontaria e su richiesta della singola impresa al raggiungimento del punteggio minimo del 60% sulla base di un articolato procedimento che prevede un esame documentale, l’attività di verifica in itinere e le verifiche annuali, volte a controllare il mantenimento dei requisiti stessi nel tempo. La singola Certificazione ha durata triennale.

Quali vantaggi per le imprese che ottengono la Certificazione?

Le imprese che riescono ad ottenere la Certificazione avranno dei vantaggi che possono essere di seguito brevemente sintetizzati:
Sgravi contributivi riservati alle imprese che siano in possesso della certificazione al 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento, nel limite dell’1% dei contributi complessivamente dovuti e di € 50.000 annui per ciascuna azienda;
Punteggio premiale per la valutazione, da parte di autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali, di proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti;
Riduzione del 20% della garanzia fideiussoria per la partecipazione a gare pubbliche;
• Acquisizione di un miglior posizionamento in graduatoria nei bandi di gara per l’acquisizione di servizi e forniture.

La Certificazione è presente nel nuovo Codice dei Contratti pubblici?

Come visto nel paragrafo precedente, tra i vantaggi per le imprese che si certificano vi è, altresì, nell’ambito delle gare pubbliche, la possibilità per esse di ottenere un punteggio più alto che determinerà un miglior posizionamento in graduatoria.

Ciò era espressamente disposto dall’art. 95, comma 13, del D.lgs. n. 50/2016 (“Codice dei Contratti Pubblici”), così come modificato dalla L. n. 79/2022, ove si prevedeva che le Stazioni Appaltanti indicassero nel bando di gara, nell’avviso o nell’invito i criteri premiali che intendevano applicare alla valutazione dell’offerta in relazione, inter alia, all’adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere comprovata dal possesso di certificazione della parità di genere di cui all’articolo 46-bis del Codice delle Pari Opportunità.

Ebbene, questa disposizione è stata inizialmente espunta dal Nuovo Codice dei Contratti Pubblici, D.Lgs. n. 36 del 31 marzo 2023, che è entrato in vigore il 1° aprile 2023.

Difatti, il nuovo Codice, nella prima formulazione adottata, all’art. 61, comma 2, stabiliva che le Stazioni Appaltanti “prevedono” nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, come requisiti necessari o come ulteriori requisiti premiali dell’offerta, meccanismi e strumenti idonei a realizzare le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le persone con disabilità o svantaggiate.

Inoltre, il Nuovo Codice disponeva che le stazioni appaltanti prevedono nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, il maggior punteggio da attribuire alle imprese che attestano, anche a mezzo di autocertificazione, il possesso dei requisiti di cui all’articolo 46-bis del Codice delle Pari Opportunità (i.e. gli stessi richiesti per la Certificazione).

Le imprese avrebbero pertanto potuto anche solo fornire un’autocertificazione, senza svolgere la procedura ai sensi della UNI PdR 125:2022. Tuttavia, la stazione appaltante avrebbe potuto verificare l’attendibilità dell’autocertificazione dell’aggiudicataria con qualsiasi adeguato mezzo (art. 108, comma 7, D. Lgs. n. 36/2023).

Si evince quindi che, diversamente dal Codice dei Contratti Pubblici abrogato, il nuovo Codice, inizialmente, disponeva, quindi, che le stazioni appaltanti prevedessero nei bandi di gara generici meccanismi per promuovere la parità di genere, con eliminazione del riferimento espresso alla Certificazione della parità di genere.

Di conseguenza, per effetto della formulazione sopra riportata erano ampliate di molto le modalità con cui un’impresa avrebbe potuto dimostrare di adottare delle politiche per la parità di genere, arrivando a sostituire un’attestazione rilasciata da un soggetto terzo e imparziale con un’autocertificazione fornita dall’azienda stessa.

Tuttavia, questa modalità non fornisce le stesse garanzie della certificazione accreditata, che è una valutazione della conformità eseguita da un terzo, indipendente e imparziale. Difatti, l’organismo di certificazione accreditato svolge la propria attività con un alto livello di competenza, fornisce inoltre maggiori garanzie sull’effettivo rispetto dei requisiti previsti dalla norma di riferimento.

La scelta del legislatore ha destato non poche perplessità, al punto che, a poco tempo dall’entrata in vigore del Nuovo Codice, il Governo ha immediatamente proposto un emendamento concernente proprio la promozione della parità di genere nel settore degli appalti pubblici, volta a confermare, anche nell’ambito della nuova disciplina recata dal D. Lgs. n. 36/2023, il riconoscimento di premialità in favore delle imprese che adottano politiche tese al raggiungimento delle parità di genere comprovata dal possesso della relativa certificazione rilasciata ai sensi dell’articolo 46 - bis del Codice delle Pari Opportunità.

La questione è stata definitivamente risolta con l’entrata in vigore, a partire dal 30 maggio, del Decreto Legge n. 57 del 29 maggio 2023, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 124 del 29 maggio 2023.

L’art. 2, D.L. 57/2023 , ha eliminato la possibilità di comprovare attraverso un’autocertificazione il possesso dei requisiti per il rilascio della certificazione della parità di genere ai fini dell’attribuzione del punteggio premiale. Il nuovo testo richiede, pertanto, come il previgente art. 95, comma 13, D.lgs. n. 50/2016, che l’adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere al fine del conferimento di un maggior punteggio possa essere comprovata solo dal possesso della certificazione di cui all’art. 46-bis del Codice delle pari opportunità.

Appare importante segnalare infine che ad oggi le imprese che hanno deciso di dotarsi del c.d. “ Bollino Rosa sono 823 a poco più di dodici mesi dalla pubblicazione della Prassi di Riferimento UNI PdR 125:2022.

D’altronde, da anni il rafforzamento dell’empowerment femminile registra un crescente interesse da parte di cittadini, imprese e istituzioni. La Certificazione, assicurando un percorso più strutturato e un confronto con soggetti accreditati, è segnalata da più parti come una azione positiva che potrebbe in futuro sostituire l’obbligo informativo, già in vigore e previsto dal Codice delle Pari Opportunità, consistente nella predisposizione di un rapporto biennale sull’impiego del personale maschile e femminile nelle aziende con più di 50 dipendenti . [2]

In conclusione, la parità di genere rappresenta un obiettivo trasversale del PNRR e viene riconosciuta come un importante pilastro per lo sviluppo del Paese.

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(*) A cura di Carlotta Carta e Beatrice Gallucci, Associate Ughi e Nunziante - Studio Legale

[1] La prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022 è stata pubblicata in data 12 marzo 2022 da UNI – Ente Italiano di Normazione.

[2] Lo strumento del Rapporto biennale sull’occupazione femminile e maschile nelle imprese con più di 50 dipendenti presenta infatti le seguenti criticità: i) esclude dalla mappatura imprese con meno di 50 dipendenti che in Italia rappresentano la maggioranza delle realtà aziendali; ii) fornisce una rappresentazione solo quantitativa e non qualitativa sulla reale condizione dell’impiego femminile; iii) non sono previsti strumenti di controllo della veridicità delle informazioni fornite. Si confronti in questo senso il Rapporto 2022 – Indagine sull’occupazione femminile e maschile delle imprese in Lombardia con più di 50 dipendenti predisposto dalla Consiglierà di Parità di regione Lombardia.