La Consulta conferma la legittimità costituzionale dell’art. 171 bis c.p.c.
Nota a Corte Costituzionale, Sentenza 3 giugno 2024, n. 96
Il 3 giugno 2024, la Corte Costituzionale ha pronunciato la sentenza n. 96 confermando la legittimità costituzionale dell’art. 171 bis c.p.c. nella parte in cui prevede che il Giudice, “verificata d’ufficio la regolarità del contraddittorio, pronuncia, quando occorre, i provvedimenti previsti dagli articoli 102, secondo comma, 107, 164, secondo, terzo, quinto e sesto comma, 167, secondo e terzo comma, 171, terzo comma, 182, 269, secondo comma, 291 e 292, e indica alle parti le questioni rilevabili d’ufficio di cui ritiene opportuna la trattazione, anche con riguardo alle condizioni di procedibilità della domanda e alla sussistenza dei presupposti per procedere con rito semplificato”.
Infatti, secondo l’interpretazione adeguatrice della Corte Costituzionale, il Giudice, pur potendo assumere provvedimenti senza che vi sia un contraddittorio tra le parti, avrebbe comunque la facoltà di fissare un’udienza ad hoc prima di decidere sulle questioni oggetto delle verifiche preliminari. Tale facoltà consente, quindi, di superare i dubbi di legittimità costituzionali sollevati dal Tribunale di Verona che riguardavano proprio la lesione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio.
Più precisamente, il Tribunale di Verona aveva ritenuto che vi fosse un contrasto tra l’art. 171 bis c.p.c. e gli artt. 3, 24, 76 e 77 Cost.. Partendo proprio da questi ultimi due articoli (artt. 76 e 77 Cost.), il Tribunale di Verona sosteneva che vi era un contrasto della disposizione censurata con i criteri normativi contenuti nella legge delega. Infatti, a detta del Giudice veronese, la legge delega non contemplava un intervento anticipato dell’autorità giudiziaria rispetto alla prima udienza; anzi, a detta del Tribunale di Verona, la legge delega non prevedeva che vi fosse alcuna attività preliminare da svolgere prima dell’udienza di comparizione, che, quindi, sarebbe stata comunque destinata alle verifiche preliminari anche rispetto alla regolarità del contraddittorio.
Inoltre, il Giudice veronese rilevava anche un contrasto con l’art. 3 Cost. perché la norma, così come scritta, consentirebbe al Giudice di decidere sulle questioni rilevate d’ufficio o su quelle relative all’introduzione del procedimento e alla verifica del contraddittorio inaudita altera parte mentre, per tutto il resto, la decisione sarebbe rimessa alla prima udienza di comparizione che si svolge solo dopo il deposito delle memorie integrative. Questo meccanismo, però, a detta del Tribunale di Verona, genererebbe un diverso trattamento senza che sussista una ragione giustificativa idonea a sostenerlo. Dunque, la previsione contenuta nell’art. 171 bis c.p.c. sarebbe il risultato di una scelta arbitraria compiuta dal legislatore che, però, non era prevista nella legge delega e non è ammessa in una materia come quella processuale. Infine, quanto all’art. 24 Cost., il contrasto dipenderebbe proprio dal provvedimento assunto inaudita altera parte perché, così facendo, vi sarebbe una violazione delle regole e dei principi generali posti a sostegno del diritto al contraddittorio.
In sostanza, il Giudice veronese rilevava un eccesso di potere in capo al legislatore in sede di riforma e, in tal senso, sosteneva che la “legge delega non aveva previsto una fase, antecedente all’udienza di prima comparizione delle parti, deputata alle verifiche preliminari e per violazione del principio del contraddittorio perché prevede la decisione del giudice, inaudita altera parte, per solo alcune questioni rilevabili d’ufficio, mentre per tutte le altre, non espressamente menzionate, differisce la decisione alla udienza di prima comparizione e ciò è in contrasto con l’art. 3 Cost. e perché nel regime anteriforma, la verifica in esame avveniva per la prima volta all’udienza di prima comparizione, e quindi nel contraddittorio con le parti e i loro difensori, mentre oggi l’art. 171 bis lede il principio del contraddittorio, sancito ora in termini generali dall’ art. 101, comma 2, secondo periodo, come integrato dal D.Lgs. 10.10.2022, n. 149”.
Ebbene, nonostante le argomentazioni addotte dal Tribunale di Verona a sostegno dei dubbi sollevati, la Corte Costituzionale ha confermato la legittimità costituzionale della norma in commento sconfessando l’eccesso di potere in capo al legislatore. Nel farlo, la Corte Costituzionale ha preso le mosse proprio dalla ratio della legge delega, trasposta nell’art. 171 bis c.p.c., introdotto con il D. Lgs. 10.10.2022, n. 149, c.d. Riforma Cartabia.
Infatti, la disposizione in commento rientra tra quelle misure proposte dalla Riforma Cartabia e che “mirano a perseguire gli obiettivi generali” posti “dal legislatore delegante ulteriormente specificati nell’intento di “assicurare la semplicità, la concentrazione e l’effettività della tutela e la ragionevole durata del processo”. Tali obiettivi sono stati perseguiti dal legislatore proprio con l’introduzione di alcuni articoli volti a riformare il processo civile per renderlo più celere ma, al contempo, garantendo comunque il rispetto dei principi generali posti alla base dell’intera normativa processualistica.
Così facendo, dunque, tra i numerosi articoli introdotti, il legislatore ha adottato anche l’art. 171 bis c.p.c. rubricato “Verifiche preliminari” e con cui ha conferito al Giudice il potere di svolgere delle attività preliminari in modo che si arrivi alla prima udienza già con il thema decidendum e il thema probandum definiti.
Ebbene, a detta della Corte Costituzionale, l’art. 171 bis c.p.c. nella parte in cui prevede che il Giudice svolga determinate verifiche prima ancora che si arrivi all’udienza di comparizione troverebbe piena giustificazione proprio nel perseguimento degli obiettivi di celerità del processo posti alla base della legge delega. Così facendo, quindi, la Corte ha agevolmente superato l’eccezione di incostituzionalità sollevata rispetto agli artt. 76 e 77 Cost..
Quanto all’art. 3 Cost., la Corte Costituzionale ha ritenuto che non vi è alcun dubbio circa la costituzionalità della norma in commento.
Infatti, il primo comma dell’art. 171 bis c.p.c. attribuisce al Giudice il dovere di esaminare la causa e di assumere preventivamente i provvedimenti volti ad accertare la corretta instaurazione del contraddittorio, la verifica e conseguente sanatoria di eventuali vizi degli atti introduttivi e la risoluzione di questioni preliminari rilevabili d’ufficio mentre, per tutto il resto, si potrà attendere l’udienza di prima comparizione delle parti. Questa distinzione dipende dal fatto che se si attendesse la prima udienza anche per le verifiche preliminari si rischierebbe un’inutile perdita di tempo perché le parti si sarebbero viste costrette a depositare le memorie integrative ex art. 171 ter c.p.c., per poi apprendere la necessità di un provvedimento preliminare. Ciò impedisce, dunque, di ritenere integrata un’ingiustificata disparità di trattamento per via del fatto che la violazione del principio di eguaglianza ex art. 3 Cost. sussiste qualora situazioni omogenee siano disciplinate in modo ingiustificatamente diverso e non quando alla diversità di disciplina corrispondano situazioni che sono effettivamente eterogenee e quindi non assimilabili tra loro.
Infine, per quanto riguarda l’art. 24 Cost., la Corte Costituzionale ha superato i dubbi di legittimità discostandosi dal dato testuale e proponendo un’interpretazione adeguatrice. Infatti, per come è scritta la norma, sembrerebbe che ci sia una lesione del principio del contraddittorio nel momento in cui è previsto che il Giudice, prima dell’udienza di comparizione e del deposito delle memorie integrative, non si limiti ad indicare alle parti le questioni oggetto delle verifiche preliminari ma possa anche deciderle con lo stesso decreto con cui fissa l’udienza di prima comparizione.
Tuttavia, proprio al fine di superare tale impasse, la Corte Costituzionale ha proposto un’interpretazione adeguatrice del dettato normativo orientata a garantire la conformità della norma con la Costituzione e, conseguentemente, a superare il dubbio di legittimità costituzionale. A tal fine, la Corte Costituzionale ha fatto leva sul potere di direzione del processo riconosciuto in capo al Giudice dall’art. 127 c.p.c.. L’articolo appena citato conferisce al Giudice tutti i poteri diretti sì a velocizzare ma allo stesso tempo a garantire il corretto ed equo svolgimento del procedimento. Il Giudice, infatti, ha il diritto/dovere di fissare tutte le udienze che ritiene utili, anche indicando i punti che saranno oggetto di attenzione volta per volta e dovrà comunque far sì che l’intero procedimento si svolga nel pieno rispetto del principio del contraddittorio.
Così facendo, l’art. 171 bis c.p.c., letto in combinato disposto con i principi generali sanciti dall’art 127 c.p.c., consente al Giudice che ne ravveda la necessità di fissare un’udienza ad hoc volta ad adottare i provvedimenti necessari e funzionali alle verifiche preliminari. Lo stesso dovrà essere fatto anche qualora una delle parti ne faccia espressa richiesta. In questo modo, la possibilità di fissare un’udienza specifica soddisfa integralmente la necessità della piena realizzazione del contraddittorio tra le parti.
In sostanza, ciò che emerge dalla pronuncia in commento è che la Riforma Cartabia, pur con l’intento di velocizzare l’iter processuale, ha attribuito al Giudice il compito di tutelare il rispetto del diritto di difesa e del principio del contraddittorio tra le parti. Per svolgere al meglio il proprio compito, il Giudice ha un elevato grado di autonomia e di discrezionalità nel giudizio che gli consente di intervenire ogniqualvolta ritenga che vi possa essere una lesione della posizione processuale di una delle parti in causa. L’autonomia del Giudice è supportata dagli artt. 127 e 127 bis c.p.c. che gli consentono di fissare udienze per sentire le parti in merito a questioni specifiche o di assegnare termini per note. Tuttavia, qualora una delle parti faccia espressa richiesta di un termine per note o di fissare un’udienza in presenza, il Giudice dovrà tenerne conto e provvedere in tal senso. Infatti, se non lo facesse, rischierebbe di invalidare il giudizio proprio per aver compromesso il principio del contraddittorio o per aver leso il diritto di difesa di ciascuna parte processuale.
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*A cura dell’Avv. Lavinia Lipari, Senior Associate, Rödl & Partner Italia
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di Vincenzo Lusa e Matteo Borrini*