Civile

La prescrizione non elimina la responsabilità della società

Secondo la Cassazione il giudice deve sempre verificare la sussistenza del reato presupposto

di Rosanna Acierno

Non essendo esclusa automaticamente la responsabilità dell’ente a seguito della prescrizione del reato presupposto, il giudice è sempre chiamato a verificare la sussistenza del fatto costituente reato e ad appurare che il delitto prescritto commesso dalla persona fisica sia stato correttamente qualificato.

In altre parole, anche in presenza di una declaratoria di prescrizione del reato presupposto, il giudice deve comunque procedere con un autonomo accertamento della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio è stato commesso il reato. Un accertamento che non può quindi prescindere da una verifica, quantomeno incidentale, della sussistenza del fatto criminoso foriero della responsabilità medesima.

Sono questi i principi statuiti, da ultimo, dalla sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 28210, depositata il 9 ottobre 2020, in cui la Corte è nuovamente intervenuta sul rapporto tra la responsabilità delle persone giuridiche e il reato presupposto che dà origine a tale responsabilità e, in particolare, sulla portata dell’articolo 8 del decreto legislativo 231/2001 che afferma la responsabilità distinta ed autonoma dell’ente rispetto a quella dell’autore del reato.

La verifica

Secondo la Corte di Cassazione la verifica da parte del giudice dei fatti alla base del reato prescritto è comunque necessaria perché potrebbero emergere diverse circostanze rilevanti ossia, ad esempio, che:

O la prova della sussistenza del reato fosse carente;

O il delitto commesso venga ad identificarsi in una fattispecie non inclusa, al momento della condotta, nel novero di quelli suscettibili di innescare la responsabilità amministrativa (cosiddetto Catalogo dei reati 231);

O la condotta risulti posta in essere prima della entrata in vigore della norma che l’ha resa penalmente rilevante;

O nella eventuale riconfigurazione del reato ascrivibile ai fatti venga a mancare l’interesse o il vantaggio per l’ente che lo ha “ospitato”.

E, la conseguenza ovvia, in questi casi, è che il giudice debba pronunciare sentenza di esclusione della responsabilità dell’ente.

L’articolo 8 del decreto legislativo 231/2001 afferma che la responsabilità dell’ente sia distinta ed autonoma rispetto a quella dell’autore del reato.

La responsabilità sussiste quindi anche quando l’autore del reato non è stato identificato o non è imputabile o quando il reato si estingue per una causa diversa dall’amnistia.

Infatti, ai fini della responsabilità 231 è necessario solo che venga “compiuto” un reato da parte di un soggetto riconducibile all’ente, ma non anche che ne venga esattamente individuato e condannato il responsabile.

Prescrizione e assoluzione

Proprio in tema di declaratoria di prescrizione del reato presupposto o di assoluzione di uno degli imputati, la Corte Suprema, nell’affermare la necessità di procedere con l’accertamento autonomo della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio l’illecito è stato commesso ha, nel tempo, statuito che:

O l’accertamento della responsabilità amministrativa della persona giuridica non può prescindere da una verifica, quantomeno incidentale, della sussistenza del fatto costituente reato (Corte Cassazione, sentenza n. 21192/2013);

O dall’assoluzione di uno degli imputati del reato presupposto, non per insussistenza del fatto, non discende automaticamente l’esclusione della responsabilità dell’ente, dovendo il giudice procedere ad un accertamento sulla sussistenza di altre condotte poste in essere da eventuali coimputati nell’interesse o a vantaggio dell’ente (Corte Cassazione, sentenza 49056/2017);

O l’accertamento autonomo della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio l’illecito è stato commesso richiede un’opportuna verifica della sussistenza in concreto del fatto costituente reato, non potendosi utilizzare automaticamente – né in senso favorevole all’ente né in senso sfavorevole – la decisione, ad esempio, di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall’articolo 131 bis del Codice penale, pronunciata nei confronti della persona fisica che ha commesso il reato (Corte Cassazione, sezione penale, sentenza n. 9072/2018).

LE REGOLE
1. Interesse o vantaggio

Al verificarsi di uno dei reati previsti nel Dlgs 231/2001 è prevista una responsabilità per le società e gli enti, se esso è stato commesso nel loro interesse o vantaggio.
L’accertamento dell’interesse va effettuato con valutazione a priori, mentre il vantaggio deve essere individuato come conseguenza dell’illecito commesso.

2. La responsabilità
La responsabilità dell'ente è connessa alla posizione dei soggetti attivi dei reati-presupposto ossia a:
-coloro che, in posizione apicale, rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione, di direzione dello stesso o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria o funzionale, ovvero coloro che ne esercitano, anche di fatto, la gestione od il controllo;
-coloro che sono sottoposti alla direzione o alla vigilanza di chi gestisce o controlla l'ente.

3. I nuovi reati presupposto
Il Dlgs 75/2020 ha introdotto nuovi reati presupposto: frode in pubbliche forniture e agricoltura; peculato e abuso d’ufficio contro gli interessi finanziari Ue; infedele/omessa dichiarazione e indebita compensazione, commessi «nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri» al fine di evadere l'Iva per importi non inferiori a dieci milioni; contrabbando


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