La prova testimoniale introduce il ne bis in idem nel processo tributario
L’ammissione della testimonianza scritta nel processo tributario a opera della legge 130/2022 apre le porte all’estensione del giudicato penale assolutorio ai fini fiscali
L’ammissione della testimonianza scritta nel processo tributario a opera della legge 130/2022 apre le porte all’estensione del giudicato penale assolutorio ai fini fiscali.
Il tema del divieto di doppio giudizio e doppia pena - ne bis in idem - è nei suoi tratti generali noto quanto risalente nel tempo, e ha visto continue evoluzioni, importanti progressi garantisti e qualche passo indietro.
In Italia si è passati dalla «pregiudiziale tributaria» prevista dalla legge 4/1929 che bloccava il processo penale in attesa di quello tributario, alla perfetta sovrapposizione e autonomia di processi e sanzioni penali e tributari inaugurata dalla legge 516/1982 (“manette agli evasori”), per arrivare, infine, al tentativo di coordinamento della legge 74/2000 che ha posto un primo, parziale limite a quello che appare un vero e proprio accanimento procedimentale, processuale e sanzionatorio nei confronti del contribuente infedele (le sanzioni amministrative già possono arrivare a essere dei moltiplicatori del tributo e a essi si aggiungono interessi e oneri di riscossioni fino a poco tempo fa molto significativi).
Maggiore appare l’attenzione dedicata al tema da norme e giurisprudenza internazionali. Il punto di partenza ufficiale è il Protocollo 7, articolo 4, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo firmato a Strasburgo nel 1984 che ha posto le basi il divieto di doppia persecuzione e condanna penale per lo stesso fatto, sfruttando i chiarimenti sulla nozione di sanzione penale già precedentemente espressi dalla Corte di Strasburgo con la sentenza dell'8 giugno 1976 (caso Engels). Successivamente numerose sono state le pronunce, anche della Corte di giustizia Ue, che hanno progressivamente esteso i casi di divieto di doppio processo e sanzione (tra le pronunce più note, Grande Stevens del 4 marzo 2014) fino alla brusca frenata rappresentata dalla sentenza A e B contro Norvegia del 15 novembre 2016.
Oggi uno dei limiti all’affermazione del principio del ne bis in idem anche nella materia tributaria è l’articolo 654 del Codice di procedura penale che secondo l’interpretazione maggioritaria impedisce l’applicazione dell’assoluzione penale piena in tutti i casi in cui il processo non penale contenga limitazioni alla prova dei fatti: il processo tributario è stato considerato emblematico di tale limitazione alla luce del tradizionale divieto di prova testimoniale (Cassazione 21696/2020). Al di là del fatto che il processo tributario non contiene limiti alla prova dei fatti (Corte costituzionale 18/2000 e Cassazione 26537/2020 hanno escluso violazioni del diritto di difesa) ma solo ai mezzi di prova esperibili, l’introduzione della prova testimoniale scritta nel processo tributario appare idonea a consentire il superamento dei ritenuti limiti all’applicazione del giudicato penale alle vicende tributarie, poiché l’assunzione in forma scritta della testimonianza anziché orale non rappresenta, secondo le intenzioni del legislatore, altro che una modalità semplificata di assunzione nel processo della testimonianza dei terzi.
Attesi i dubbi che accompagnano questo strumento probatorio, che nella sede d’origine (il processo tributario) si è rivelato straordinariamente inutile, la possibilità di valorizzarlo ai fini della realizzazione del principio del ne bis in idem rappresenta forse una conseguenza che, seppur involontaria, potrebbe far compiere un passo importante verso il superamento di una delle più grandi storture del sistema giuridico.