La prova testimoniale scritta, modalità operative per l'ingresso nel nuovo processo tributario
I caratteri peculiari della testimonianza scritta nel processo tributario, le modalità operative e l'ammissione della testimonianza
Com'è noto, la Legge 130/2022 ha di recente novellato l'articolo 7 del D.Lgs 546/92 relativo ai poteri delle Corti di Giustizia; oltre ad aver dettagliato con maggior cura il tema dell'onere prova, tramite l'inserimento nell'articolo 7 del comma 5 bis, si è introdotta la possibilità – in precedenza espressamente esclusa – di ammettere, anche nell'ambito del processo tributario, la prova testimoniale.
La legittimità del divieto di prova testimoniale è stata per anni fonte di nutrito dibattito dottrinale, alimentato da un lato dalle decisioni della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo che già nel 2006 (con la sentenza Jussila) ha ritenuto incompatibile la preclusione assoluta di un mezzo di prova se indispensabile per l'esercizio del diritto di difesa, e dall'altro dalla prassi delle Commissioni di merito che hanno sempre consentito l'ingresso nel processo delle dichiarazioni di terzo per il tramite dei Verbali della Guardia di Finanza spesso invece non riconoscendo uguale valenza alle dichiarazioni di terzo depositate dalla parte privata in forma di atto sostitutivo di atto notorio.
L'ingresso della testimonianza, dunque, era da anni considerato auspicabile, onde avvicinare il processo tributario ai riti ordinari, garantendo altresì la parità delle armi processuali: il legislatore della riforma, probabilmente influenzato dalla natura prevalentemente documentale del processo tributario, non ha tuttavia previsto l'ammissione della testimonianza tout court, ma ha riservato l'ingresso avanti alle Corti di Giustizia Tributaria solo all'istituto della testimonianza scritta, richiamando espressamente la disciplina di cui all' articolo 257 bis del cpc , introdotto con la riforma del 2009 (L.n.69/2009).
Appare evidente il diverso ruolo attribuito all'istituto della testimonianza scritta nei due processi: mentre nel rito ordinario la testimonianza scritta rappresenta una diversa modalità di deduzione rispetto alla forma tipica dell'oralità (articolo 244 cpc), che è stata prevista al fine di semplificare le procedure ed ottenere un "risparmio" dei tempi dell'attività giurisdizionale, nel processo tributario la stessa è stata introdotta per ampliare l'ambito dei poteri delle Corti di Giustizia.
A differenza della prova testimoniale orale, che permette il realizzarsi più pieno del contraddittorio processuale, e che garantisce la possibilità per il giudice di una immediata percezione della valenza delle risposte del testimone, basate anche sulla sua condotta "non verbale", la testimonianza scritta è certamente più asettica, e la scelta della riforma appare quale una sorta di compromesso tra la necessità di avvicinare il processo tributario alle regole – costituzionalmente garantite – del giusto processo, ed il mantenimento della sua forma documentale, spesso concentrata in una o poche udienze.
I CARATTERI PECULIARI DELLA TESTIMONIANZA SCRITTA NEL PROCESSO TRIBUTARIO
Come anticipato, l'articolo 7 del D.Lgs 546/92 prevede che "la corte di giustizia tributaria, ove lo ritenga necessario ai fini della decisione e anche senza l'accordo delle parti, puo' ammettere la prova testimoniale, assunta con le forme di cui all'articolo 257-bis del codice di procedura civile".
Preme specificare che il richiamo al codice di procedura civile è relativo alle "forme" di cui all'articolo 257 bis, contenute nei commi secondo e seguenti, mentre in relazione alle altre disposizioni di cui al comma 1, prevale quanto espressamente contenuto nell' articolo 7.
Così, mentre nel processo ordinario è necessario l'accordo delle parti, nel processo tributario tale accordo non è richiesto: la differenza risulta intuitiva perché, come abbiamo ricordato, nel processo civile la testimonianza scritta è semplicemente una modalità semplificata di deduzione della prova mentre nel processo tributario è l'unica modalità prevista ed il suo utilizzo non potrebbe essere subordinato alla volontà della controparte.
Altra differenza – forse la più interessante – è legata all'attività cognitiva del giudice al momento della valutazione circa l'ammissione della testimonianza. Mentre a mente dell'articolo 257 bis il giudice dovrà "tener conto della natura della causa e di ogni altra circostanza", la Corte di Giustizia Tributaria potrà assumere la prova testimoniale scritta solo "ove lo ritenga necessario ai fini della decisione".
L'utilizzo della locuzione "necessario" - che per altro nella versione originaria del decreto governativo era preceduta dall'avverbio "assolutamente" – rende piuttosto ampio lo spazio di azione della Corte, a seconda che il termine sia inteso come sinonimo di "utile" – ed allora l'ammissione sarà più ampia - oppure di "indispensabile", quale unica prova idonea a dirimere l'incertezza decisionale, con l'evidente e conseguente limitazione nell'ammissione dell'istituto.
Dal punto di vista della strategia processuale, allora, sarà onere della parte che richiede l'ammissione della testimonianza sottolineare la sua "necessità" ai fini della decisione, illustrando i motivi per cui la stessa è ritenuta tale.
Si può pensare, ad esempio, ai casi di contestazione relativa alle operazioni fittizie ove ben può emergere l'utilità di raccogliere la testimonianza dei dipendenti di un'impresa al fine di relazionare sull'effettività delle operazioni svolte per differenziare tra inesistenza oggettiva o soggettiva, o alla necessità della testimonianza per dimostrare la concreta modalità di svolgimento di una attività in caso di accertamenti presuntivi basati su requisiti standardizzati, mentre, ad esempio ed al contrario, non potrà ritenersi necessaria la testimonianza nelle ipotesi di accertamenti catastali, cartolari per antonomasia.
Ancora, nel processo che si svolge avanti l'autorità civile, il giudice (art.257 bis c.8) dopo aver esaminato le risposte scritte fornite dal teste, può disporre di chiamarlo a deporre davanti a lui o davanti al giudice delegato : è un evenienza che può realizzarsi anche nel rito tributario ? Il richiamo dell'articolo 7 alle "forme" della testimonianza scritta delineata dall'articolo 257 bis ricomprende anche questa facoltà di cui gode il giudice ordinario ?
A nostro parere, nelle intenzioni del legislatore della riforma del 2020, insieme all'eliminazione del divieto generalizzato della testimonianza, c'era comunque la volontà di mantenere il carattere documentale che caratterizza l'istruttoria del processo tributario: l'ammissione espressa e limitata solo alla testimonianza scritta, di conseguenza, non dovrebbe consentire di considerare applicabile anche la disposizione finale dell'articolo 257 bis.
LE MODALITÀ OPERATIVE E L'AMMISSIONE DELLA TESTIMONIANZA
Nonostante la rubrica dell'articolo 7 "i poteri delle Corti", non si ritiene ipotizzabile la disposizione di una testimonianza su iniziativa del giudice, ma sarà sempre la parte che ne abbia interesse a dover chiedere alla Corte di ammetterla illustrando, come già sopra indicato, i motivi a supporto della sua utilità.
In teoria non si esclude che anche la parte pubblica possa richiedere la prova testimoniale, ma questo ovviamente non per supplire alle eventuali carenze motivazionali dell'atto impugnato.
Per la redazione della testimonianza scritta dovranno essere utilizzati gli appositi modelli approvati (unitamente alle istruzioni per la compilazione) dal Decreto 17 febbraio 2010 e reperibili sul sito istituzionale del Ministero di Giustizia (www.giustizia.it)
La Corte, dopo aver valutato la domanda, decide – nel silenzio dell'articolo 7 immaginiamo con ordinanza – sull'ammissione, disponendo che la parte predisponga il modello di cui sopra da notificare al testimone che dovrà poi compilarlo in tutte le sue parti, secondo le indicazioni contenute nelle istruzioni ministeriali, con risposta separata ad ogni quesito.
Per garantire la celerità processuale tipica del rito tributario, si ritiene utile presentare la richiesta di ammissione testimoniale già dal ricorso introduttivo, allegando il modello predisposto con le domande, così da poter – ove ammessa dalla Corte – depositare la testimonianza alla prima udienza secondo i termini previsti per le memorie, anche se teoricamente nulla osta anche a presentare la richiesta in udienza, chiedendo termine a nuovo ruolo per consentire alla Corte la valutazione sulla stessa.
Secondo l'articolo 257 bis il teste, dopo aver compilato il modello, lo deve spedire in plico raccomandato o consegnare alla cancelleria del giudice.
L'articolo 7 del D.Lgs 546 nulla specifica a proposito e, visto il richiamo espresso alla norma del cpc, questo potrebbe lasciar intendere che la forma di consegna debba / possa essere quella sopra indicata. Tuttavia, in virtù del dettato di cui al comma 3 dell'articolo 16 bis del medesimo decreto 546, si ritiene che il deposito del modello di testimonianza non possa che avvenire secondo modalità telematiche, o via pec inviata dal teste oppure – e questa riteniamo la scelta più corretta – tramite deposito sul portale SIGIT a cura del difensore della parte che ha chiesto la testimonianza.
In tal senso sarebbe opportuna l'integrazione dell'articolo 16 bis, aggiungendo all'elenco dei soggetti obbligati al deposito telematico oltre alle parti, i consulenti e gli organi tecnici di cui all'articolo 7 comma 2, anche i testimoni di cui all'articolo 7 comma 4.
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*A cura dell''Avv. Fabiola Del Torchio, Presidente Camera Avvocati Tributaristi
di Milano