La Riforma Cartabia e Processo Civile - Esigenze di celerità, il rito lavoro e riflessioni sulla professione forense
Il 28 febbraio entrerà in vigore una prima parte della Riforma Cartabia che investe tanto il processo civile che quello penale, e ci si interroga nell'avvocatura su quali effetti possa veramente portare in termini sia di celerità dei giudizi che di semplificazione, auspicata, per la definizione dei contenziosi civili
Il 28 febbraio entrerà in vigore una prima parte della Riforma Cartabia che investe tanto il processo civile che quello penale, e ci si interroga nell'avvocatura su quali effetti possa veramente portare in termini sia di celerità dei giudizi che di semplificazione, auspicata, per la definizione dei contenziosi civili.
Dovremo attendere che la prassi dei tribunali si faccia strada da sola, intanto possiamo svolgere qualche considerazione, di parte e anche con una certa soddisfazione per i modelli che sono stati adottati come riferimento.
Per chi opera esclusivamente nel mondo del diritto del lavoro, già la riforma del processo civile del 2009 aveva dato alcuni segnali in merito ad un progressivo assorbimento della metodologia usata nel rito lavoro, e la Riforma Cartabia sembra proseguire (e in un certo senso completare) il percorso; nella ricerca di un equilibrio tra la celerità dei contenziosi e la giustizia giusta al caso concreto, il richiamo al processo del lavoro sembra oramai un dovere, soprattutto per quel criterio di concentrazione degli atti e scritti difensivi che risulta essere la vera arma in più per la semplificazione delle cause in tribunale.
Una vittoria del processo del lavoro? Forse è improprio ritenerla una vittoria, ma in un certo qual modo è da considerarsi tale per chi opera solo in quel ramo del diritto e resta all'oscuro, o quasi, dell'infinita serie di adempimenti intermedi che si frappone tra un atto di citazione e la sentenza di primo grado, tipico del processo civile ordinario; se ci soffermiamo a leggere alcuni passaggi della Riforma Cartabia, comunque, non si può non notare una certa affinità con il processo del lavoro.
In questo senso, dunque:
Art. 121.
(Libertà di forme Chiarezza e sinteticità degli atti ) Gli atti del processo, per i quali la legge non richiede forme determinate, possono essere compiuti nella forma più idonea al raggiungimento del loro scopo. Tutti gli atti del processo sono redatti in modo chiaro e sintetico .)
Quindi gli atti devono essere sintetici e scritti in modo chiaro, abbandonando lunghe e inutili formule prive di significato, concentrandosi unicamente sull'inquadrare il petitum – e fare in modo che sia chiaro anche al Giudice – e chiarire la causa petendi allegando non solo gli elementi in fatto e in diritto, ma anche articolando le richieste istruttorie, conteggi, risultanze fotografiche e quanto altro ritenuto necessario; il Giudice deve essere in grado, una volta letti gli atti, di comprendere la causa, valutarne la fondatezza e scegliere se deciderla oppure effettuare un'istruttoria più approfondita: nulla che l'art. 414 c.p.c. non ci avesse già abituato.
Il nuovo articolo 183
La concentrazione dei termini processuali di primo grado rappresenta il perno attorno al quale ruota il tentativo, ennesimo, di ridurre i tempi del contenzioso e imporre alle parti di definire – per quanto possibile – le proprie linee difensive sin dall'inizio del giudizio; il thema decidendum, dunque, dovrà essere subito chiaro, sarà poi il Giudice a dettare i tempi del processo, assumendo il ruolo centrale come avviene nel rito lavoro, svolgendo un tentativo di conciliazione della lite e indicando anche un vero e proprio calendario delle udienze.
Appare evidente come l'ombra del processo del lavoro si configuri alle spalle di questa Riforma, in cui si richiamano i principi di immediatezza e concentrazione (ma non l'oralità, anzi la procedura appare sempre più orientata ad essere scritta), e con maggiore rilievo lasciato al tentativo di conciliazione giudiziale.
Solo se l'istruttoria sarà ritenuta necessaria il Giudice fisserà un calendario di udienze, indicando l'udienza di assunzione delle prove entro novanta giorni e, tenuto conto della natura, dell'urgenza e della complessità della causa, tutte le successive udienze, sino alla rimessione della causa in decisione, indicando gli incombenti che dovranno essere espletati da ciascuna delle parti.
Concentrazione anche per quel che attiene la precisazione delle conclusioni.
Nella nuova formulazione il giudice fisserà l'udienza per la rimessione della causa in decisione e contestualmente concederà i termini per il deposito di tre atti: precisazione conclusioni (60 giorni prima dell'udienza), comparse conclusionali (30 giorni prima dell'udienza) e memorie di replica (15 giorni prima dell'udienza).
Dunque, c'è una marcata affinità con il processo del lavoro, che in un certo senso è divenuto un modello di efficienza, seppur debba comunque scontrarsi con la prasi quotidiana dei tribunali.
Abrogata la Fornero e in arrivo un nuovo art. 441-bis c.p.c.
Anche nel processo del lavoro ci sono alcune, piccole novità. Abrogato il c.d. "rito Fornero" a partire dal 28 febbraio 2023, non vi sarà più una corsia preferenziale per le cause attinenti alla legittimità del licenziamento e si tornerà alla disciplina ante legge 92/2012: con il singolo ricorso, dunque si potranno avanzare contemporaneamente sia le domande di accertamento circa l'illegittimità del licenziamento, che ogni altra (riconoscimento del superiore inquadramento, pagamento differenze retributive, richiesta risarcimento del danno, richiesta versamento contributi, ecc.).
In effetti, in questi 10 anni di rito sommario "Fornero" ci si era resi conto che il giudizio aveva rappresentato un doppione del rito ordinario classico, con l'istruttoria quasi sempre completa e la possibilità di integrare documenti in sede di opposizione stante il sottrarsi del rito al regime di preclusioni e decadenze.
Il ricorso, infatti, veniva redatto secondo le forme dell'art. 125 c.p.c. e quindi doveva contenere l'indicazione di: (i) ufficio giudiziario; (ii) parti e oggetto; (iii) le ragioni della domanda e le conclusioni o l'istanza; (iv) sottoscrizione del difensore o della parte, se sta in giudizio personalmente.
Con la Riforma Cartabia questo rito sommario viene definitivamente archiviato ma, in compenso si aggiunge un interessante articolo 441bis al codice di procedura che consente la riduzione dei termini processuali, a discrezione del Giudice del lavoro; dunque possono essere dimezzati i termini per la fissazione della prima udienza di comparizione, anche per la costituzione del convenuto secondo questo schema:- tra il deposito del ricorso e la fissazione udienza - 60 giorni che possono essere ridotti a 30 giorni dal Giudice;- tra la notifica e la prima udienza - 30 giorni che possono essere ridotti a 20 giorni dal Giudice;- costituzione del convenuto - 10 giorni prima dell'udienza di comparizione, che possono essere ridotti a 5 dal Giudice.
Qualche riflessione: tra rito civile e nuovo 441bis
Prima di poterci esprimere in modo definitivo dovremo vedere come si comporteranno queste modifiche al vaglio della prassi dei tribunali, a già da ora qualche considerazione la possiamo fare ed in particolare con lo sguardo al processo del lavoro:- in primo luogo, nel processo del lavoro in caso di abbreviazione dei termini si torna esattamente al punto di partenza, ovvero al rito Fornero ma con l'incombente delle preclusioni e decadenze perché si avrà pochissimo tempo per istruire la causa con il cliente e pochissimo tempo per approntare una valida difesa;- in secondo luogo, sia per il processo civile ordinario che per quello lavoro, termini ridotti equivalgono a un maggiore onere solo per gli avvocati, che dovranno "tenere il passo" in un processo che, ad esempio, nel caso di del rito lavoro per natura è già speciale e veloce;- infine, si ripete, i termini più brevi dovranno scontrarsi con la dura realtà degli uffici giudiziari, dove tante riforme si sono inabissate, dal rito Fornero a quello societario.
*a cura dell'Avv. Marco Proietti – Foro di Roma