Civile

La trasformazione della società in comunione d’azienda non salva dal fallimento

L’ente resta responsabile nei confronti dei creditori che avevano un titolo prima della cancellazione

di Angelo Busani

Non può sottrarsi al fallimento la società che si trasforma in comunione d'azienda; la trasformazione di una società di capitali dà luogo a una «circolazione di diritti» dalla società trasformata ai partecipanti alla comunione: sono questi i principi di diritto che la Cassazione ha affermato nell'ordinanza n. 23174 del 22 ottobre 2020 all'esito di un giudizio nel quale si è discusso dell'applicabilità dell'articolo 10 della legge fallimentare, il quale reca la disciplina del fallimento dell'imprenditore nell'anno successivo alla cessazione della sua attività d'impresa.
Nel giudicare fallibile la società trasformata (per la ragione che non sarebbe ammissibile considerare l'operazione di trasformazione «nei termini di istituto idoneo a “purgare” una situazione di dichiarabile fallimento» della società oggetto di trasformazione), la Cassazione propone un articolato ragionamento sul tema della trasformazione, partendo dalla premessa secondo la quale l'istituto della trasformazione comprende «una serie di fenomeni diversi» e anche «molto lontani tra loro».

La trasformazione omogenea

Infatti, mentre nel caso della trasformazione “omogenea” (di una Srl in una Spa o viceversa) si ha in una «semplice modifica» statutaria, nel caso della trasformazione “regressiva” (da società di capitali in società di persone) si innesta un mutamento del regime di responsabilità patrimoniale: sopravviene una responsabilità solidale e illimitata dei soci in luogo della precedente situazione di perfetta autonomia del patrimonio sociale. Quando poi si abbia un transito da organizzazioni societarie a strutture di altra conformazione (o viceversa), come nel caso del passaggio da società a comunione d'azienda (oppure da società a fondazione o associazione), in conseguenza del fatto che la comunione non è dotata di soggettività giuridica, si innescano, in questa trasformazione, «anche i tratti di una vicenda circolatoria di beni e diritti».

La trasformazione della Spa in comunione d’Azienda

In sostanza, il legislatore avrebbe accorpato sotto l'etichetta della trasformazione alcune eterogenee fattispecie che sono accomunate solo dal fatto della necessaria presenza, al principio dell'operazione o al suo esito di una struttura societaria: con la conseguenza che l'istituto della trasformazione «non può sicuramente essere assunto in termini di blocco “unico”, con risvolti identici per tutte le diverse fattispecie tipo in cui l'istituto stesso può venire a manifestarsi». Con specifico riferimento all'ipotesi di trasformazione di una società di capitali in una comunione di azienda, si tratta di una operazione che modifica il regime di responsabilità patrimoniale proprio della precedente struttura giuridica: all'autonomia patrimoniale dell'ente originario viene a fare seguito la sussistenza di una pluralità di patrimoni (quelli degli ex soci, divenuti comproprietari) sui quali vengono a concorrere le ragioni dei creditori anteriori alla trasformazione con le ragioni dei loro creditori individuali. I creditori di titolo anteriore alla cancellazione dell'ente originario comunque continuano a potersi avvantaggiano del regime di responsabilità proprio dell'ente originario, il quale, nonostante l'intervenuta trasformazione, conserva la caratteristica della sua fallibilità che l'intervenuta trasformazione non è idonea a impedire.

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