Lavorare in programmi di svago è attività giornalistica, ma solo se "informa"
Lo ha precisato la sezione Lavoro della Cassazione con l'ordiananza n. 16377/2021
Con l'ordinanza 16377/2021 la Corte di Cassazione ha chiarito che ai fini della qualificazione del rapporto in termini di lavoro giornalistico ciò che rileva non è tanto l'alveo strutturale-organizzativo entro il quale la prestazione di lavoro viene ad esplicarsi bensì l'ontologica essenza della prestazione stessa alla cui individuazione concorrono una pluralità di indici. Costituisce quindi attività giornalistica la prestazione di lavoro intellettuale comunque diretta, alla raccolta, al commento, alla elaborazione di notizie volte a formare oggetto di comunicazione interpersonale attraverso gli organi di informazione. In tal senso il giornalista si pone quale "mediatore intellettuale" tra il fatto e la diffusione della conoscenza di esso, con il compito di acquisire la padronanza dell'evento, valutarne la rilevanza in relazione ai destinatari e confezionare il messaggio pubblico con apporto soggettivo e creativo. Assume rilievo a tal fine, la continuità o periodicità del servizio, del programma o della testata nel cui ambito il lavoro è utilizzato; nonché l'inserimento continuativo del lavoratore nell'organizzazione dell'impresa.
Fatto e valutazione critica
Si deve intendere come giornalistica quella prestazione di lavoro intellettuale e della sfera di espressione originale del pensiero, la quale, utilizzando il mezzo di diffusione scritto, verbale o visivo, sia diretta a comunicare a una massa indifferenziata di utenti, idee, convinzioni o nozioni, attinenti ai campi più diversi della vita sociale, politica, economica, scientifica, culturale, spirituale. Notizie raccolte ed elaborate con obiettività, anche se non disgiunte da una legittima valutazione "critica". Il giornalista si pone, dunque, quale gatekeeper tra il fatto e la pubblica conoscenza di esso, assumendo rilievo a tal fine anche l'attualità delle notizie e la tempestività dell'informazione, che costituiscono gli elementi differenziatori rispetto ad altre professioni intellettuali. Elementi funzionali a sollecitare l'interesse dei cittadini a prendere conoscenza e coscienza di tematiche meritevoli di attenzione per la loro novità ed importanza.
Lo "stampo" divulgativo delle mansioni
L'attività giornalistica non può iscriversi, in maniera riduttiva, soltanto nell'ambito di radio o telegiornali o nelle testate tipicamente giornalistiche e di informazione, ben potendo rientrare la stessa anche in programmi di intrattenimento o di svago, purché con contenuto propriamente "informativo". Su quest'onda è irrilevante ai fini del riconoscimento della natura giornalistica dell'attività svolta dal lavoratore, l'impianto aziendale dell'ente presso cui egli presta la sua attività, essendo significativo, piuttosto, il caratteristico stampo concretamente divulgativo delle mansioni svolte. Su questi presupposti nella vicenda esaminata la Corte di Cassazione ha reputato priva di valenza decisiva la distinzione fra strutture preposte ai servizi giornalistici (testate giornalistiche) e strutture preposte alla ideazione e realizzazione della programmazione televisiva e radiofonica. Nell'analisi dei contenuti della prestazione resa vanno riscontrati i tratti peculiari e tipici della attività giornalistica anche nella raccolta di segnalazioni, nell'acquisizione di notizie su altri giornali, nella verifica della fondatezza delle fonti informative.