Civile

Lite per la parcella, "Avvertimento" per l'avvocato che scavalca il collega scrivendo all'ex cliente

Lo hanno stabilito le Sezioni unite della Cassazione, sentenza n. 13167 depositata oggi, confermano la sanzione dell'avvertimento

di Francesco Machina Grifeo

Sanzione disciplinare per il legale che nella pendenza di una causa di opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento della propria parcella, invii una lettera direttamente al proprio ex cliente, e ad altri soggetti estranei al giudizio, senza inoltrarla ai legali della società opponente, esponendo ragioni già oggetto del giudizio in corso, accusando i destinatari di azioni illecite e intimando loro il pagamento della somma in contestazione. Lo hanno stabilito le Sezioni unite della Cassazione, sentenza n. 13167 depositata oggi, confermando la sanzione dell'avvertimento comminata al legale dal Cnf, per violazione degli articoli 6 e 27 del Codice deontologico, e respingendone il ricorso.

Secondo il Consiglio nazionale forense l'"incolpato aveva un preciso obbligo deontologico di non superare il collega", mentre era "irrilevante la circostanza che egli non avesse agito in qualità di avvocato, ma in qualità di titolare del credito fatto valere", in quanto l'illecito disciplinare "prescinde dalla natura personale o privata del comportamento, dovendo l'avvocato, in qualità di collaboratore della giustizia, improntare la sua condotta criteri di correttezza e dignità anche se il suo comportamento non ha alcuna relazione con l'attività professionale".

Un ragionamento condiviso dalla Suprema corte secondo cui il percorso logico seguito dal Cnf è razionale e coerente. "Una volta rilevato, infatti – argomenta la Cassazione -, che la missiva indicata, contenente la richiesta di pagamento di somme dovute a titolo di compenso professionale, era stata spedita mentre era in corso un giudizio tra l'incolpato e la società destinataria, avente ad oggetto il pagamento delle medesime somme, il Giudice disciplinare ha ritenuto che, attraverso la comunicazione diretta con la controparte, l'incolpato si fosse sottratto all'obbligo di corrispondere con la stessa esclusivamente per il tramite del collega che la rappresentava e la difendeva in giudizio".

Mentre, "nessun rilievo possono assumere, in proposito, né la natura personale degli interessi che la missiva era volta a tutelare, né la circostanza che l'altro avvocato avesse già preso conoscenza, in sede processuale, delle ragioni esposte dall'incolpato, né infine le finalità concretamente perseguite attraverso la comunicazione, non essendo consentito all'avvocato di corrispondere direttamente con la controparte, indipendentemente dalla natura degli interessi perseguiti, se non nei casi eccezionali previsti dall'art. 27 n. 1 del Codice deontologico, pacificamente non ricorrenti nei confronti della società destinataria della lettera, e solo a condizione, anch'essa non soddisfatta nel caso in esame, che copia della corrispondenza venga inviata per conoscenza al legale avversario" (cfr. Cass., Sez. Un. , 4/07/2018, n. 17534).

Con un'altra decisione sempre di oggi, la n. 13168, le S.U., hanno confermato la sanzione della censura per un legale che aveva inviato a più destinatari una lettera denigratoria di alcuni colleghi impegnati in una vertenza aziendale in materia di lavoro alla quale aveva partecipato, indicandoli genericamente come gli avvocati dei sindacati. Per i giudici "non merita consenso la tesi sostenuta dal ricorrente, secondo cui la veridicità dell'informazione fornita ai propri clienti in ordine all'accordo intervenuto tra la datrice di lavoro ed i sindacati avrebbe imposto di escludere la sussistenza dell'illecito disciplinare, dovendosi ritenere che egli avesse agito nell'adempimento del mandato difensivo conferitogli, comprendente anche l'obbligo di far emergere la partecipazione all'intesa degli avvocati che, in collaborazione con le organizzazioni sindacali, avevano assunto la difesa dei lavoratori". "Anche voler ritenere che tali avvocati fossero effettivamente venuti meno agli obblighi assunti nei confronti dei loro clienti – conclude la Corte -, improntando la loro strategia processuale a scelte contrastanti con gli interessi di questi ultimi e volte invece a favorire la controparte, il contenuto ed i toni della missiva avrebbero dovuto mantenersi rigorosamente nei limiti di una corretta critica del loro operato e di un eventuale biasimo verso il loro comportamento, senza trasmodare in apprezzamenti offensivi e dispregiativi contrastanti con la dignità ed il decoro della professione".

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