Giustizia

Mai più in toga chi fa politica - I dirigenti amministrativi paventano l'occupazione di Via Arenula

L'associazione dirigenti Giustizia lancia l'allarme sull'ipotesi di un ruolo riservato agli ex magistrati

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I giudici che si candidano in politica non torneranno più a indossare la toga, ma saranno inseriti in un apposito ruolo presso il ministero della Giustizia. È la nuova ipotesi a cui sta lavorando la ministra Marta Cartabia. Lo ha riferito due giorni fa il presidente dell'Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia a seguito di un incontro sulla riforma con il capo dell'Ufficio Legislativo del ministero della Giustizia. L'ipotesi iniziale era invece il ritorno in magistratura ma con delle limitazioni.

"Una prospettiva da scongiurare, per il bene della nostra amministrazione, oltre che per l'autorevolezza e la funzionalità della macchina amministrativa pubblica". L'associazione dirigenti Giustizia lancia l'allarme sull'ipotesi di riforma sulle toghe in politica "tesa ad accogliere presso il nostro ministero (e forse altri) i magistrati reduci da un'esperienza parlamentare o presso Enti locali e, addirittura, coloro che si candidano senza fortuna". In una lettera aperta alla ministra Marta Cartabia, l'Associazione indica "le ragioni del nostro allarme e della nostra decisa contrarietà".

I magistrati "non sono, in quanto tali, in grado di ricoprire ogni ruolo. Sono reclutati in base ad un impegnativo percorso volto a selezionare chi è adatto all'esercizio della giurisdizione. Non sono 'figli di un Dio maggiore' che li abilita a fare tutto - sottolineano - I dirigenti della pubblica amministrazione attingono il loro sapere e le loro capacità professionali da un percorso completamente diverso. La possibilità di ottenere una posizione presso il ministero, candidandosi a incarichi politici anche senza successo, determinerebbe una corsa opportunistica, specie da parte di coloro che lascerebbero volentieri una sede lontana (e magari disagiata e gravida di qualche rischio) per tornare a Roma".

"La pletora di ex magistrati altererebbe la funzionalità dell'apparato ministeriale e creerebbe non poco imbarazzo a tutti - evidenziano i dirigenti della giustizia - Deve essere piuttosto prevenuta a priori ogni contiguità che consenta ai magistrati in ruolo, e anche a quelli fuori ruolo il cui numero va per questo drasticamente ridotto, di usare le proprie funzioni come trampolino di lancio verso incarichi politici e di governo, mettendo così a rischio la imprescindibile autonomia e indipendenza della giurisdizione. Se è rispettabile l'intento di evitare le 'porte girevoli' tra politica e magistratura, non si può risolvere il problema spalancando le porte dei ministeri ai magistrati politici mancati. Si tratta - conclude la lettera alla ministra - di un rimedio decisamente peggiore del male che vuole contrastare. Lesivo della dignità e della necessaria distinzione delle funzioni giurisdizionale, di indirizzo politico, di gestione amministrativa".

L'Associazione nazionale magistrati invece ha manifestato "viva preoccupazione in ordine ad alcune annunciate modifiche ordinamentali". In particolare l'Anm esprime "ferma contrarietà" all'idea di "introdurre, in sede di valutazioni periodiche di professionalità, il sistema delle cosiddette pagelle con previsione di un giudizio di graduazione nel merito (sufficiente, discreto, buono e ottimo) con riferimento alle attitudini organizzative" perché "accentuerebbe la gerarchizzazione degli uffici giudiziari dilatando il potere dei dirigenti che verrebbe esercitato con criteri la cui discrezionalità non sarebbe agevolmente verificabile".

Un altro punto critico segnalato riguarda "l'assenza di un espresso richiamo, nei propositi di riforma, della necessità di portare a compimento l'incarico direttivo e semi-direttivo nella sua interezza e fino alla scadenza del termine" e "l'attribuzione, ai fini del conferimento degli incarichi, di un ruolo assolutamente residuale al criterio dell'esperienza maturata nella giurisdizione".

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