Maltrattamenti, condizionale solo con adesione a programmi di recupero senza consenso del reo
Non è necessario che la richiesta di applicazione della pena contenga il preventivo consenso dell’imputato a seguire lo specifico percorso in quanto esso è condizione imposta automaticamente dalla legge per fruire del beneficio
In caso di patteggiamento subordinato alla concessione della sospensione condizionale della pena, non serve che nell’accordo sia esplicitato il consenso dell’imputato ad adempiere alla condizione che la legge impone automaticamente per godere del beneficio. Come l’obbligo di seguire specifici percorsi di recupero previsto per chi si sia macchiato del reato di maltrattamenti in famiglia. La concessione della sospensione condizionale nel caso di condanna per i reati indicati al comma 5 dell’articolo 165 del Codice penale è forzatamente subordinata all’adempimento della condizione imposta dalla legge. Il giudice non può quindi in via generale negare la sospensione della pena per l’assenza di un esplicito consenso al programma di recupero, in quanto la legge non lo richiede, ma impone solo che si realizzi da parte del condannato l’adempimento imposto.
Per tale motivo la Cassazione ha accolto - con la sentenza n. 303/2025 - il ricorso dell’imputato che aveva concluso l’accordo, ma ne aveva subordinato la validità alla concessione della sospensione condizionale della pena.
La Cassazione boccia il ragionamento del giudice di appello che aveva ridotto la pena, ma non l’aveva sospesa in quanto non risultava uno specifico consenso del condannato a seguire il dovuto corso di recupero.
Afferma, infatti, la Cassazione che la condizione di seguire un dato percorso, imposta a chi riporti una condanna per maltrattamenti in famiglia, al fine di vedersi sospendere la pena è applicabile d’ufficio dal giudice.
Se nella richiesta di applicazione della pena non è menzionata tale condizione e il relativo consenso dell’imputato ad adempiervi ciò è del tutto irrilevante ai fini della concessione della sospensione della pena e non determina alcuna mancanza di correlazione tra domanda e decisione finale se questa riconosce il beneficio.
Ossia la condizione prevista non è oggetto di mediazione giudiziale in quanto contenuta nella legge che la impone in via automatica senza lasciare discrezionalità al giudice.
Resta quindi fuori discussione che la sospensione della pena per maltrattamenti comporti necessariamente che il condannato faccia un percorso di riabilitazione in relazione al tipo di reato cui il Legislatore ha voluto porre una specifica attenzione attraverso l’obbligo imposto, rappresentato dalla “partecipazione, con cadenza almeno bisettimanale, e al superamento con esito favorevole di specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero”.