Mancata iscrizione del “servicer” all’albo degli intermediari finanziari ex art. 106 TUB: quali conseguenze?
Commento all’ordinanza della Cassazione, Sezione Terza Civile, 18 marzo 2024 n. 7243
La Corte di Cassazione è stata chiamata a decidere sull’eccezione formulata dal ricorrente che lamentava il difetto di rappresentanza di una società che aveva ricevuto mandato per il recupero dei crediti cartolarizzati, ma che non risultava iscritta all’albo di cui all’art. 160 TUB.
Sosteneva, in particolare, il ricorrente che “… l’attività di recupero dei crediti cartolarizzati è riservata esclusivamente (ex art. 2 comma 6 legge n.130/1999) in via diretta ai soggetti iscritti all’albo di cui all’art. 106 TUB …” e che sarebbe conseguentemente “…nullo il conferimento dell’incarico di recupero (anche forzoso) dei crediti ad un soggetto diverso dai predetti [banche e intermediari finanziari iscritti all’albo] e che tale invalidità che affligge il mandato si ripercuotere sugli atti compiuti nell’esercizio dell’attività”.
Come noto agli operatori di settore, le operazioni di cartolarizzazione dei crediti vengono realizzate attraverso la costituzione di società - denominate “ società veicolo ” - che devono essere iscritte in un apposito elenco tenuto presso la Banca d’Italia.
Tali società, per finanziare l’acquisto dei crediti dal cedente, emettono titoli che vengono collocati presso gli investitori e, successivamente, si procede al recupero dei crediti acquistati - attraverso i cd. servicer - e al rimborso dei titoli emessi.
In base a quanto disposto dall’art. 2 della legge 130/1999, le società veicolo di cartolarizzazione affidano la riscossione dei crediti ceduti e i servizi di cassa e pagamento ai “servicer” che sono inoltre incaricati, sempre ai sensi del suddetto art. 2, comma 6-bis, di verificare la conformità delle operazioni di cartolarizzazione alla legge e al prospetto informativo.
Al servicer sono, pertanto, affidate sia funzioni di natura operativa - attinenti alla gestione del portafoglio di crediti cartolarizzati - sia funzioni di garanzia relativi alla correttezza dell’operazione.
Il comma 6 del suddetto art. 2 della legge 130/1999 prevede poi che “i servizi indicati nel comma 3, lettera c), possono essere svolti da banche o da intermediari finanziari iscritti nell’albo previsto dall’articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385. Gli altri soggetti che intendono prestare i servizi indicati nel comma 3, lettera c), chiedono l’iscrizione nell’albo previsto dall’art. 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, anche qualora non esercitino le attività elencate nel comma 1 del medesimo articolo purché possiedano i relativi requisiti”.
Nel panorama nazionale, numerose sono le pronunce che hanno ritenuto la nullità della procura che la società veicolo abbia rilasciato per la riscossione del proprio credito al servicer non iscritto all’albo di cui all’art. 106 TUB, con la conseguenza che la società non iscritta all’albo risulterebbe priva del potere di rappresentanza necessario per procedere alla riscossione dei crediti (tra le più recenti: Tribunale di Monza, ordinanza 22 gennaio 2024, Tribunale di Cagliari, 28 febbraio 2024)
Secondo i Giudici di merito, l’art. 2, comma 6, della legge 130/1999 va considerato norma imperativa, la cui ratio risiede nell’esigenza pubblicistica di tutela dei soggetti che hanno acquistato i titoli emessi dalla società veicolo per garantire che la riscossione dei crediti - da cui dipende la redditività dell’investimento - venga svolta da soggetti dotati di specifici requisiti di professionalità.
La Suprema Corte, con l’ordinanza in commento, ribalta questa interpretazione e - chiamata a pronunciarsi sull’eccepito difetto di rappresentanza di una società non iscritta all’albo - afferma seccamente che “l’eccezione - pur avendo trovato riscontro in alcune pronunce di merito - è artificiosa e destituita di fondamento”, affermando che le società che svolgono attività di recupero del credito per conto delle cessionarie non debbano necessariamente essere iscritte all’albo di cui all’art. 106 TUB.
Alla base di tale decisione, la Corte contesta il presunto carattere di norma imperativa inderogabile che i Tribunali avevano attribuito all’art. 2 della legge 130/1999, rilevando che “… qualsiasi disposizione di legge, in quanto generale e astratta, presenta profili di interesse pubblico, ma tale circostanza non è di per sé sufficiente per attribuire carattere imperativo ad una norma, dovendo piuttosto sussistere ‘preminenti interessi generali della collettività’ o ‘valori giuridici fondamentali” per riconoscere tale carattere ad una norma”.
Ne discende che “il mero riferimento alla rilevanza economica (nazionale e generale) delle attività bancarie e finanziarie non vale di per sé a qualificare in termini imperativi tutta l’indefinita serie di disposizioni del cd. “diritto dell’economia”, contenute in interi apparati normativi (come il TUB o il TUF)”.
Tali disposizioni attengono alla regolamentazione amministrativa del settore bancario e finanziario, la cui rilevanza pubblicistica è tutelata dal sistema di controllo e dai poteri sanzionatori svolti dalla Banca d’Italia, con la conseguenza che “ … non vi è alcuna valida ragione per trasferire automaticamente sul piano del rapporto negoziale (o persino sugli atti di riscossione compiuti) le conseguenze delle condotte difformi degli operatori, al fine di provocare il travolgimento di contratti (cessioni di crediti, mandati, ecc.) o di atti processuali di estrinsecazione della tutela del credito, in sede cognitiva o anche esecutiva (precetti, pignoramenti, interventi, ecc.), asseritamente viziati da un’invalidità derivata”.
Secondo la Corte, dunque, nell’ambito delle operazioni di cartolarizzazione ex legge 130/1999 la mancata iscrizione, da parte della società che svolge attività di recupero del credito, all’albo previsto dall’art. 106 T.U.B. non incide sulla legittimità dell’azione esecutiva intrapresa da quest’ultima sulla base dell’incarico ricevuto dal titolare del credito, non ravvisandosi alcun difetto di rappresentanza.
L’omessa iscrizione nel medesimo albo potrà rilevare sul diverso piano del rapporto con l’autorità di vigilanza o per eventuali profili penalistici.
Questo il principio di diritto affermato: “dall’omessa iscrizione nell’albo ex art. 106 T.U.B. del soggetto concretamente incaricato della riscossione dei crediti non deriva alcuna invalidità, pur potendo tale mancanza assumere rilievo sul diverso piano del rapporto con l’autorità di vigilanza o per eventuali profili penalistici (…)”.
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*A cura dell’avv. Antonino La Lumia e dell’avv. Claudia Carmicino (Lexalent)