Nessuna restituzione in termini per la negligenza del "sostituto" del difensore d'ufficio
Lo ha chiarito la Corte di cassazione con la sentenza n. 36821 depositata oggi
Se il difensore nominato in udienza al posto di altro difensore d'ufficio, per negligenza professionale non ha informato il difensore titolare del termine breve per impugnare, né ha proposto egli stesso l'impugnazione, non v'è possibilità per l'imputato di essere rimesso in termini. Non si versa infatti in una delle ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore previste dall'articolo 175, comma 1, cod. proc. pen. Lo ha chiarito la Corte di cassazione con la sentenza n. 36821 depositata il 21 dicembre affermando un principio di diritto.
Nel ricorso, l'imputato aveva sostenuto la ricorrenza del "caso fortuito" considerato che il difensore d'ufficio non si era presentato all'udienza all'esito della quale il Tribunale aveva pronunciato sentenza con motivazione contestuale, facendo così erroneamente affidamento sul termine ordinario di impugnazione. Il difensore, infatti, non avendo partecipato all'udienza di discussione finale, non si è accorto che l'appello andava proposto entro il termine breve, "cosi rendendo impossibile per un caso fortuito, cioè non evitabile, il deposito dell'atto di impugnazione". Sarebbe infatti stato ingiusto, concludeva il ricorrente, porre a carico dell'imputato "un ulteriore onere di diligenza, consistente nel vigilare sull'attività del proprio difensore".
Per quanto concerne la figura del "difensore di fiducia", la Suprema corte ricorda però che «il mancato o l'inesatto adempimento dell'incarico di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, non sono idonei a realizzare le ipotesi di caso fortuito o forza maggiore - che legittimano la restituzione nel termine -poiché consistono in una falsa rappresentazione della realtà, superabile mediante la normale diligenza ed attenzione, e perché non può essere escluso, in via presuntiva, l'onere dell'assistito di vigilare sull'esatta osservanza dell'incarico conferito, nei casi in cui il controllo sull'adempimento defensionale non sia impedito al comune cittadino da un complesso quadro normativo».
Così ricostruito il quadro, la Corte afferma poi che, per ciò che concerne gli obblighi professionali, non può invocarsi "alcuna differenza nel nostro ordinamento processuale" tra il difensore di fiducia o di ufficio. Infine, ciò che caratterizza il caso fortuito è la sua «imprevedibilità», mentre la nota distintiva della forza maggiore è l'elemento della «irresistibilità». Connotazione comune a entrambi è la «inevitabilità del fatto».
Come correttamente ritenuto dalla Corte d'Appello, dunque, non si verte in una ipotesi di evento non evitabile con la normale diligenza, né di causa di forza maggiore, cioè di evento irresistibile, "visto che, con un comportamento improntato a normale diligenza (accesso nella cancelleria del giudice che doveva celebrare il dibattimento), il difensore avrebbe potuto conoscere per tempo che era stata pronunciata una sentenza di condanna e presentare l'impugnazione, essendo egli, del resto, a conoscenza delta data dell'udienza di discussione".
Infine, proprio l'esistenza di un autonomo potere di impugnazione "pone al riparo l'assistito da qualunque conseguenza derivante dall'assenza del proprio patrocinatore dall'udienza in cui è stata pronunciata la sentenza, poiché attribuisce al sostituto processuale, in disparte l'obbligo di informare il difensore titolare, un autonomo potere di impugnazione".
Da qui l'affermazione del seguente principio di diritto: «in materia di restituzione nel termine, la condotta del difensore prontamente reperibile nominato in udienza ex art. 97, comma 4, cod. proc. pen. in sostituzione del difensore di ufficio di cui all'art. 97, comma 1, cod. proc. pen. - che, in violazione degli obblighi di diligenza, abbia omesso di informare il difensore di ufficio assente circa lo sviluppo del processo e la pronuncia della sentenza e non abbia presentato tempestiva impugnazione in qualità di sostituto ex art. 102 cod. proc. pen., non può essere considerata, per gli effetti dell'art. 175, comma 1, cod. proc. pen., ipotesi di caso fortuito, né di forza maggiore».