Civile

Nessuna violazione per le unioni gay senza applicazione del modello matrimoniale

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di Sabina Anna Rita Galluzzo

Deve escludersi che la mancata estensione del modello matrimoniale alle unioni tra persone dello stesso sesso determini una lesione dei parametri integrati della dignità umana e dell'uguaglianza. Lo chiarisce la Cassazione con la sentenza n. 2400/2015. Il processo di costituzionalizzazione delle unioni tra persone dello stesso sesso non si fonda sulla violazione del canone antidiscriminatorio dettata dall'inaccessibilità al modello matrimoniale, ma sul riconoscimento di un nucleo comune di diritti e doveri di assistenza e solidarietà propri delle relazioni affettive di coppia e sulla riconducibilità di tali relazioni nell'alveo delle formazioni sociali dirette allo sviluppo, in forma primaria, della personalità umana. Da tale riconoscimento sorge l'esigenza di un trattamento omogeneo di tutte le situazioni che presentano un deficit o un'assenza di tutela dei diritti dei componenti l'unione, derivante dalla mancanza di uno statuto protettivo delle relazioni diverse da quelle matrimoniali nel nostro ordinamento. L'Europa e la Costituzione non impongono al legislatore di estendere il vincolo del matrimonio alle persone dello stesso sesso che, invece, hanno il diritto a uno statuto protettivo, già azionabile, con diritti e doveri delle coppie di fatto.

La giurisprudenza. Copiosa è ormai la giurisprudenza in materia di unioni omosessuali. Molteplici sono infatti le richieste presentate all'autorità giurisdizionale da coppie di persone dello stesso sesso: trascrizioni di nozze celebrate al di fuori dell'Italia, pubblicazioni di matrimonio, trascrizioni di certificati di nascita formati all'estero di bambini nati in seguito a tecniche di procreazione assistita, riconoscimento di sentenze straniere di adozione pronunciate a favore del coniuge del genitore del minore.
Forti e sempre al centro dell'attenzione dei mass media sono infatti le istanze di coloro che chiedono un'uniformità di situazioni giuridiche tra le unioni omosessuali e le unioni eterosessuali, fino ad arrivare a ipotizzare un matrimonio tra persone dello stesso sesso.
Di fronte a tali istanze la giurisprudenza, sia italiana che europea, sottolinea quale sia lo stato di diritto. Quella italiana precisando che nel nostro ordinamento il matrimonio può essere contratto solamente da due persone di sesso diverso, quella europea chiarendo che le norme internazionali offrono agli Stati la possibilità di riconoscere in vario modo le unioni tra persone dello stesso sesso, ma non per questo costituiscono degli obblighi.

Il principio sancito dalla Cassazione. In questo contesto la sentenza 2400/2015 chiarisce, inserendosi nell'ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, che non è possibile procedere alle pubblicazioni matrimoniali nel caso di matrimonio omosessuale, perché tale forma matrimoniale non è prevista nel nostro ordinamento. Peraltro, si precisa, il divieto di matrimonio tra persone dello stesso sesso non costituisce discriminazione, non viola perciò il fondamentale principio di uguaglianza. La strada da percorrere è un'altra, sostengono gli Ermellini, aggiungendo un importante tassello all'interpretazione dettata, ed è quella di creare per le coppie omosessuali, come per tutte le coppie di fatto, «un nucleo comune di diritti e doveri di assistenza e solidarietà propri delle relazioni affettive di coppia».

La vicenda. Nel caso di specie, la Cassazione, rigetta il ricorso di una coppia di uomini, cui erano state rifiutate le pubblicazioni di matrimonio. Com'è noto infatti l'ufficiale di stato civile ai sensi dell'articolo 98 del Cc, che crede di non poter procedere alla pubblicazione, la rifiuta rilasciando un certificato con i motivi del diniego. Contro tale atto si può ricorrere in tribunale. Così hanno fatto i due uomini, che volevano contrarre tra loro matrimonio, rivolgendosi prima al tribunale, poi di fronte al rigetto della loro richiesta in Corte d'appello e poi, in seguito a un ulteriore rifiuto, in Cassazione. La Corte respinge innanzitutto la questione di legittimità costituzionale che era stata presentata dai ricorrenti, in relazione al diniego di procedere alle pubblicazioni matrimoniali: in particolare i giudici di legittimità sottolineano che tale problematica era già stata affrontata e risolta dalla sentenza della Corte costituzionale 138/2010. Nel provvedimento richiamato si sottolineava come le unioni omosessuali non possano «essere ritenute omogenee al matrimonio», che secondo il dettato costituzionale e la vigente normativa del codice civile è l'«unione stabile tra un uomo e una donna». Tale precetto costituzionale, si precisava, non può essere superato in via ermeneutica.

Le conclusioni. L'articolo 29 della Costituzione, specificava la Consulta, non nega dignità a forme naturali del rapporto di coppia diversa dalla struttura giuridica del matrimonio, ma riconosce alla famiglia fondata sul matrimonio una dignità superiore, in ragione dei caratteri di stabilità e certezza e della reciprocità e corrispettività di diritti e di doveri, che nascono soltanto dal vincolo coniugale. Il non estendere il modello matrimoniale alle unioni omosessuali, pertanto, non comporta una violazione dei diritti fondamentali della persona (Corte costituzionale 15 aprile 2010 n. 138; nello stesso senso Corte costituzionale 5 gennaio 2011 n. 4 e 7 luglio 2010 n. 276). Di conseguenza, conclude sul punto la Cassazione, il fatto che non sia previsto il matrimonio per le coppie di persone appartenenti allo stesso sesso non comporta la violazione del «canone antidiscriminatorio».

Corte di cassazione - Sezione I civile - Sentenza 9 febbraio 2015 n. 2400

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