Famiglia

Niente casa familiare se i figli vivono altrove o sono indipendenti

Non rileva se il coniuge è in una condizione di necessità economica

di Selene Pascasi

Niente casa familiare per il genitore separato o divorziato, se i figli adulti vivono altrove o sono redditualmente indipendenti. L’esigenza di garantire ai figli la conservazione dell’ambiente domestico, infatti, cade con il raggiungimento dell’autonomia. Ciò, a prescindere dal bisogno del genitore economicamente più debole che potrà contare solo sull’assegno di mantenimento. Lo ricorda il Tribunale di Como con sentenza 902 del 13 settembre 2022 (presidente e relatore Cao).

A ricorrere è il padre di due figli, entrambi adulti: una ventisettenne uscita da tempo dal nucleo familiare e un ragazzo, con lui convivente, ancora a suo carico. In sede di separazione, riferisce, il Presidente l’aveva obbligato a pagare un assegno di 800 euro in favore della moglie, da incrementare quasi del doppio qualora la donna avesse rilasciato il tetto coniugale. Ma a ben vedere, contesta l’uomo, non le doveva nulla come contributo al mantenimento visto che la sua ex aveva instaurato una nuova convivenza. E comunque, non aveva alcun diritto di restare nell’abitazione familiare.

Il Tribunale concorda a metà. L’assegno, chiarisce, doveva continuare a versarlo siccome dall’istruttoria non era emersa alcuna prova certa che la relazione allacciata dalla signora fosse connotata da una progettualità di vita in comune. Non solo. La donna aveva sì un diploma da estetista, rimasto nel cassetto dopo la nascita dei figli, ma all’età attuale di 56 anni appariva pressoché impossibile metterlo a frutto. Le drammatiche condizioni economiche riferite dal marito, poi, sembravano incoerenti con l’intenzione dello stesso di svendere la casa coniugale alla figlia nel dichiarato intento di aiutarla, lasciando la moglie senza un tetto e senza risorse.

Quanto alla casa matrimoniale, invece, il Tribunale boccia la domanda di assegnazione avanzata dalla consorte. Come già sottolineato dal giudice della separazione, il presupposto del diritto a vivere nell’abitazione coniugale è rappresentato dalla presenza di figli minori o maggiorenni non economicamente indipendenti. Il godimento della casa, infatti, è diretto esclusivamente a garantire ai figli la conservazione del medesimo ambiente domestico in cui sono cresciuti e non a sopperire le eventuali difficoltà economiche del coniuge più debole, al quale è destinato solo l’assegno di mantenimento.

Di qui la motivata soluzione adottata dal Tribunale di Como: confermare l’obbligo del ricorrente di versare alla sua ex un assegno di mantenimento di 800 euro mensili, fino alla percezione da parte della donna del reddito di cittadinanza, imporgli di continuare a provvedere alle esigenze del figlio maggiorenne con lui convivente e respingere la domanda di assegnazione della casa familiare alla moglie separata.

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