Civile

Niente nullità del matrimonio se uno dei coniugi si dichiara gay dopo le nozze

immagine non disponibile

di Andrea Alberto Moramarco

Se dopo la celebrazione del matrimonio il coniuge dichiara all'altro coniuge la propria omosessualità, celata prima delle nozze, non è possibile chiedere l'annullamento del matrimonio per errore essenziale sulle qualità personali del coniuge o per errore sull'identità della persona, come previsto dall'articolo 122 del codice civile. L'unica possibilità di scioglimento del vincolo consiste nella separazione e divorzio. Lo ha affermato il Tribunale di Padova con la sentenza 3176/2014.

Il caso - La protagonista della vicenda è una donna che aveva contratto matrimonio civile con il proprio partner, il quale pochi mesi più tardi, dopo aver cominciato a rifiutare sessualmente la moglie, le confessava la propria omosessualità e abbandonava la casa coniugale. Per la donna l'omosessualità del marito, celata prima delle nozze, impediva lo svolgimento della vita coniugale e perciò chiedeva la nullità del matrimonio ritenendo che il suo consenso fosse viziato in quanto dato per effetto di errore essenziale sulle «qualità personali dell'altro coniuge», tra cui ai sensi dell'articolo 122 comma 3 n. 1 del codice civile rientra anche la «deviazione sessuale». Negli scritti conclusivi, poi, correggendo il tiro rispetto all'atto introduttivo del giudizio, la nullità del matrimonio era invocata per errore sulla «identità della persona» del coniuge, prevista dal comma 2 dell'articolo 122, sostenendo che il concetto di identità dovesse essere esteso anche all'identità sessuale, ovvero all'orientamento sessuale del coniuge.

L'omosessualità non è una deviazione - I giudici veneti analizzano le disposizioni dell'articolo 122 Cc, che prevede al comma 2 la nullità del matrimonio quando l'errore ricade sull'identità della persona, ovvero quando l'errore essenziale ricada sulla qualità personali dei coniugi, specificando al comma 3 che si considera essenziale l'errore sulla «deviazione sessuale» del coniuge, tale da «impedire lo svolgimento della vita coniugale». Ebbene, partendo da tale quadro normativo il Collegio afferma che anche se all'epoca della redazione della norma, modificata in occasione della riforma del diritto di famiglia del 1975, «l'omosessualità fosse ritenuta alla stregua di una deviazione sessuale e l'intenzione del legislatore fosse quella di comprendere l'errore su tale deviazione tra quelli essenziali, l'attuale percezione medica e sociale ha definitivamente superato tale impostazione». In sostanza, non si può ritenere l'omosessualità come una patologia che possa farsi rientrare nelle ipotesi tassative di errore sulle qualità personali rilevanti ai fini della nullità del matrimonio: è semplicemente una caratteristica della personalità.

La sfera sessuale non rientra nell'identità della persona - Quanto alla riconducibilità della sfera sessuale al concetto di identità della persona, il Tribunale nega fermamente tale possibilità. E ciò sia perché, da un punto di vista interpretativo in senso stretto, l'errore sull'identità della persona riguarda l'identità fisica, ad esempio nel caso di sostituzione di persona, (come nell'articolo 1429 n. 3 del codice civile); sia perché, da un punto di vista interpretativo in senso lato, si deve sottolineare che l'idea di ricomprendere anche l'identità sessuale nel diritto all'identità personale riguarda più che altro le azioni risarcitorie per diffamazione, che hanno il fine di «tutelare il diritto della persona di vedersi descritta esattamente così come è, senza inesattezze che ne stravolgano la personalità agli occhi del pubblico» e che sono del tutto diverse da quelle volte ad ottenere la nullità del matrimonio.

Le conclusioni del Tribunale - Il Tribunale, pertanto, ritiene che la domanda della donna non possa trovare accoglimento perché infondata: l'unica via possibile è quella della separazione personale e del divorzio, ovvero istituti «che vengono normalmente utilizzati per far cessare la vita matrimoniale anche per cause preesistenti alla celebrazione» e, dunque, anche per l'omosessualità non svelata.

Tribunale di Padova - Sezione I civile - Sentenza 17 ottobre 2014 n. 3176

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©