Amministrativo

No a bar e ristoranti in zona agricola

immagine non disponibile

di Pippo Sciscioli

Bar e ristoranti, come le attività commerciali e in generale tutte quelle produttive tranne quelle espressamente ammesse da leggi speciali, non possono essere svolte in zona agricola, sul presupposto che questa - in base al Dm 1444/1968, alle varie leggi regionali e ai piani regolatori generali - è destinata soltanto all'attività agricola e a quelle ad essa strettamente connesse, come nel caso delle imprese agricole e zootecniche di cui al Dlgs 228/2001 che ha ridisegnato il nuovo status di imprenditore agricolo. Che, per espresso riconoscimento del legislatore e in deroga ai principi generali, può in zona agricola, oltre che coltivare piante e piantagioni, anche insediare un capannone per la lavorazione e commercializzazione delle stesse. Ma al di la di questo caso particolare, bar e ristoranti sono vietati in zona agricola.
A stabilirlo le due sentenze gemelle del Tar Bari nn. 793 e 792 del 27 maggio 2015 che hanno concluso il contenzioso che ha visto protagonisti due esercenti di altrettanti pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande e il Comune pugliese di Giovinazzo, che aveva vietato loro di aprire la propria attività appunto in zona agricola.

La videnda - Il Tar ha dato ragione al Comune che aveva bloccato la Scia per l'apertura dei due bar, sul presupposto dell'incongruenza fra un attività di tipo essenzialmente commerciale con la destinazione urbanistica dell'area e in base al principio, già sancito dalla legge 287/1990 (legge quadro sui pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande) e dal Dlgs 59/2010 (che ha recepito in Italia la Direttiva Bolkestein sulle attività d'impresa), per cui l'avvio di un'attività commerciale e di somministrazione è obbligatoriamente soggetta al rispetto delle norme urbanistiche ed edilizie. Che nel caso di specie mancava.

L'autorizzazione - Scrivono i giudici baresi: «Senza in alcun modo disconoscere che nelle materie del commercio ed urbanistico - edilizia differenti poteri sono posti a tutela di interessi di diversa natura e che ciascun provvedimento è caratterizzato da una sua funzione tipica - una stretta connessione tra le materie sussiste, di talché, conformemente al dettato normativo e, per la specifica ipotesi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, alla previsione ancora più precisa e restrittiva dalla l. 287/1991, l'autorità preposta al rilascio dell'autorizzazione, ovvero alla verifica della sussistenza dei presupposti e requisiti di legge in caso di denuncia di inizio attività ex art. 19 l. 241/1990, deve tener conto del legame tra l'ambito urbanistico-edilizio e quello commerciale; l'indagine sulla conformità dell'attività alla disciplina urbanistico-edilizia, quindi, rappresenta un momento istruttorio necessario perché diretto ad accertare l'esistenza di un espresso presupposto, sicché l'amministrazione non può rilasciare atti autorizzativi e, di converso, deve vietare la prosecuzione dell'attività e rimuoverne gli effetti quando detta conformità faccia difetto, salvo che l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente l'attività stessa ed i suoi effetti entro un determinato termine».
Va perciò sgomberato il campo da un possibile equivoco: l'assentibilità della domanda di apertura di un bar così come di un esercizio commerciale, sia se di vicinato (avente cioè con una superficie di vendita fino a 250 mq.) che di media e grande struttura, è subordinata alla preventiva verifica di conformità urbanistica della zona prescelta per l'insediamento.
In caso contrario, sarà legittimo il diniego opposto dal Comune qualora tale insediamento commerciale sia precluso dalla tipizzazione urbanistica impressa dal piano regolatore generale vigente, poiché il mutamento andrebbe a contrastare con le opzioni effettuate in sede di pianificazione urbanistica, delle quali va tenuto conto in sede di verifica di compatibilità commerciale.

La pianificazione urbanistica - In sostanza, la pianificazione urbanistica si trova a monte rispetto a quella commerciale, in un vero e proprio rapporto di dipendenza della seconda dalla prima, tale che un eventuale contrasto non potrebbe che degenerare nell'ambito dell'illegittimità della seconda. Tutto ciò in quanto la disciplina urbanistica riguarda, in particolare, la funzione pianificatoria del territorio nell'esercizio della quale i vari modi di uso del territorio, inclusi quelli relativi al commercio e alla somminsitrazione di alimenti e bevande, sono tra loro armonizzati stabilendo innanzitutto i caratteri delle diverse zone territoriali, ai quali poi la destinazione degli immobili, di cui sia consentita la localizzazione nelle singole zone, deve conformarsi.
In altre parole, neppure la decisa spinta liberalizzatrice delle ultime leggi in tema di impresa ha scardinato un principio inderogabile, rappresentato dai vincoli di natura territoriale ed urbanistica che impongono di perseguire sempre la corretta gestione e razionalizzaizone del territorio e delle sue diverse utilizzazioni. Principio in virtù del quale, nel caso di specie, la materia del commercio e della somminsitrazione cede il passo di fronte alle più generali esigenze di corretto assetto del territorio.
L'esclusione dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, cioè il corretto uso del territorio, dalla generale attuazione del principio di libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali, sancita dal comma 2 dell'articolo 31 della legge 214/2011, non fà altro che confermare l'inderogabilità del rapporto di sovraordinazione della pianificazione urbanistica su quella commerciale.

Tar Puglia – Sezione I – Sentenza 27 maggio 2015 n. 792

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©