Penale

No alla revisione della prescrizione

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di Giovanni Negri

No alla revisione per le sentenze che dichiarano la prescrizione . Anche quando la Corte d’appello e la Cassazione, nel dichiarare l’estinzione del reato, hanno confermato le deliberazioni della precedente sentenza in materia di risarcimento del danno a favore della parte civile. Lo chiarisce la Corte di cassazione con la sentenza n. 2656 della Seconda sezione penale depositata ieri.

È stata così giudicata inammissibile la richiesta di revisione avanzata dalla difesa contro la sentenza di Corte d’appello diventata definitiva dopo il giudizio della Cassazione che aveva sancito l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, con conferma invece della condanna al risarcimento del danno nei confronti della parte civile. La difesa aveva invece sostenuto, interpretando l’articolo 629 del Codice di procedura penale, che non ci sono limiti alla possibilità di revisione in caso di prescrizione, valorizzando il riferimento della norma «anche se la pena è già eseguita o estinta». L’interesse all’applicazione dell’istituto era poi evidente rispetto alla misura del risarcimento del danno.

La Corte chiarisce, all’esito di un’attenta ricognizione della normativa applicabile, che l’articolo 631 del Codice di procedura penale nell’individuare i limiti della revisione stabilisce puntualmente e rigorosamente la casistica applicabile.

La revisione cioè non è suscettibile di estensione a casi non previsti e, in generale, rappresenta una soluzione dell’ordinamento penale che ha come obiettivo l’eliminazione di una condanna ingiusta attraverso un giudizio che deve essere di proscioglimento. Non può quindi essere ritenuta ammissibile «rispetto ad una sentenza di proscioglimento quale quella in forza della quale è stata dichiarata l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione sia pure accompagnata da una statuizione di condanna a carico dell’imputato per i soli fini civilistici, ostandovi, valutato il complessivo sistema normativo, il principio di tassatività di cui all’articolo 568, primo comma, Codice di procedura penale, e non essendo, pertanto, possibile un’applicazione in termini analogici alle ipotesi della (sola) condanna civile».

È vero che c’è un precedente, recentissimo (Cassazione n. 46707 del 2016), che ammette la revisione in caso di condanna ai soli effetti civili, con prescrizione del reato. Una pronuncia che mette l’accento sul fatto che nel perimetro della revisione rientrerebbero tutti i verdetti di condanna, senza distinzione quindi. Anche quelli al risarcimento in sede civile pertanto.

Si tratta però di una lettura alla quale la sentenza di ieri ritiene di non dovere dare seguito. Infatti, osserva adesso la Corte, è chiaro che la revisione è funzionale al proscioglimento del soggetto già condannato. Senza però che vi possano essere compresi i casi di condanna ai soli effetti civili. Tanto più in un caso dove il proscioglimento già si è verificato per l’avvenuta estinzione del reato per il trascorrere del tempo.

In questo senso milita anche l’interpretazione data dalla Corte costituzionale nel 2011 con la sentenza n. 113nella quale è stato messo in evidenza come la revisione è indirizzata al proscioglimento con la conseguente presentazine di tutti gli elementi necessari a corroboraare la richiesta.

Corte di cassazione, sentenza 19 gennaio 2017, n. 2656

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