Penale

No alla sanzione amministrativa se la norma è giudicata illegittima

La misura deve però essere così pesante da diventareassai simile a una penale

di Giovanni Negri

No all’applicazione di sanzioni amministrative decise in conseguenza di una norma dichiarata incostituzionale. Quando le sanzioni hanno tale portata afflittiva da potere essere considerate, nella sostanza, penali. E a non può essere d’ostacolo neppure la forza del giudicato. Questa la conseguenza della sentenza della Corte costituzionale n. 68, scritta da Franco Modugno e depositata ieri. la pronuncia ha così disposto l’illegittimità costituzionale dell’articolo 30, quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), interpretato nel senso che la disposizione non si applica in relazione alla sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, disposta con sentenza irrevocabile.

A sollevare la questione di legittimità era stato il Gip di Milano che, in termini generali, aveva contestato la disposizione del 1953 con la quale si stabilisce che «quando in applicazione della norma dichiarata incostituzionale è stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, ne cessano la esecuzione e tutti gli effetti penali». A non convincere era la mancata estensione della misura anche alle sanzioni amministrative con natura sostanzialmente penale sulla base di quanto stabilito dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Per il Gip, infatti, l’articolo 136 della Costituzione imporrebbe di rimuovere tutti gli effetti pregiudizievoli della sanzione amministrativa applicata sulla base di una norma costituzionalmente illegittima, non potendosi considerare il rapporto esaurito, nonostante il giudicato, finchè la sanzione è in corso di esecuzione. Ma la norma sarebbe in conflitto anche con l’articolo 3 e con gli articoli 35 e 41, questi ultimi perchè, come nel caso concreto sottoposto al Gip, la conservazione di una pesante sanzione amministrativa, ed è il caso della revoca della patente a carico di un autotrasportatore, sia pure costituzionalmente illegittime (nella fattispecie, la Consulta nel 2019 giudicò illegittima l’impossibilità di sostituzione della sospensione alla revoca, in caso di condanna per omicidio stradale, senza aggravanti), lederebbe il diritto al lavoro e all’iniziativa economica della persona colpita.

Per la Corte costituzionale, in uno dei passaggi centrali della pronuncia, «va escluso, come per le sanzioni penali, che taluno debba continuare a scontare una sanzione amministrativa “punitiva” inflittagli in base a una norma dichiarata costituzionalmente illegittima: dunque, non già oggetto di semplice “ripensamento” da parte del legislatore, ma affetta addirittura da un vizio genetico, il cui accertamento impone, senza possibili eccezioni, di lasciare immune da sanzione, o di sanzionare in modo più lieve, chiunque dopo di esso commetta il medesimo fatto».

A venire valorizzata, nella riflessione della Corte, è una precedente sentenza, la n. 63 del 2019, con la quale è stato esteso alle sanzioni amministrative “punitive” il principio di retroattività della legge più favorevole, ritenendo tale operazione «conforme alla logica sottesa alla giurisprudenza costituzionale sviluppatasi, sulla base dell’articolo 3 della Costituzione, in ordine alle sanzioni propriamente penali».

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