Civile

Notai, manca l’automatismo delle attenuanti in caso di addebiti disciplinari

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di Adriano Pischetola

La Cassazione ritiene che non sia obbligatoria l’applicazione dell’attenuante di cui all’articolo 144 della legge notarile (89/13) in caso di addebiti disciplinari: va sempre valutata la sussistenza dei relativi presupposti. L’articolo precede che se nel fatto addebitato al notaio ricorrono circostanze attenuanti ovvero quando il notaio, dopo aver commesso l’infrazione, si è adoperato per eliminare le conseguenze dannose della violazione o ha riparato interamente il danno prodotto, si applica un regime sanzionatorio più mite di quello ordinario (diminuzione della sanzione pecuniaria di un sesto e sostituzione di sanzioni disciplinari degradate: l’avvertimento in luogo della censura, una sanzione pecuniaria in luogo della sospensione e la sospensione in luogo della destituzione).

Nella fattispecie oggetto di disamina da parte della Corte di Cassazione nella sentenza 23947/ 2019, i giudici supremi hanno sconfessato la natura obbligatoria e automatica dell’applicazione delle attenuanti, pur a fronte della opposta richiesta avanzata dal ricorrente, confermando così i pronunciamenti, entrambi conformi, già formulati dalla Corte d’appello e dalla Coredi (Commissione amministrativa regionale di disciplina).

Nel ricorso era stata esposto il convincimento che l’applicazione spettasse «a prescindere da ogni circostanza di carattere fattuale che ne può rappresentare il contesto in cui opera e senza dunque che all’Organo giudicante sia conferita discrezionalità alcuna», dovendosi tenere in debito conto il fatto che il ricorrente - al quale erano state contestate varie inadempienze fiscali afferenti ad autoliquidazioni insufficienti e tardive per una pluralità di atti stipulati - aveva nel frattempo provveduto a riparare il danno prodotto, corrispondendo quanto dovuto. Ma - come precisato - i giudici sono stati di diverso avviso, valorizzando, in senso negativo, altre circostanze (segnatamente il fatto che il ricorrente fosse apparso immeritevole del beneficio, avendo protratto la condotta illecita e mostrando di avere piena consapevolezza dell’illiceità nonché, in un caso, reiterando il comportamento dopo aver ricevuto l’atto d’incolpazione). Nemmeno è apparso alla Corte convincente il rilievo che, in altro arresto del medesimo organo giudicante (Sezione 2, 3203/2014), sia stato affermato che «la doverosità dell’atto ritardato non è ragione per escludere che il successivo compimento di esso, siccome ad ogni modo dovuto, rilevi in funzione attenuante». È vero, hanno spiegato i giudici, che il compimento tardivo dell’atto (sia pure dovuto) può e deve essere valutato in senso positivo ai fini del riconoscimento dell’attenuante, ma sempreché esso non confligga con la condotta complessiva tenuta dall’agente .

Insomma non si tratta solo di verificare la riparazione del danno patrimoniale ma anche la gravità delle conseguenze dannose non patrimoniali.

Corte di cassazione – Sentenza 23947/2019

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