Civile

Le Sezioni Unite: per il debito riconosciuto imposta fissa di registro

Il riconoscimento di debito è soggetto a imposta di registro in misura fissa e il deposito di un atto presso l’autorità giudiziaria operante in sede contenziosa non concreta il “caso d’uso” (e quindi, non provoca la tassazione dell’atto oggetto di deposito)

di Angelo Busani

Il riconoscimento di debito è soggetto a imposta di registro in misura fissa e il deposito di un atto presso l’autorità giudiziaria operante in sede contenziosa non concreta il “caso d'uso” (e quindi, non provoca la tassazione dell’atto oggetto di deposito). Sono questi i due assai rilevanti principi di diritto enunciati dalle Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza n. 7682/2023 investite della decisione ritenuta questione di massima di particolare importanza.

Quanto alla tassazione della ricognizione di debito, la Cassazione pone fine a una querelle pluridecennale, nel corso della quale ogni possibile tesi è stata sostenuta: tassazione in misura fissa, tassazione proporzionale e, in quest’ultimo ambito, l’applicazione – volta a volta – delle aliquote dello 0,5, dell'1 e del 3 per cento.

Ora la Cassazione definitivamente riconosce che la ricognizione del debito non è un atto di carattere patrimoniale, in quanto non provoca l’originazione di un’obbligazione: invero, il riconoscimento del debito, dal punto di vita civilistico ha un effetto meramente processuale. Infatti, chi si avvale di una scrittura in cui altro soggetto si riconosce debitore, ha il beneficio di poter pretendere il pagamento promesso senza dovere dimostrare la fonte del credito. È su chi riconosce un debito o promette un pagamento (e pretende di non pagare) che grava l’onere della prova della inesistenza del titolo che dà origine alla pretesa del creditore o del fatto che il debito si è per qualsiasi ragione già estinto.

Il riconoscimento del debito ha l’effetto di invertire l’onere della prova: invece di esserne gravato il creditore (a dimostrazione della pretesa) ne è gravato il debitore (circa il fatto di non aver mai avuto il debito o che il debito non esiste più).

Dato che, inoltre, il caso giudicato dalle Sezioni Unite è scaturito da un avviso di accertamento emanato in relazione a una scrittura privata (recante la predetta ricognizione di debito) presentata da un creditore a supporto di una richiesta di decreto ingiuntivo, per il giudice della legittimità l’occasione è stata propizia al fine di censurare la tesi dell’Agenzia delle entrate sul punto che tale situazione configuri il “caso d’uso”.

La Cassazione infatti ricorda che il caso d’uso, nell’ipotesi di deposito di un atto presso una cancelleria giudiziaria, si verifica se si tratta di una cancelleria che opera nell’ambito della giurisdizione volontaria, ma non se si tratta di una cancelleria che opera nell’ambito della giurisdizione contenziosa, in base all’elementare principio che la tutela giurisdizionale non può trovare ostacolo nel fatto che un tributo si renda dovuto in relazione ad atti che si producono al giudice.

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