Professione e Mercato

Per la rimessione in termini l'intrusione informatica va provata

Il Cnf, sentenza n. 147/2023, ha respinto la richiesta di un avvocato che aveva proposto un ricorso tardivo contro la sanzione disciplinare adducendo un blocco informatico senza però provarlo

immagine non disponibile

di Francesco Machina Grifeo

Il legale non può chiedere la rimessione in termini adducendo un attacco hacker senza comprovarlo con una apposita certificazione tecnica. Lo ha chiarito il Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Napoli, rel. Favi) con la sentenza n. 147 dell'11 luglio 2023 (resa nota in questi giorni).

L'istituto della rimessione in termini (art. 153 co. 2 c.p.c.) ha una connotazione di carattere generale e, come tale, trova in astratto applicazione anche nella fase di gravame dinanzi al CNF, ricorrendone i presupposti, ovvero una causa di forza maggiore o caso fortuito, con relativo onere della prova a carico dell'istante, non essendo all'uopo sufficiente una mera allegazione difensiva del tutto priva di alcun riscontro probatorio.

Venendo al caso specifico, il ricorrente avendo proposto tardivamente appello avverso la decisione del CDD di Bologna, che gli aveva inflitto la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio della professione per sei mesi per una serie di violazioni disciplinari, aveva richiesto la remissione in termini. L'avvocato aveva sostenuto di aver subito "un'intrusione informatica nel sistema che lo avrebbe privato della possibilità di verificare le pec, circostanza questa che gli avrebbe impedito di conoscere la decisione del Consiglio di Disciplina".

La sentenza precisa che la PEC di trasmissione della decisione disciplinare risulta correttamente trasmessa e consegnata. E che nella documentazione allegata dal ricorrente, "non vi è però traccia alcuna di una certificazione tecnica che attesti l'intrusione informatica, circostanza questa che impedisce una valutazione favorevole della richiesta di remissione in termini". Ragion per cui in applicazione del principio precedentemente espresso, il Cnf rilevata l'assenza di qualsivoglia documentazione a supporto, ha respinto l'istanza e dichiarato l'inammissibilità del gravame.

Va infine ricordato che il Consiglio nazionale forense si era già espresso sulla irrilevanza di mere difficoltà tecniche, che non integrano il requisito della non imputabilità assoluta ai fini della rimessione in termini (nella specie, casella Pec piena), con la sentenza n. 34 del 7 marzo 2023.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©