Società

Più soluzioni negoziali e decisioni fuori dai tribunali per sveltire i fallimenti

La procedura deve essere il luogo dove l’accordo già individuato viene approvato dai creditori e dal giudice

ADOBESTOCK

di Luciano Panzani

In questi giorni è viva l’attenzione sui “numeri” delle procedure concorsuali. Ci si chiede se i fallimenti e le procedure di ristrutturazione siano aumentate o diminuite nel 2020 e quale sarà il trend nell’anno in corso. Soprattutto ci si domanda, a fronte della richiesta che ci viene dall’Europa per una giustizia civile e una legge fallimentare più efficiente, quale affidamento si possa fare sul Codice della crisi, la cui entrata in vigore, già rinviata a settembre di quest’anno, è ormai imminente. Il presidente del Consiglio nel suo discorso alle Camere si è soffermato in particolare sulla necessità di una riforma della legge fallimentare, senza però chiarire se con ciò auspicasse una pronta applicazione della riforma già approvata o una sua radicale revisione.

In un recente studio Banca d’Italia ha sottolineato che nel 2020 per effetto del lockdown che ha colpito anche i tribunali, i fallimenti dichiarati sono stati inferiori alle attese, prevedendo per contro un loro rilevante aumento nel 2021, così com’è avvenuto dopo la crisi del 2008, anche in ragione del ritardo precedentemente accumulato. I dati pubblicati in questa pagina dimostrano che la durata dei fallimenti in Italia non è affatto diminuita e supera il dato medio dei 27 Paesi dell’Unione. L’esperienza concreta indica che anche le procedure di ristrutturazione durano troppo.

L’abnorme durata dei fallimenti è una delle tante conseguenze della mancanza di mezzi della giustizia civile. Il Codice della crisi, per quanto concerne la liquidazione giudiziale, il fallimento nel linguaggio ante riforma, è stato poco innovativo, tanto che si è detto che la principale modifica, a parte un maggiore e apprezzabile ricorso al processo telematico, è stata la rinumerazione degli articoli di legge, per il resto uguali alla legge fallimentare del 1942.

La critica è ingenerosa: la riforma si giova dell’introduzione della vendita telematica all’incanto anche per le vendite fallimentari e le vendite telematiche sono enormemente aumentate nel 2020, come rileva Sogeea. Ma è vero che la possibilità, nell’ambito del sovraindebitamento, per il creditore di chiedere la liquidazione ove i debiti superino i 30mila euro prevista dal Codice (e non anticipate con l’inserimento nel Dl Ristori ) fanno pensare a un aumento dei carichi di lavoro dei tribunali. E la riforma Rordorf è rimasta inattuata nella parte in cui prevedeva sezioni specializzate presso i tribunali medi, lasciando le procedure di sovraindebitamento agli uffici più piccoli. Anche i concordati durano troppo. Tra le tante innovazioni non vi è stato un serio sforzo di ridurre i tempi, rendendo difficile mantenere la durata della sospensione delle azioni esecutive nel massimo di 12 mesi previsto dalle norme europee (Olanda e Germania nelle loro nuove leggi hanno previsto un massimo di 8 mesi).

Come accelerare? Per i concordati si potrebbe seguire la strada suggerita dalla direttiva 1023/2020 dell’Ue: eliminare l’approvazione del tribunale quando vi è il consenso di tutte le classi di creditori, lasciandola per i casi controversi. Soprattutto stringere i tempi sulle trattative con un sistema di allerta soft, che incentivi comunque a trovare soluzioni negoziali. La procedura non deve essere il luogo in cui si cerca una soluzione alla crisi, ma la sede dove la soluzione negoziale già individuata, con l’aiuto di commissari che svolgano anche il ruolo di mediatori, viene approvata dai creditori e dal giudice.

Per i fallimenti si può pensare ad affidare l’accertamento del passivo al curatore, lasciando al giudice soltanto le impugnazioni, a ridurre le azioni promosse dalla curatela e le vendite immobiliari ai soli casi in cui è evidente il vantaggio per i creditori, a incentivare il concordato con assuntore se riduce i tempi e assicura certezze sul risultato anche con riguardo alla durata.

Se si dividono gli 11mila fallimenti dichiarati nel 2019 per i 140 tribunali italiani si arriva a una media di 80 fallimenti all’anno. Non dovrebbe essere impossibile ridurre i tempi, se si ridistribuiscono le procedure sui tribunali medi e su giudici effettivamente specializzati, con strutture tecniche e amministrative adeguate. Più che di norme processuali, è questione di uomini, mezzi e organizzazione che poi vuol dire cultura dell’impresa.

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