Più spazio al giudizio abbreviato con integrazione probatoria
Il giudice potrà ammetterlo se, rispetto al dibattimento, c’è «economia processuale». Resta fermo che acquisire il nuovo materiale debba essere necessario
Una delle misure su cui punta la riforma Cartabia per ridurre i tempi dei processi penali è l’ampliamento dei presupposti per la concessione del giudizio abbreviato “condizionato”. Lo prevede lo schema del decreto legislativo attuativo della legge 134/2021, approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri lo scorso 4 agosto e ora all’esame delle commissioni parlamentari per il parere. Il testo dovrà poi essere approvato in via definitiva dal Governo. Non sono quindi escluse modifiche, ma non tali da tradire le indicazioni della legge delega: in attuazione di queste, lo schema di decreto prevede che il giudice potrà ammettere la richiesta di rito abbreviato subordinato all’assunzione di prove integrative del materiale contenuto nel fascicolo del pubblico ministero ogni qual volta si realizzi «comunque una economia processuale, in relazione ai prevedibili tempi dell’istruzione dibattimentale». L’attuale criterio è più rigido, perché l’integrazione probatoria è concessa solo se «compatibile con le finalità di economia processuale proprie del procedimento».
Per rendersi conto delle potenzialità deflattive della modifica, bisogna considerare che, in base alle statistiche rilevate dal ministero della Giustizia, risulta che nel 2021 il tempo medio di definizione di un dibattimento è di 749 giorni davanti al tribunale monocratico, che salgono a 754 per il collegiale. Si tratta di numeri che pesano sugli standard di ragionevole durata del processo; le nuove norme puntano perciò a far crescere i procedimenti definiti con rito abbreviato condizionato, incentivando il diritto alla prova della difesa all’interno di un rito che rimarrà comunque più veloce di quello ordinario. Non verrà infatti meno la caratteristica principale dell’abbreviato, cioè l’utilizzabilità come prova del materiale raccolto nelle indagini preliminari, con la sola eccezione degli atti afflitti da inutilizzabilità patologica.
Tuttavia, la riforma ha lasciato immutato il requisito della “necessità” dell’integrazione probatoria: sarebbe stato meglio utilizzare il criterio della “rilevanza”, per evitare che la prassi giudiziaria possa soffocare il successo della nuova misura. Sino a oggi, la Cassazione è stata rigorosa nel delineare i paletti per l’ammissibilità del giudizio abbreviato condizionato rispetto a questo presupposto. È stata sancita l’inammissibilità della richiesta di integrazione probatoria non finalizzata al necessario e oggettivo completamento degli elementi informativi in atti, ma tesa esclusivamente a valorizzare gli elementi favorevoli all’impostazione difensiva (sentenza 19645/2008), oppure alla sostituzione del materiale già esistente e utilizzabile, così da ottenere un vero e proprio dibattimento nel giudizio abbreviato, in contrasto con i suoi obiettivi di speditezza e semplificazione (sentenza 8738/2009). È stato inoltre stabilito che se la nuova prova consiste nell’esame di una persona che ha già reso dichiarazioni, la richiesta deve indicare analiticamente i temi da completare e specificare fatti e circostanze, diverse da quelle già oggetto delle medesime dichiarazioni, che meritano approfondimento (sentenza 29669/2010). Per quanto concerne la testimonianza di persone che abbiano già reso sommarie informazioni durante le indagini preliminari, va dimostrato che la loro nuova escussione sarà utile a verificare i profili di contraddizione e gli elementi carenti della prima deposizione, precisando la rilevanza di tali criticità ai fini della valutazione dei temi di prova inerenti all’affermazione della responsabilità, alla qualificazione del titolo di reato e alla sussistenza delle circostanze (sentenza 31881/2011).
È perciò evidente che l’efficacia della riforma dipenderà molto da un cambio di mentalità dei giudici: il rito sarà effettivamente incentivato se le nuove norme verranno interpretate in modo da non ammettere l’abbreviato condizionato solo in presenza di richieste di prova non pertinenti, generiche o sovrabbondanti.
Per una valutazione complessiva delle potenzialità deflattive del nuovo rito vanno segnalate due ulteriori novità contenute nello schema di decreto legislativo del Governo. La prima consiste nella riduzione di un sesto della pena inflitta, in caso di mancata impugnazione della sentenza di condanna, che si aggiunge allo sconto di un terzo già previsto per chi opta per questo rito.
La seconda prevede l’obbligo di documentare con riproduzione audiovisiva tutte le prove orali oggetto dell’integrazione probatoria. Ciò dovrebbe garantire, nelle fasi di impugnazione, una valutazione giurisdizionale delle prove acquisite nel contraddittorio più efficace rispetto a quella consentita dalla verbalizzazione cartolare tradizionale.