Civile

Proposta di decisione anticipata, gli effetti della sanatoria se la decisione non è conforme

Per la Cassazione, ordinanza n. 5580 depositata oggi, il ricorso divenuto “procedibile” è però “inammissibile” e dunque non può applicarsi l’ultima proposizione del comma 3 dell’articolo 380 bis c.p.c., poiché il giudizio non è stato definito in conformità alla proposta

Arrivano i chiarimenti della Cassazione, nell’ambito di un giudizio di divorzio (ordinanza n. 5580 depositata oggi), sulla proposta di definizione anticipata ex articolo 380-bis del Cpc quando le ragioni della decisione non sono conformi alla proposta.

Il Consigliere della Prima Sezione Civile, nella proposta di definizione anticipata, aveva rilevato, quale causa di improcedibilità del ricorso, il fatto che il provvedimento impugnato risultava depositato privo della attestazione di conformità del difensore. A quel punto, il difensore (della ricorrente) ricevuta la comunicazione della proposta, munito di una nuova procura speciale, ha presentato “tempestiva istanza di decisione della causa, depositando la necessaria attestazione di conformità”.

Tale potere, ricorda la decisione, è stato conferito all’avvocato dall’articolo 16 bis, comma 9 bis, Dl n. 179 del 2012 (conv. con modif. in l. n. 221 del 2012), nella specie applicabile ratione temporis. Il Dlgs n. 149 del 2022 (come modificato dalla legge n. 197 del 2022), ha, poi, abrogato l’intero articolo (con effetto dal 28/02/2023 e limitatamente ai procedimenti instaurati a partire da tale data) facendo comunque refluire le stesse disposizioni nell’articolo 196 octies disp. att. c.p.c.

Nel caso concreto, dunque, la copia della sentenza impugnata, depositata con il ricorso per cassazione, non risultava munita della certificazione di conformità all’originale. La ricorrente ha provveduto al deposito della certificazione, unitamente all’istanza di decisione della causa, sicché il ricorso è stato ritenuto procedibile.

La proposta di definizione accelerata, osserva la Corte, ha, perciò, avuto l’effetto di sollecitare il contraddittorio sulla presenza di vizi formali del processo e di consentirne la sanatoria, ancora possibile, in piena coerenza con quanto evidenziato dalla Corte EDU nella sentenza della Prima Sezione del 23/05/2024 (Patricolo e altri c. Italia).

La Corte ha poi ritenuto inammissibili tutti i motivi di ricorso in quanto miranti di fatto a sollecitare un nuovo giudizio di merito non ammissibile in Cassazione.

Per la Suprema corte non sussistono i presupposti per dare applicazione al disposto dell’articolo 380 bis, comma 3, c.p.c., ove è previsto che la Corte «quando definisce il giudizio in conformità alla proposta applica il terzo e il quarto comma dell’articolo 96», poiché, appunto, le ragioni della decisione non sono le stesse della proposta, anche se il ricorso è risultato procedibile solo a seguito del deposito della certificazione di conformità della sentenza impugnata, effettuato con la presentazione dell’istanza di decisione. L’articolo 96, sulla “Responsabilità aggravata”, ai commi 3 e 4 prevede: “In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata”. E, “Nei casi previsti dal primo, secondo e terzo comma, il giudice condanna altresì la parte al pagamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad euro 500 e non superiore ad euro 5.000”.

In definitiva per la Prima sezione civile va affermato il seguente principio di diritto: «In tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi ex art. 380 bis c.p.c., ove la relativa proposta attenga alla rilevata improcedibilità del ricorso per mancato deposito della certificazione di conformità del provvedimento impugnato, e l’intimato non si sia difeso con controricorso, il ricorrente può presentare istanza per la decisione della causa e, con essa, depositare la certificazione mancante, svolgendo la proposta l’effetto di sollecitare il contraddittorio sulla presenza di vizi formali del processo ancora sanabili, in piena coerenza con la giurisprudenza della Corte EDU (Corte EDU, Prima Sezione, P. e altri c. Italia, Sentenza del 23 maggio 2024), ma, fissata l’udienza camerale, e intervenuta la sanatoria, non può applicarsi l’ultima proposizione del terzo comma dell’art. 380 bis c.p.c., poiché il giudizio non viene definito in conformità alla proposta».

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