Protezione internazionale: il rigetto della domanda non determina automaticamente la revoca del gratuito patrocinio
Lo stabilisce la Cassazione con l'ordinanza n. 3039/2021 fornendo l'interpretazione dell'articolo 35-bis comma 17 del Dlgs 25/2008
Nelle controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale, il rigetto della domanda «non implica automaticamente la revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, la quale postula, piuttosto, comunque l'accertamento del presupposto della colpa grave nella proposizione dell'azione». Trattasi di valutazione diversa e autonoma rispetto a quella relativa alla fondatezza del merito della domanda. A stabilirlo è la Cassazione con l'ordinanza n. 3039/2021, fornendo l'interpretazione dell'articolo 35-bis comma 17 del Dlgs 25/2008. Il potere del giudice previsto da tale disposizione, aggiunge la Suprema corte, è diverso da quello che il giudice esercita sulla domanda di protezione internazionale: esso «si sostanzia nella revoca ex post della ammissione al beneficio quando, a seguito del giudizio, non risulti provato che la persona ammessa non abbia azionato una pretesa manifestamente infondata», dovendo di ciò dare necessariamente conto in motivazione.
La vicenda
Lo spunto per tali precisazioni viene offerto alla Cassazione dalla vicenda di un uomo richiedente la protezione internazionale, al quale veniva revocata l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato per manifesta infondatezza della domanda, nella specie per non credibilità della vicenda narrata rispetto ai presupposti della istanza di protezione. Per il Tribunale ciò costituiva valida ragione per la revoca dell'ammissione al patrocinio, mentre per il richiedente la revoca non poteva basarsi sul mero rigetto della domanda all'esito del giudizio.
La decisione
La questione giungeva così all'attenzione dei giudici di legittimità, i quali rigettano il ricorso del richiedente, in quanto il Tribunale, con un apprezzamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità, ha ravvisato la manifesta infondatezza della domanda di protezione internazionale e i presupposti per la revoca dell'ammissione al patrocinio, «non nel mero rigetto della pretesa, quanto nella non attinenza della vicenda narrata rispetto ai presupposti della istanza di protezione».
Per la Cassazione, dunque, il giudice di merito ha correttamente applicato l'articolo 35-bis comma 17 del Dlgs 25/2008, "Attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato". Tale disposizione, spiega il Collegio, prevede che nei procedimenti in materia di riconoscimento della protezione internazionale, laddove il ricorrente è ammesso al patrocinio a spese dello Stato, quando il giudice rigetta il ricorso deve motivare non «solo se non revoca» il patrocinio, «intendendosi altrimenti il provvedimento di ammissione automaticamente revocato per il sol fatto che il ricorso sia stato rigettato integralmente». Il giudice deve piuttosto procedere all'accertamento del presupposto della colpa grave nella proposizione della domanda, attraverso una valutazione diversa e autonoma da quella afferente alla fondatezza del merito della domanda. E di tale accertamento il giudice «deve dar conto necessariamente in motivazione».