Penale

Può non essere espulso l'immigrato disabile al 100%

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di Giovani Negri

Può non essere espulso il cittadino extracomunitario colpito da disabilità . Le ragioni del divieto di espulsione indicate nel Testo unico sull’immigrazione non sono infatti tassative e vanno invece lette, come sottolineato anche dalla Corte costituzionale, alla luce della necessità di garantire il diritto alla salute. Lo sostiene la Corte di cassazione con la sentenza n. 38041 della Prima sezione penale depositata ieri. La Corte ha così annullato l’ordinanza del tribunale di sorveglianza di Perugia con la quale era stata respinta l’opposizione della difesa di un cittadino extracomuniario al provvedimento di espulsione. L’uomo è in condizioni di grave disabilità, invalido al 100%, per la perdita di una gamba.

Il Tribunale nel motivare la fondatezza dell’espulsione aveva messo in evidenza come le cause che impediscono l’espuslsione sono assolutamente tassative e, quanto alla rilevanza da dare all’inabilità fisica, questa è presa in considerazione solo con riferimento alle modalità di esecuzione del provvedimento di rimpatrio con l’obiettivo di assicurare la dignità della persona, ma senza che la stessa abbia alcun peso come causa di impedimento con valore assoluto.

Una posizione che non è stata però condivisa dalla Cassazione. Che ha invece fatto notare come la norma del Testo unico (articolo 19 commi 1 e 2 del decreto legislativo n. 286 del 1998) va invece interpretata alla luce di quanto è stato affermato dalla Corte dei diritti dell’uomo e della Consulta. Quest’ultima, in particolare, ha già ricordato (sentenza n. 252 del 2001), per quanto riguarda il diritto alla salute, come la normativa sugli stranieri non esclude, anzi impone, che il provvedimento di espulsione pronunciato nei confronti di un clandestino può non essere eseguito quando dalla sua esecuzione deriva un pregiudizio irreparabile per la salute.

Non ha poi un peso particolare, nella lettura della Corte, il fatto che il diritto alla salute non sia stato in questo caso declinato come classico diritto a ricevere cure urgenti ed essenziali, quanto invece mettendo in evidenza come il ritorno nel Paese di origine, dal quale l’uomo è assente da più di 30 anni, lo priverebbe di qualsiasi sostegno economico, senza la possibilità di usufruire di aiuto da parte di altre persone.

La Corte costituzionale, piuttosto, invita l’autorità giudiziaria a valutare caso per caso, tenendo conto del complesso della disposizioni del Testo unico e, quindi, anche della parte dedicata alla protezione delle categorie vulnerabili.

Corte di cassazione, Prima sezione penale, sentenza 31 luglio 2017, n. 38041

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