Amministrativo

Reiterazione dei vincoli espropriativi tramite il programma triennale delle opere pubbliche: la Corte Costituzionale n. 230, annulla la legge urbanistica della Lombardia

Corte Costituzionale 18 dicembre 2020, n. 230

di Fabio Andrea Bifulco


I. La materia dei vincoli espropriativi (ossia di quelli preordinati all'ablazione del diritto di proprietà, o di altro diritto reale), e di quelli sostanzialmente tali (che, pur non comportando la traslazione del diritto, incidono sul suo godimento in modo sì penetrante da svuotarlo di contenuto), è tra le più feconde di decisioni da parte della Corte Costituzionale.

A fronte di una originaria impostazione normativa che consentiva l'introduzione di vincoli di pressoché illimitata durata temporale, così come pure il loro reitero, senza alcuna motivazione, e, soprattutto, senza indennità, la Corte Costituzionale ha via via affermato:

- esservi una non eludibile alternativa tra la previsione di indennizzo ed quella di un termine di durata massima dell'efficacia del vincolo (cfr. le sentenze n. 55 del 1968, n. 82 del 1982, e n. 344 del 1995);

- che detta doverosa alternativa si pone sia per i vincoli finalizzati all'espropriazione, e sia – come si diceva sopra - per quelli aventi carattere sostanzialmente espropriativo (cfr. le sentenze n. 5 del 1966, n. 141 del 1992, n. 186 del 1993, e n. 379 del 1994);

- che, in caso di reiterazione del vincolo scaduto, la mancata previsione di indennizzo si pone in contrasto con i principi costituzionali ricavabili dall'art. 42, terzo comma, Cost. (cfr. la sentenza n. 179 del 1999).

Il legislatore statale è quindi intervenuto tramite il d.p.r. 327/2001 (t.u. degli espropri).

Fatta preliminare distinzione tra la fase di introduzione del vincolo espropriativo, e quella relativa alla dichiarazione di pubblica utilità, è stato previsto;

- all'art. 9, comma 2, che il vincolo espropriativo ha durata temporalmente limitata, pari a cinque anni;

- al comma 3 del medesimo art. 9, che, decorso tale termine senza che sia dichiarata la pubblica utilità dell'opera, detto vincolo decade, e si applicano le disposizioni di cui all'art. 9, d.p.r. n. 380/2001 (ossia il terreno assume natura di cd "area bianca", non pianificata, con obbligo di procedere a nuova pianificazione);

- all'art. 39, comma 1, che, nel caso di reiterazione del vincolo (preordinato all'esproprio, o sostanzialmente espropriativo), è dovuta al proprietario una indennità, che deve commisurata all'entità del danno effettivamente prodotto.

Risulta quindi evidente, anche per via di quanto previsto dai successivi artt. 12 e 13, che solo la dichiarazione di pubblica utilità impedisce la decadenza del vincolo.

Laddove, secondo l'art. 12, la dichiarazione si intende disposta:

-o con l'approvazione del progetto definitivo dell'opera;

-o quando una espressa previsione di legge attribuisca la stessa valenza all'approvazione di uno strumento urbanistico, anche di settore o attuativo.

II. In questo contesto, si segnala la recente sentenza della Corte Costituzionale 18 dicembre 2020, n. 270/2020 (pubblicata sulla G.U. del 23 dicembre 2020), resa con riguardo all'art. 9, comma 12, l.r. 12/2005 (cd. legge per il governo del territorio).

La norma in parola trova collocazione nell'ambito della disciplina dello strumento generale di pianificazione urbanistica comunale (il piano di Governo del Territorio, P.G.T.), ed, in particolare, di quella sua componente che in Lombardia è il "Piano dei Servizi".

Premesso che il Piano dei Servizi produce effetti giuridicamente vincolanti, e contiene l'individuazione delle aree necessarie per la realizzazione dei servizi pubblici e di interesse pubblico o generale, la norma prevede che detta individuazione importi vincoli espropriativi di durata quinquennale, che decadono ove, entro tale termine, l'intervento cui il vincolo è preordinato, non sia inserito nel programma triennale delle opere pubbliche.

In altri termini semantici (vedi eliminazione della ipotesi negativa "se non"), il vincolo perdura laddove l'opera sia inserita nel programma triennale.
Giova rammentare che detto programma è previsto dall'art. 21 d.lgs, 50/2016 (codice dei contratti), ed è il documento, da aggiornarsi annualmente, in cui le amministrazioni individuano i lavori da avviare nel triennio.

La Corte ha ritenuto la illegittimità sotto un triplice rilievo.

Da un lato, ed in rapporto all'art. 42, terzo comma, Cost., in quanto si determina la protrazione dell'efficacia del vincolo ben oltre la scadenza quinquennale, per un tempo sostanzialmente indefinito.

Dall'altro lato, ed in rapporto all'art 117, terzo comma, Cost, per aver la Regione violato i principi fondamentali come previsti dalla legislazione dello Stato (nella specie, tramite il d.p.r. 327/2001) per quanto attiene alla durata del vincolo, all'onere motivazionale nel caso di reiterazione, e – soprattutto – alla necessità dell'indennizzo,

Infine, la Corte Costituzionale (verosimilmente sempre in rapporto all'art. 117, comma 3, Cost.), ha stigmatizzato l'assenza di garanzie partecipative da parte del privato inciso per quanto concerne il procedimento di formazione del programma triennale.

III. La decisione in commento ha anzitutto un suo immediato e diretto rilievo, importando la automatica decadenza, ex tunc, dei vincoli in tutti quei casi in cui le opere pubbliche, pur introdotte nel programma dei lavori pubblici, non siano state oggetto dichiarazione di pubblica utilità nel termine quinquennale.

Peraltro, la stessa dà il segno della non solo perdurante, ma anche crescente attenzione delle corti di merito remittenti alla materia dei vincoli espropriativi.

Non pochi, difatti, sono i casi in cui il legislatore regionale cerca di rifuggire dalla necessitata alternativa di cui si è detto (durata limitata / indennizzo), al fine di fine perseguire il risultato di un vincolo che sia temporalmente illimitato, ma non generatore dell'obbligo l'indennizzo.
E, tra questi, vi è quello deciso, sempre nei confronti dalla Regione Lombardia, con la sentenza 29 maggio 2013, n. 102, rispetto (parole della stessa Corte) ad una "surrettizia violazione del principio della ragionevole temporaneità delle misure di salvaguardia".

Per rimanere in ambito lombardo, e nel contesto della l.r. 12/2005, ampi sospetti di incostituzionalità sono stati da tempo prospettati con riguardo all'art. 102 bis, secondo il quale le opere infrastrutturali che siano state individuate come prioritarie dal Piano Territoriale di Coordinamento (P.T.R.), generano un "corridoio di salvaguardia urbanistico" che esclude la possibilità di nuove edificazioni, senza limitazioni temporali, né oneri di indennizzo.

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