Comunitario e Internazionale

Responsabilità sociale d’impresa, il contenzioso nella UE tra diritto e strategie processuali

La competenza nelle controversie internazionali

International law systems, justice, human rights and global business education concept with world flags on a school globe and a gavel on a desk on blue background.

di Andrea Atteritano e Giovanni Zarra*

L’esistenza di norme internazionali a protezione di diritti umani fondamentali, tra cui anche quello a un ambiente salubre, garantisce standard minimi di tutela universali, cui gli attori privati – ivi incluse le multinazionali - sono tenuti a uniformarsi, essendo ormai riconosciuta (tra gli altri dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e da alcuni tribunali arbitrali in materia di investimenti) la possibilità di tali norme di generare obblighi in capo a privati.

Atteso lo sviluppo e il consolidamento di tali norme, particolari doveri di vigilanza e reporting sono stati introdotti anche a livello legislativo (specie europeo, ove si segnala da ultimo la Corporate Sustainability Reporting Directive o CSRD, n. 2022/2464), e le false rappresentazioni da parte delle imprese tenute a tale informativa possono essere fonte di responsabilità civile, che le espone al rischio di richieste risarcitorie.

Ma di fronte a quale autorità giudiziaria l’impresa sarebbe chiamata a difendersi?

La questione non è di poco conto, se si considera che a oggi le catene del valore (organizzazioni dell’attività produttiva che poggiano su rapporti tra imprese, a ciascuna delle quali fa capo una parte del processo produttivo) sono distribuite su scala globale. Ed è dunque lecito chiedersi se e quando una multinazionale operante anche in Italia possa essere citata davanti ai nostri giudici, per asserite violazioni di diritti umani occorse all’estero.

Il criterio generale del domicilio del convenuto non sembra derogato da questo tipo di azioni, che potrebbero essere promosse in Italia se la società ha qui una sede (anche secondaria), la sua amministrazione centrale o il proprio centro di attività principale. La prassi in materia (come le azioni avviate in Olanda e Germania contro colossi del settore petrolifero e energetico per eventi occorsi fuori da tali territori) conferma l’assunto.

L’operatività del criterio del domicilio non sembra quindi creare problemi (fatta salva un’eventuale litispendenza), mentre più complicato è il ricorso al criterio del luogo ove si è verificato il danno, essendo, come noto (e nonostante la copiosa giurisprudenza), spesso complicato determinare, ai sensi del regolamento 1215/2012, il luogo dove l’evento dannoso è avvenuto.

Senza entrare nel merito del tema, l’ipotesi che un danno per violazioni commesse all’estero, da una società che non ha domicilio in Italia, si verifichi in territorio italiano, è di difficile realizzazione, ma non impossibile.

A certe condizioni, le corti italiane potrebbero avere giurisdizione su società non presenti in Italia e per illeciti commessi all’estero, se in Italia si verificano i danni direttamente derivanti dalle azioni della società straniera (come potrebbe accadere in presenza di investitori italiani).

Atteso, poi, l’ampliamento del perimetro delle azioni di classe operato negli ultimi anni, è anche possibile che la società straniera sia convenuta in Italia con una class action. Ma anche qui, se nessun tema si pone quando la società ha sede in Italia, la competenza dei tribunali italiani potrebbe venire meno in caso contrario, attesa la lettera dell’art. 840-ter c.p.c. (che parla di competenza esclusiva della sezione specializzata in materia di impresa del luogo ove ha sede la parte resistente), su cui dovrebbe pronunciarsi a breve il Tribunale di Milano.

Si apre quindi il fronte a un ampio contenzioso di carattere strategico (spesso mediatico e/o politico) di cui le imprese devono essere al corrente, prevenendo non solo possibili infrazioni, ma anche il rischio di eventuali azioni strumentali, costose e difficilmente gestibili.

Un’adeguata conoscenza del diritto internazionale privato e processuale è, sul punto, cruciale anche per quanto riguarda il diritto applicabile al merito della controversia (in aggiunta agli standard sovranazionali rilevanti), che varierà – determinando esiti diversi per i contenziosi – in base alle norme di conflitto in vigore nello stato del foro.

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*A cura di Andrea Atteritano, Partner Hogan Lovells e Giovanni Zarra, Senior Associate Hogan Lovells e Professore Ordinario di diritto internazionale all’Università Federico II di Napoli

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