Comunitario e Internazionale

Revisionato anche il diritto internazionale privato per i matrimoni contratti all'estero

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di Mario Finocchiaro

Per adeguare il sistema italiano di diritto internazionale privato al nuovo istituto dell'unione civile tra persone dello stesso sesso, l'articolo 1, comma 28, lettera b) della legge n. 76 del 2016 ha delegato il governo ad adottare uno o più decreti legislativi di “modifica e riordino delle norme in materia di diritto internazionale privato, prevedendo l'applicazione della disciplina dell'unione civile tra persone dello stesso sesso regolata dalle leggi italiane alle coppie formate da persone dello stesso sesso che abbiano contratto all'estero matrimonio, unione civile o altro istituto analogo”.

A tanto il Governo ha provveduto con il decreto legislativo 19 gennaio 2017 n. 7 che ha inserito, nella legge 31 maggio 1995 n. 218, gli articoli 32-bis, 32-ter, 32-quater, e 32-quinquies e sostituito, con altra formulazione l'articolo 45, che disciplina il regime delle obbligazioni alimentari della famiglia.

Gli effetti “italiani” del matrimonio contratto all'estero - Atteso che in altri ordinamenti alla unione tra persone dello stesso sesso viene sempliciter dato il nome di matrimonio, il nuovo articolo 32-bis della legge n. 218 del 1995 precisa che il matrimonio contratto all'estero da cittadini italiani dello stesso sesso produce gli effetti dell'unione civile regolata dalla legge italiana.
Ciò, a nostro avviso, importa:
- da un lato, che tali matrimoni devono essere trascritti, presso lo stato civile italiano non nel registro dei matrimoni, ma in quello delle unioni civili;
- dall'altro, che è irrilevante l'epoca in cui il matrimonio è stato, all'estero, celebrato. Potranno, pertanto, essere trascritti tutti i matrimoni, tra persone dello stesso sesso, conclusi all'estero da cittadini italiani (con altri cittadini o con soggetti aventi una diversa cittadinanza) anche prima del 4 giugno 2016.

Le regole per l'unione di soggetti di differente nazionalità - In caso di matrimonio tra soggetti di differente nazionalità il Capo Quarto della legge n. 218 del 1995 (articoli 26-37), dedicato ai rapporti di famiglia, disciplina, nell'ordine, quanto al matrimonio, la promessa di matrimonio (articolo 26), le condizioni per contrarre matrimonio (articolo 27), la forma del matrimonio (articolo 28), i rapporti personale tra coniugi (articolo 29) e i rapporti patrimoniali tra coniugi (articolo 30).

Diversamente, in caso di unione civile, omesso ogni riferimento alla promessa dell'unione stessa [che quindi, anche ove – per ipotesi - intervenga è priva di qualsiasi rilevanza, come prevede, del resto per il matrimonio l'articolo 79 del Cc, e non produce neppure i limitati effetti di cui agli articoli 80 e 81 del Cc] la disciplina dell'unione civile tra persone maggiorenni dello stesso sesso di diversa nazionalità è contenuta in un solo articolo [articolo 32-ter della legge n. 218].

Quali regole si applicano - Quanto alla capacità e alle condizioni per costituire una unione civile tra persone di diversa nazionalità [articolo 32-ter, comma 1] queste [come per il matrimonio] sono regolate dalla legge nazionale di ciascuna parte al momento della costituzione dell'unione civile.

Peraltro, qualora la legge personale di una delle parti, non ammetta un siffatto istituto è applicabile – comunque – la legge italiana.
Trovano, altresì, in ogni caso, applicazione – trattandosi di disposizioni, ai sensi dell'articolo 17 della stessa legge n. 218, di applicazione necessaria [è fatta salva la prevalenza sulle disposizioni che seguono delle norme italiane che, in considerazione del loro oggetto e del loro scopo, debbono essere applicate nonostante il richiamo alla legge straniera] – le norme contenute nel comma 4 dell'art. 1 della legge n. 76 del 2016, ove sono indicate le cause impeditive della costituzione dell'unione civile [e le eccezionali deroghe a queste, previa autorizzazione del tribunale].
Giusta la puntuale previsione dell'articolo 1, comma 19, della legge n. 76 del 2016 in caso di unione civile tra persone dello stesso sesso trova applicazione [tra gli altri] l'articolo 116, comma 1, del Cc, secondo cui – pertanto – lo straniero che vuole contrarre matrimonio o, unione civile nello Stato deve presentare all'ufficiale di stato civile una dichiarazione della autorità competente del proprio paese, dalla quale risulti che giusta le leggi a cui è sottoposto nulla osta al matrimonio o alla costituzione dell'unione civile.

Consapevole che l'istituto del matrimonio (o della unione civile) tra persone dello stesso sesso non è affatto generalizzato e che in moltissimi Stati stranieri tali unioni non sono riconosciute il legislatore delegato, al comma 2 dell'articolo 32-ter ha espressamente previsto che qualora la produzione del nulla osta sia preclusa in ragione del mancato riconoscimento, secondo la legge dello Stato di cui lo straniero è cittadino, dell'unione civile tra persone dello stesso sesso, o di analogo istituto, il nulla osta è sostituito da un certificato o altro atto comunque idoneo a attestare la libertà di stato, ovvero una dichiarazione sostitutiva ai sensi del Dpr 28 dicembre 2000, n. 445.

In altri termini, il cittadino di uno Stato nel quale non è ammesso il matrimonio tra soggetti dello stesso sesso, o altra analogo istituto, in sostituzione del nulla osta può produrre:
- un certificato o altro documento che attesti il suo “stato libero”;
- o, alternativamente, una dichiarazione sostitutiva ai sensi del Dpr n. 445 del 2000.

La libertà di stato, comunque, può essere dimostrata mediante la produzione di un provvedimento giurisdizionale emesso in Italia e passato in cosa giudicata, o di una sentenza, straniera, riconosciuta in Italia.

Quanto alla forma della costituzione dell'unione civile, il comma 3, dell'articolo 32-ter, riproduce, sostanzialmente, il testo dell'articolo 28 della legge n. 218, in tema di forma del matrimonio.
Si è prevede, infatti, che l'unione civile è valida, quanto alla forma, se è considerata tale dalla legge del luogo di celebrazione o dalla legge nazionale di almeno una delle parti, o dalla legge dello Stato di comune residenza al momento della costituzione.

Il comma 4 dell'articolo 32-ter è dedicato alla legge regolatrice dei rapporti personali e patrimoniali delle parti dell'unione civile.
In linea di massima trova applicazione la legge dello Stato davanti alla cui autorità l'unione è stata costituita.
Peraltro:
- a richiesta di una delle parti il giudice [evidentemente in caso di controversia tra le parti, relativa ai rapporti personali o patrimoniali delle parti stesse] può disporre l'applicazione della legge dello Stato nel quale la vita comune è prevalentemente localizzata;
- è facoltà delle parti convenire che i rapporti patrimoniali siano regolati dalla legge dello Stato di cui almeno una di esse è cittadina o nel quale almeno una di esse risiede.

Il comma 5 dell'art. 32-ter, prescrive, infine, che alle obbligazioni alimentari si applica l'articolo 45.
La precisazione pare totalmente ultronea, tenuto presente, da un lato, che è l'art. 1, comma 19 della legge n 76 del 2016, a prevedere che alle unioni civili tra persone dello stesso sesso si applicano le disposizioni relative agli alimenti, dall'altro che tutta la normativa delle unioni civili fa costantemente richiamo, in caso di crisi dell'unione stessa, alle norme che disciplinano gli obblighi assistenziali e alimentari tra persone coniugate.

Lo scioglimento, nullità e annullamento dell'unione - In tema di scioglimento nonché di nullità o di annullamento dell'unione civile il nuovo articolo 32-quater della legge n. 218 del 1995 dispone che:
- in materia sussiste la giurisdizione italiana oltre che nei casi previsti dagli articoli 3 e 9 della stessa legge n. 218, allorché una delle parti sia cittadina italiana o l'unione è stata costituita in Italia;
- lo scioglimento dell'unione è in ogni caso regolato dalla legge applicabile al divorzio in conformità al regolamento 1259/2010/Ue del consiglio del 20 dicembre 2010, relativo a una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale.

E' irrilevante che il regolamento in questione si applichi (come prescrivere l'articolo 1 dello stesso), in circostanze che comportino un conflitto di leggi, unicamente al divorzio e alla separazione personale, atteso che per espressa scelta legislativa tutte le disposizioni che riguardano la soluzione delle crisi matrimoniali sono applicabili alle unioni civili (come ad esempio, per tutte, gli articoli 3, 4, 5 e seguenti della legge 1° dicembre 1997 n. 898, che reca la disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio [art. 1, commi 23 e 25 della legge n. 76 del 2016]).

Gli effetti dell'unione tra cittadini italiani costituita all'estero - Da ultimo, il nuovo articolo 32-quinquies della legge n .218, con la rubrica “unione civile costituita all'estero tra cittadini italiani dello stesso sesso”, prescrive che l'unione civile, o altro istituto analogo, costituiti all'estero tra cittadini italiani dello stato sesso abitualmente residenti in Italia produce gli effetti dell'unione civile regolata dalla legge italiana.

La disposizione suscita perplessità. Innanzitutto per la sua collocazione.
La stessa, infatti, a mio avviso, doveva essere inserita nel precedente articolo 32-bis.
Il matrimonio all'estero di cittadini italiani, infatti, è non solo – come già osservato sopra – quello tra un cittadino e un non cittadino, entrambi residenti abitualmente all'estero, ma anche quello di cittadini normalmente residenti in Italia.
In secondo luogo ritengo, per mio conto, che il cittadino qualora costituisca, all'estero [con un altro cittadino o con un non cittadino] una unione civile o altro istituto analogo in base alla lex loci sia comunque tenuto alla osservanza dei precetti di cui alla legge n. 76 del 2016, sia che risieda – abitualmente – in Italia [come prescrive la disposizione in commento], sia che la vita familiare si svolga, normalmente, all'estero.
Diversamente argomentando si perviene alla [singolare] conclusione che il cittadino che contrae matrimonio in uno Stato che prevede la poligamia, se abitualmente risiede in quello Stato, può contemporaneamente essere unito in matrimonio a una pluralità di donne, il che mi pare – al momento – da escludere.
Conclusivamente, se produce gli effetti dell'unione civile regolata dalla legge italiana un matrimonio tra persone dello stesso sesso celebrato all'estero, a maggior ragione produce gli stessi effetti una unione civile, tra persone dello stesso sesso costituita in Italia una unione civile all'estero, anche se la lex loci produce effetti diversi da quelli che nascono dalla applicazione della legge italiana.

La questione delle obbligazioni alimentari - Nella sua formulazione originaria l'articolo 45 della legge n. 218 disponeva che le obbligazioni alimentari nella famiglia sono in ogni caso regolate dalla Convenzione dell'Aja del 2 ottobre 1973 sulla legge applicabile alle obbligazioni alimentari, resa esecutiva con la legge 24 ottobre 1980 n. 745.
Per effetto dell'articolo 1, lettera b) del decreto in commento l'articolo è così formulato: le obbligazioni alimentari nella famiglia, sono regolate dalla legge designata dal regolamento 2009/4/Ce del Consiglio del 18 dicembre 2008 relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e alla esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari, e successive modificazioni.

È palese che la legge n. 76 del 2016 è stata l'occasio legis per rinnovare l'articolo 45 [e per precisare che le controversie alimentari hanno la propria disciplina nel regolamento 2009/4/CE, e non più nella Convenzione dell'Aja 2 ottobre 1973], senza che abbia alcuna rilevanza la circostanza che è stato introdotto, in Italia, l'istituto della unione civile tra persone dello stesso sesso.
In altri termini il regolamento 2009/4/Ce regola [come anche regolava in precedenza nonostante il mancato adeguamento dell'articolo 45 della legge n. 218 del 1995] le obbligazioni alimentari nella famiglia, a prescindere dalle modalità di costituzione della famiglia.
Quindi, atteso – giusta la puntuale previsione di cui all'articolo 1, comma 19 della legge n. 76 del 2016 - che all'unione civile tra persone dello stesso sesso si applicano le disposizioni del titolo XIII del libro primo del codice civile [in tema di alimenti] è palese che la applicabilità alle relative controversie, in caso di unione civile tra persone di diversa nazionalità del regolamento 2009/4/CE deriva, prima ancora che dall'ultimo comma del nuovo art. 32-ter legge n. 218 [in tema di unione civile tra persone maggiorenni dello stesso sesso “alle obbligazioni alimentari si applica l'art. 45”] dal ricordato comma 19, (piuttosto che dal nuovo art. 45 della legge n. 218, che si limita a dettare disposizioni in tema di obbligazioni alimentari).

La clausola di invarianza finanziaria - Anche per questo decreto (come per quello n. 5/2017 in tema di revisione dello stato civile) è previsto – da ultimo – che dalla sua attuazione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Dlgs 19 gennaio 2017 n. 7

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