Civile

Riforma Cartabia, il nuovo giudizio in Cassazione

La Riforma Cartabia ha apportato diverse modifiche sia agli articoli contenuti nelle due sezioni del capo dedicato dal codice di procedura civile al ricorso per cassazione sia alle rispettive disposizioni di attuazione

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di Valeria Cianciolo



L'anticipazione prevista dalla Legge di Bilancio 2023 ha imposto dal primo gennaio 2023, l'entrata in vigore delle disposizioni concernenti il giudizio per cassazione (con l'eccezione dell' art. 397 c.p.c.), a seguito dell'approvazione del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149.

La Riforma Cartabia ha apportato diverse modifiche sia agli articoli contenuti nelle due sezioni del capo dedicato dal codice di procedura civile al ricorso per cassazione sia alle rispettive disposizioni di attuazione.

Qui di seguito si proverà a sintetizzare sinteticamente le operazioni di ingegneria giuridica operate dalla Riforma.

1. In vista dell' introduzione in cassazione del processo telematico, è stato modificato l'art. 369 c.p.c., che nella precedente stesura statuiva che il ricorso dovesse essere depositato nella cancelleria della corte, a pena di improcedibilità. L'adeguamento al deposito telematico obbligatorio degli atti di parte, ha fatto venir meno il riferimento al deposito in cancelleria.

Sono stati abrogati i commi 2 e 4 dell'art. 366 c.p.c. che facevano riferimento rispettivamente all'elezione di domicilio fisico in Roma e alle comunicazioni di cancelleria e notificazioni tra avvocati.

Oggi, il ricorso introduttivo e il controricorso non devono contenere l'elezione del domicilio fisico, essendo previsto solo quello digitale, mentre le comunicazioni di cancelleria e le notificazioni tra avvocati devono avvenire via pec. Di conseguenza, sono stati abrogati gli artt. 134, 134-bis, 135, 137, 139 e 140 disp. att. perché incompatibili con la disciplina sul processo civile telematico in cassazione.

Abolito il cosiddetto filtro d'appello prima disciplinato dagli artt. 348- bis e 348- ter c.p.c.: adesso, quanto previsto dai commi 4 e 5 dell'art. 348- ter c.p.c., è stato trasfuso nel quarto comma dell'art. 360 c.p.c.. e quindi, l'inammissibilità segue solo se la sentenza di secondo grado confermi integralmente quella di primo grado.

Coordinandosi con la riformulazione dell'art. 37 c.p.c. (come dice la Relazione illustrativa "parallelamente alla modifica lessicale apportata all'art. 37, con l'introduzione della specifica considerazione del giudice amministrativo accanto all'ordinario e ai giudici speciali"), si è modificato l'art. 362 c.p.c., disponendo che possono essere impugnate con ricorso per cassazione, le decisioni d'appello o in unico grado "del giudice amministrativo o" di un giudice speciale (1 comma) e che possono essere denunciati i conflitti tra giudici speciali "o tra giudice amministrativo e giudice speciale" (2 comma).

2. "Novità di assoluto rilievo" (in questi termini parla la relazione del Primo Presidente della Corte di cassazione alla inaugurazione dell'anno giudiziario 2022 che può essere letta sul sito della Corte, www.cortedicassazione.it), è il rinvio pregiudiziale che trova la sua disciplina nell'art. 363- bis c.p.c. (v. anche l'art. 137-ter disp. att.) che ha un suo omologo nell'istituto francese della saisine pour avis: il giudice di merito può disporre, con ordinanza (che deve indicare le diverse interpretazioni possibili e non cercare un mero avallo interpretativo) e sentite le parti, il rinvio pregiudiziale degli atti alla Corte di cassazione per la risoluzione di una questione, esclusivamente di diritto, necessaria alla definizione, anche parziale, del giudizio.

Altro novello istituto, introdotto sulle indicazioni offerte dalla Corte costituzionale (cfr. Corte cost., Sent., 26 maggio 2017, n. 123) e con quanto previsto dalla gran parte dei paesi parte del Consiglio d'Europa in relazione alla possibile riapertura dei processi civili, al fine di assicurare una concreta restitutio in integrum, è la revocazione per contrarietà alla Convenzione EDU di cui all'art. 391- quater c.p.c. (v. anche l'introdotto secondo comma dell'art. 397 c.p.c.), che consente in relazione alla violazione di un "diritto di stato della persona", la riapertura del processo.

La legge delega prevedeva che la legittimazione attiva a promuovere l'azione di revocazione spettasse alle parti del processo svoltosi innanzi alla Corte EDU, ai loro eredi o aventi causa, nonché al pubblico ministero. Tale limitazione soggettiva, quanto alle parti private, non è stata riproposta, pertanto, sembra che tutte le parti del processo definito dalla pronuncia impugnata siano legittimate, accanto al Procuratore generale presso la Corte di cassazione (art. 397 c.p.c.), a proporre l'azione di revocazione.

Il termine finale per il suo esperimento è quello di sessanta giorni decorrenti dalla comunicazione o, in mancanza, dalla pubblicazione della sentenza della Corte.

3. Viene recepita anche nel processo civile, la regola della chiarezza e sinteticità degli atti già presente, come principio regolatore e non come criterio redazionale, nel processo amministrativo (secondo l'art. 3, comma 2, del relativo codice "il giudice e le parti redigono gli atti in maniera chiara e sintetica"). Il legislatore delegato è intervenuto sull'art. 366 c.p.c., prescrivendo:

- al n. 3 "la chiara esposizione dei fatti della causa essenziali alla illustrazione dei motivi di ricorso" (prima invece, si leggeva: dell'"esposizione sommaria dei fatti della causa"),

- al n. 4 "la chiara e sintetica esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione, con l'indicazione delle norme di diritto su cui si fondano" (prima invece, si leggeva: "motivi per i quali si chiede la cassazione, con l'indicazione delle norme di diritto su cui si fondano"),

-al n. 6 "la specifica indicazione, per ciascuno dei motivi, degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il motivo si fonda e l'illustrazione del contenuto rilevante degli stessi" (prima invece, si leggeva: della "specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda").

Tali modifiche tengono conto del principio di autosufficienza del ricorso che rimane solo come corollario del requisito della specificità dei motivi di impugnazione: il ricorso non deve riportare tutto, ma solo ciò che serve in relazione alle censure. Basti ricordare comunque il Protocollo del 2015 tra il Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione e il Presidente del Consiglio Nazionale Forense, che ha espressamente escluso un onere di trascrizione integrale di atti richiamati e ha ritenuto rispettati i canoni ove ciascun motivo corrisponda a criteri di specificità.

4. E' stato eliminato l'onere gravante sul controricorrente che intenda contraddire, di notificare il controricorso e l'eventuale ricorso incidentale, incombenti "non più necessari una volta che tali atti, depositati telematicamente – con termine fissato in quaranta giorni dalla notificazione del ricorso – e quindi inseriti nel fascicolo informatico, si rendono, per l'appunto, consultabili dalle altre parti" (qui occorre guardare alle modifiche apportate agli artt. 370, 371 e 372 c.p.c.) come pure è stato abrogato l'ultimo comma dell'art. 369 c.p.c., che disponeva l'onere per il ricorrente di chiedere alla cancelleria del giudice la trasmissione del fascicolo d'ufficio, prevedendo che sia la cancelleria della Corte di cassazione ad acquisire direttamente il fascicolo d'ufficio tenuto dalla cancelleria del giudice che ha reso il provvedimento impugnato. Infatti, in base al nuovo art. 137- bis disp. att. c.p.c. "Il cancelliere della corte, entro sessanta giorni dal deposito del ricorso, acquisisce il fascicolo d'ufficio dalla cancelleria del giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato. Nello stesso modo procede nei casi previsti dagli articoli 41, 47, 362 e 363-bis del codice."

5. La pluralità di riti prima esistenti (procedimento per i ricorsi assegnati alle sezioni unite, in pubblica udienza o in camera di consiglio; il procedimento per la decisione, in camera di consiglio, dei ricorsi inammissibili ovvero manifestamente infondati o ancora manifestamente fondati; il procedimento in camera di consiglio per la generalità dei ricorsi assegnati alla sezione semplice; il procedimento con trattazione in pubblica udienza dei ricorsi aventi a oggetto una questione di diritto di particolare rilevanza; il procedimento per la decisione sulle istanze di regolamento di giurisdizione e di competenza), vengono meno nel senso che i riti camerali vengono aggregati sotto la previsione di un unico "procedimento per la decisione in camera di consiglio" con una disciplina contenuta all'art. 380-bis.1 c.p.c. che muta la rubrica (da procedimento per la decisione in camera di consiglio dinanzi alla sezione semplice diventa procedimento per la decisione in camera di consiglio), riferita sia alla sezione semplice che alle sezioni unite.

La pubblica udienza rimane relegata alla decisione delle questioni di diritto "di particolare rilevanza", prevedendosi espressamente che in quella sede possano essere decisi anche i regolamenti di giurisdizione e di competenza (in linea con quanto afferma la relazione illustrativa, secondo la quale, la prevista trattazione in udienza pubblica dei regolamenti di competenza e giurisdizione è giustificata dalla possibile particolare rilevanza della questione di diritto con essi veicolata).

6. E' stata soppressa la sesta sezione (di cui al combinato disposto degli articoli 376 – 380-bis c.p.c.) e il relativo procedimento e introdotto un rito nuovo, "accelerato" rispetto all'ordinario procedimento camerale, per la definizione dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati. Il regime legale, come già quello precedente, prevede espressamente la sanzione dell'inammissibilità del ricorso, ma non chiarisce se la stessa consegua per la mancanza dei requisiti fondamentali del ricorso, oppure anche per le violazioni più lievi;

All'esito dell'esame dei ricorsi, esame che avviene presso ciascuna sezione, secondo il novellato art. 380- bis c.p.c. è previsto che, il presidente della medesima o un suo delegato formulino una proposta "sintetica" di definizione del giudizio, ove sia appunto ravvisata l'inammissibilità, l'improcedibilità ovvero la manifesta infondatezza del ricorso principale e di quello incidentale eventualmente proposto. La proposta è comunicata ai difensori delle parti: il 1 comma non dice su chi gravi l'onere della comunicazione della proposta, ma sembra che debba avvenire ad opera della cancelleria.

In buona sostanza, è previsto che il singolo Presidente o il consigliere da lui delegato, se ravvisi uno dei possibili suddetti esiti, lo comunichi alle parti lasciando loro la possibilità di optare per la richiesta di una camera di consiglio ovvero per la rinuncia al ricorso, alternativa quest'ultima, incentivata mediante: l'espressa previsione della definizione del giudizio in conformità con l' art. 96, 3 e 4 comma, c.p.c. in caso di decisione conforme alla proposta di definizione accelerata e, per altro verso, l'espressa esclusione dall'obbligo di pagamento del doppio del contributo unificato dovuto a titolo sanzionatorio.

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