Civile

Risarcimento danni, la mediazione esonera dalla negoziazione assistita

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di Marco Marinaro

L’esperimento della mediazione, in luogo del procedimento di negoziazione assistita - anche se in una ipotesi non assoggettata a mediazione obbligatoria - risponde alla finalità della normativa in tema di negoziazione assistita perché tende ad assicurare l’espletamento di un tentativo di definizione stragiudiziale della controversia con modalità più stringenti e, almeno in ipotesi, più efficaci rispetto a quello prescritto dal legislatore. Sono le conclusioni cui perviene il Tribunale di Torre Annunziata (giudice Blasi) con la sentenza del 23 marzo 2018 in una causa avviata per la richiesta di un risarcimento del danno di importo inferiore a 50mila euro e, quindi, assoggettata per legge al preventivo esperimento della negoziazione assistita dagli avvocati quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

Il caso
Nella vicenda esaminata, il convenuto ha eccepito il mancato esperimento della negoziazione assistita. Il giudice ha quindi assegnato alle parti il termine di 15 giorni per avviare la negoziazione assistita. All’udienza successiva, l’attore ha provato di avere svolto di un tentativo di mediazione e il giudice ha concesso i termini istruttori, nel corso dei quali l’attore ha anche invitato il convenuto alla negoziazione assistita.

Ma dato che il convenuto ha di nuovo proposto l’eccezione di improcedibilità per il mancato tempestivo esperimento della negoziazione assistita, il Tribunale si è pronunciato per valutare se si possa considerare assolta la condizione di procedibilità se si esegue il tentativo di mediazione anziché la negoziazione assistita obbligatoria.

La decisione
Il giudice muove dalla considerazione che i due istituti sono entrambi finalizzati alla risoluzione delle controversie in via stragiudiziale e precisa che la mediazione, «prevedendo l’intervento di un soggetto terzo estraneo alle parti in lite e dotato del potere di sottoporre alle parti una proposta conciliativa, risulta maggiormente articolato rispetto a quello di negoziazione assistita e non totalmente demandato all’autonomia negoziale delle parti».

Peraltro, l’ordinanza riprende l’orientamento già espresso dal Tribunale di Verona in due pronunce con le quali aveva chiarito che quando si sovrappongono gli ambiti di operatività dei due procedimenti a prevalere è la mediazione rispetto alla negoziazione assistita. Mentre con riferimento ad altre procedure obbligatorie di conciliazione, il legislatore sceglie di non attribuire maggiore importanza all’una o all’altra, stabilendo che esse convivano (Tribunale di Verona, 23 dicembre 2015 e 12 maggio 2016).

Infine, il Tribunale richiama i principi espressi dalla Suprema Corte (sentenza 24629/2015) secondo cui la mediazione obbligatoria, mira - per così dire - a rendere il processo la extrema ratio: cioè l’ultima possibilità dopo che le altre sono risultate precluse. In questa prospettiva la normativa in tema di modalità alternative di definizione delle liti «deve essere interpretata alla luce della funzione deflattiva di tali istituti e del principio della ragionevole durata del processo» e, quindi, «non può ritenersi conforme alla funzione della negoziazione assistita un’interpretazione esclusivamente formalistica dell’istituto, che non tenga conto del tentativo comunque espletato dalla parte attrice di addivenire a una definizione stragiudiziale della controversia utilizzando un procedimento previsto dalla legge e ritenuto dal legislatore prevalente rispetto a quello di negoziazione assistita».

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