Civile

Se manca la fornitura può scattare la diffida ad adempiere all’azienda

Quando l’inadempimento persiste è possibile risolvere l’accordo

immagine non disponibile

di Gianluca Sardo

Ma se le norme sulle forniture di contenuti e servizi digitali non vengono rispettate, quali sono i rimedi che il consumatore può azionare? Le nuove disposizioni contenute nel Codice del consumo (decreto legislativo 206/2005), introdotte dal decreto legislativo 173/2021 che ha recepito la direttiva Ue 2019/770, offrono strumenti diversi, differenziandone il contenuto in funzione della tipologia di inadempimento del professionista.

In caso di mancata fornitura, innanzitutto, l’articolo 135-septiesdecies, comma 1, del Codice del consumo, prevede una ipotesi speciale di “diffida ad adempiere” a favore del consumatore, stabilendo che quest’ultimo può “invitare” il professionista a fornire quanto stabilito nel contratto. In caso di inadempimento persistente del professionista «entro un termine congruo oppure entro un ulteriore termine espressamente concordato dalle parti, il consumatore ha il diritto di risolvere il contratto».

Tuttavia, se «il professionista ha dichiarato, o risulta altrettanto chiaramente dalle circostanze, che non fornirà il contenuto digitale o il servizio digitale», «il consumatore ha il diritto di risolvere immediatamente il contratto», dunque senza dover “invitare” preventivamente il professionista ad adempiere. Una disposizione, quest’ultima, che sembra introdurre nell’ordinamento un’ipotesi di anticipatory breach, rimedio tipico dei sistemi di common law.

In caso di difetto di conformità del contenuto e del servizio digitale, il consumatore può avere diritto al ripristino della conformità, alla riduzione del prezzo o alla risoluzione del contratto. La scelta tra i tre rimedi, tuttavia non è rimessa al consumatore, ma è per così dire vincolata alle condizioni applicative fissate dall’articolo 135-octiesdecies.

Le norme prevedono peraltro un sistema di limitazione della responsabilità del professionista, collegato a un termine di prescrizione per il consumatore. Il professionista è infatti responsabile “solamente” per i difetti di conformità che si manifestano entro due anni a decorrere dal momento della fornitura (articolo 135-quaterdecies, comma 3). D’altro canto, l’azione diretta a far valere i difetti sussistenti al momento della fornitura ovvero emersi nel corso della fornitura “continuativa”, non dolosamente occultati dal professionista, si prescrive nel termine di 26 mesi dal momento della singola fornitura «ove risultino evidenti entro tale termine», ovvero dall’ultimo atto di fornitura, in caso di contratto di durata (articolo 135-quaterdecies, comma 4).

Infine, l’articolo 135-sexiesdecies pone a carico del professionista l’onere di provare la conformità al contratto del contenuto e del servizio digitale. Il consumatore è peraltro tenuto a “collaborare” con il professionista «per quanto ragionevolmente possibile e necessario al fine di accertare se la causa del difetto di conformità del contenuto digitale o del servizio digitale (…) risieda nell’ambiente digitale del consumatore». La “sanzione” per la eventuale mancata collaborazione è l’inversione dell’onere della prova sul consumatore circa l’esistenza del difetto di conformità.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©