Social vietati agli under 15, in Italia sono quattro le proposte di legge in Parlamento
Intanto il Parlamento australiano ha approvato il divieto dei social media per i ragazzi sotto i 16 anni, è la prima legge in questo senso a livello mondiale
Vietare ai minori di 15 anni o 16 anni l’uso dei social media. Se ne discute sia alla Camera che al Senato dove sono state presentate ben 4 proposte di legge, di cui una bipartisan (Ac 1217, Richetti; Ac 1771 Sportiello; Ac 1800 Bonelli; 1863 Madia). Secondo uno studio della Università Cattolica e del Ministero del Made In Italy il 53% dei ragazzi dai 13 anni in su, sui social, ha avuto esperienze “negative gravi e ripetute” ed ha visto “contenuti inadatti”. Il Ministero della Salute stima che nei ragazzi tra gli 11 e i 15 anni l’uso “problematico” dei social si attesta intorno al 10% con picchi del 20% per le ragazze tredicenni, le quali per il 18% sono anche state vittime di cyberbullismo. E i genitori cosa fanno? Secondo il Journal of Pediatrics pubblicano un mare di foto dei figli, circa 300 immagini ogni anno. Siamo al punto che in Europa prima il 73% dei bambini sotto i due anni ha già una qualche presenza online.
Intanto il Parlamento australiano ha approvato il divieto dei social media per i ragazzi sotto i 16 anni, si tratta della prima legge in questo senso a livello mondiale. Le piattaforme tra cui TikTok, Facebook, Snapchat, Reddit, X e Instagram sono passibili di multe fino a 50 milioni di dollari australiani (33 milioni di dollari) per fallimenti sistemici nell’impedire ai bambini di detenere account. La legge è passata al Senato con 34 voti favorevoli e 19 contrari; ed alla Camera a stragrande maggioranza con 102 voti favorevoli e 13 contrari. Un sondaggio condotto da YouGov ha mostrato che il 77% degli australiani sostiene il divieto per gli under 16. Le piattaforme avranno un anno di tempo per capire come implementare il divieto prima che vengano applicate le sanzioni. Meta Platforms, proprietaria di Facebook e Instagram, ha affermato che la legislazione è stata “affrettata”.
“Possiamo farlo anche noi”, commentano Simona Malpezzi, vicepresidente della bicamerale infanzia e adolescenza e firmataria della pdl e Marianna Madia, componente della bicamerale. “Velocizziamo il Ddl bipartisan già incardinato al senato a prima firma Mennuni, Malpezzi e Madia e sottoscritto da altri gruppi parlamentari. È arrivato il momento di riconoscere un problema e cominciare ad occuparsene”.
Le cose si muovono anche in altri paesi. Negli Stati Uniti, a New York e in Florida, c’è stato un giro di vite nell’uso da parte dei minori; in Spagna il governo ha presentato a giugno un progetto di legge per vietarne l’accesso ai minori di 16 anni. Ugualmente in Francia. La Cina dal 2021, richiede una l’identificazione tramite carta di identità. Ed i minori di 14 anni non possono trascorrere più di 40 minuti al giorno su Douyin, la versione cinese di TikTok; e il tempo di gioco online per bambini e adolescenti è limitato.
Nella giornata di ieri alla Camera ieri si è tenuto un convegno dal titolo “Smartphone e minori. I rischi e le prospettive”, con l’intervento anche dei firmatari della Pdl bipartisan, la n. 1863 (Simona Malpezzi, Pd; Lavinia Mennuni, FdI; Andrea Quartini, M5s). Per Donatella Fiore, psichiatra supervisore della Società italiana terapia comportamentale cognitiva: “Il problema è quello dell’età, non quello della tecnologia. Come non facciamo guidare l’auto ai bambini, allo stesso modo la società deve tutelare le persone più deboli con apposite norme. Oggi fra il 10% e il 20% dei più piccoli hanno problemi di salute mentale”. Il professor Stefano Tomelleri, presidente dell’Associazione italiana sociologia, ha affermato: “Oggi si utilizza lo smartphone come mediatore di riconoscimento sociale. Gli effetti sono quelli di minor benessere, minori prestazioni scolastiche e accademiche”. Mentre Claudia Di Pasquale, presidente AGE Associazione italiana genitori, mette in guardia: “Serve render chiari i rischi dell’uso dei dispositivi, oltre a prevedere un divieto serve una comunicazione chiara e diffusa”. E il questore della Camera Filippo Scerra, promotore dell’incontro, ricorda: “A maggio ho presentato la mia proposta di legge che pone un divieto di utilizzo dei dispositivi digitali per i minori fino a 3 anni, e ne chiede una regolamentazione e limitazione per i minori da 3 a 12. Adesso spero che il suo iter possa procedere spedito sempre con un approccio costruttivo e di confronto con le altre forze politiche”.
Più nel dettaglio la Pdl Mennuni (n. 1863) pone l’accento sugli obblighi di identificazione dei minori che vengono posti a carico delle piattaforme. L’età del cd. “consenso digitale”, necessario anche per iscriversi ai social, infatti, è già fissato a 14 anni dall’articolo 2-quinquies del Dlgs n. 101 del 2018 che ha recepito il Regolamento Ue 2016/679 (il cd. GDPR). La Pdl n. 1771, a prima firma Sportiello, propone di innalzare l’età a 16 anni. Ma non è presidiato adeguatamente da norme che impongano controlli effettivi e sanzionino le eventuali elusioni.
L’articolo 2 pone dunque l’obbligo di verifica sulle società, mentre le modalità tecniche e le procedure da seguire saranno definite dall’Agcom, sentito il Garante privacy, in modo da assicurare un livello di sicurezza adeguato al rischio e la minimizzazione dei dati personali.
L’articolo 3 invece sancisce la nullità dei contratti stipulati dagli under 15, con conseguente illiceità del trattamento dei dati personali. Saranno i fornitori di servizi a dover provare che i contratti siano stati conclusi con minori over 15.
L’articolo 5 poi regola la diffusione di immagini di under 15 autorizzate dai genitori, affermando che qualora il reddito prodotto superi i 12mila euro annui, sia necessaria l’autorizzazione della Direzione provinciale del lavoro – che potrà anche introdurre delle prescrizioni (limiti temporali, misure di tutela ecc.) - ed i genitori, o comunque gli esercenti la patria potestà, non potranno utilizzarli se non in casi eccezionali e previa autorizzazione giudiziaria. I guadagni inoltre dovranno essere versati direttamente su un conto corrente intestato al minore.
L’articolo 6 infine prevede l’attivazione istantanea di un canale di comunicazione vocale e testuale con il numero di emergenza per l’infanzia “114”, nonché la previsione che ai relativi oneri provvedano le big tech con un contributo dello 0,035 del fatturato.