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Spunti di riflessione sulla Legge Delega Fiscale

Tra i vari princìpi introdotti vi è quello del carattere personale e progressivo dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e la sua applicazione al reddito complessivo.La progressività del tributo è assicurata da una scala di aliquote crescenti per scaglioni di reddito in modo da rapportare il carico fiscale alla capacità contributiva.

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di Alessandro Pinci*

Il Governo entro i prossimi diciotto mesi emanerà uno o più decreti legislativi per la revisione del sistema fiscale.

Uno degli elementi cardine dell'attuale sistema tributario, la progressività, dovrà trovare completa conferma nella riforma.

Com'è noto, il sistema tributario italiano è stato radicalmente riformato negli anni 1973 e 1974 in base alla delega legislativa al Governo, in base alla legge 9 ottobre 1971 n. 825, al fine di soddisfare le varie esigenze di razionalizzazione, modernizzazione e armonizzazione con la normativa comunitaria europea.

Tra i vari princìpi introdotti vi è quello del carattere personale e progressivo dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e la sua applicazione al reddito complessivo.La progressività del tributo è assicurata da una scala di aliquote crescenti per scaglioni di reddito in modo da rapportare il carico fiscale alla capacità contributiva.

La progressività riguarda le imposte dirette personali. L'art. 53 della Costituzione stabilisce infatti che "il sistema tributario è informato a criteri di progressività".Questo concetto, a ben vedere, si baserebbe sull'opera globale delle imposte nei riguardi dei singoli e dei gruppi economici e serve come orientamento nelle ripartizioni delle imposte.

Il secondo comma dell'art. 53 della Costituzione richiama il concetto solidaristico cui risulta ispirato il dovere di tutti di concorrere alla spesa pubblica in ragione della propria capacità contributiva e nel contempo tende a realizzare, nella materia tributaria, il principio dell'uguaglianza sancito nel secondo comma dell'art. 3 della Costituzione.

La progressività deriva anche da uno scopo ridistributivo della ricchezza in virtù del quale il più ricco paga più imposte del povero e il molto ricco più del moderatamente ricco.Negli anni successivi alla riforma sopra citata abbiamo assistito però ad un progressivo abbandono del prelievo basato su una struttura unica progressiva per dar spazio a forme miste.Questo ha comportato una elevata concentrazione del prelievo tributario su alcune categorie di reddito: emerge tra tutte quella del lavoro dipendente che è arrivato a pesare circa l'80% del reddito complessivo che viene dichiarato in Italia.

Le diverse modalità di tassazione di altre categorie reddituali, prime fra tutte quelle derivanti dal possesso di attività finanziarie, ha comportato l'accrescimento del fenomeno prima accennato nonché l'introduzione di regimi di tassazione separata che hanno minato l'equità dell'imposta stessa.

Questi brevi note ci fanno comprendere il perché della necessità della riforma del sistema fiscale che dovrà quindi orientarsi verso una maggiore equità e progressività.Com'è noto il sistema fiscale italiano è fondamentalmente "duale" anche se non compiutamente, in quanto alcune categorie reddituali, di capitali e immobiliari, continuano a soggiacere alla formazione del reddito complessivo e perché è assente qualsiasi tentativo di tassare separatamente il reddito da lavoro.

La legge delega all'art. 3 (Revisione del sistema di imposizione personale dei redditi) prevede, tra l'altro, la necessità di una progressiva e tendenziale evoluzione del sistema verso un modello compiutamente duale.Prima di analizzare più in dettaglio le indicazioni contenute nel documento del CDM, è forse utile, per chi meno pratico della materia, una breve disamina del significato di modello "duale".

Nei Paesi nordici il sistema fiscale distingue tra redditi di lavoro e redditi di capitale. I redditi di lavoro sono tassati in maniera progressiva mentre quelli di capitale in maniera proporzionale. Dal punto di vista dell'equità orizzontale complessiva la separazione non implica che l'imposta progressiva e quelle sostitutive possano essere indipendenti nel loro funzionamento, ma dovrebbe essere previsto un bilanciamento del prelievo nelle due forme.

L'attuale modello di tassazione dei redditi in Italia non è totalmente conforme al sistema duale e tra i vari motivi va segnalata la discordanza tra l'aliquota proporzionale con cui vengono tassati i redditi di capitale (26%) rispetto alla prima aliquota dello scaglione Irpef (23%) e a quella applicata alle società (24%). Il sistema duale puro infatti prevede che i redditi di capitale siano assoggettati alla stessa aliquota applicata per l'imposta sulle società e a quella applicata al primo scaglione Irpef.

In questa direzione quindi vuole dirigersi la legge delega al fine di applicare la medesima aliquota proporzionale di tassazione per i redditi di capitale anche al mercato immobiliare e ai redditi derivanti dall'impiego di capitali nel lavoro autonomo e nell'impresa da soggetti diversi da quelli a cui si applica l'Ires.

È pertanto possibile che la riforma possa individuare nell'attuale aliquota applicabile ai redditi di capitale (26%) quella da applicare altresì alle rendite immobiliari e ai redditi di capitale impiegato nelle attività di lavoro autonomo e di impresa per i soggetti non Ires ovvero, in alternativa, utilizzare l'attuale aliquota del primo scaglione Irpef pari al 23% quale aliquota base.

Si profilano tuttavia difficoltà di non facile soluzione nell'individuare la componente di capitale impiegato nel lavoro autonomo così come di quello impiegato in una impresa non soggetta all'Ires in quanto parliamo di soggetti con forme di contabilità anche piuttosto semplificate o addirittura assenti.

Da ultimo un breve passaggio al tema, oggetto di forte contrarietà da parte di una forza politica attualmente al Governo, relativo alla delega contenuta nell'art. 7 che prevede la modernizzazione degli strumenti di mappatura degli immobili e revisione del catasto fabbricati.

In particolare, è il comma 2 quello da cui scaturiscono le maggiori perplessità poiché in tale parte si richiede di prevedere meccanismi di adeguamento periodico dei valori patrimoniali e delle rendite delle unità immobiliari urbane in relazione alla modificazione delle condizioni del mercato di riferimento e comunque non al di sopra del valore di mercato.Alla lettera d) di tale secondo comma è previsto poi che le informazioni rilevate secondo i principi di cui sopra non siano utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi la cui applicazione si fonda sulle risultanze catastali.

Questa affermazione lascia qualche perplessità e dubbio. Da una parte, infatti, la proposta di delega prevede la necessità di adottare oltre all'attuale rendita catastale anche una rendita attualizzata in base ai valori normali espressi dal mercato, e dall'altra però si afferma che la base imponibile si fonderà sulle risultanze catastali. Il dubbio nasce dal fatto che non si specifica quali risultanze catastali saranno considerate ai fini della tassazione: quelle attuali, non rivalutate, ovvero quelle attualizzate in base alla rivalutazione? È di tutta evidenza che se si facesse riferimento alle rendite attualizzate in base ai valori di mercato inevitabilmente si genererebbe un incremento della base imponibile posto che i valori di mercato rispetto alle rendite sono significativamente superiori.

L'affermazione fatta dal presidente del Consiglio circa l'invariabilità della base imponibile dovrebbe far propendere per la prima interpretazione. Ma viene logico chiedersi allora il motivo di tanto lavoro se poi non comporta alcuna variazione del gettito; un chiarimento sarebbe opportuno.

*a cura del dott. Alessandro Pinci, partner di Legalitax Studio Legale e Tributario 

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