S.r.l. agricola, nullità del trasferimento di partecipazioni per violazione dei limiti imposti dall’oggetto sociale
Al vaglio della recente giurisprudenza di merito i limiti imposti all’oggetto sociale dall’art. 2135 c.c. ed in particolare, la legittimità ed i vincoli relativi al procedimento di acquisto di partecipazioni in società operanti in settori differenti rispetto a quello agricolo
Il contratto di trasferimento di partecipazioni stipulato tra un’acquirente S.r.l. agricola ed una società cedente che esercita attività commerciale, segnatamente la produzione di energia fotovoltaica, deve ritenersi nullo ex artt. 1418, c. 1 c.c. e 2479, c. 2 e c. 5 c.c., in assenza apposita delibera autorizzativa da parte dell’assemblea dei soci ( Trib. Milano, Sez. spec. imprese, 5 maggio 2021, n. 3736 ).
L’acquisto di aziende operanti nelle agro energie o di partecipazioni delle stesse da parte di S.r.l agricole tradizionali, deve essere concluso seguendo una serie di cautele procedurali derivanti dalle peculiarità e dai rigidi vincoli imposti dall’art. 2135 c.c..
Le società agricole ai sensi dell’art. 1, c. 1093, L. 296/2006, ivi incluse le società a responsabilità limitata, hanno facoltà di optare per la determinazione del reddito su base catastale ex art. 32 Tuir, rispetto al più oneroso regime ordinario.
Il beneficio fiscale è correlato al riconoscimento dello status di società agricola ex art. 2, c.1, D.Lgs. n. 99/2004, il quale postula ai sensi dell’ art. 2135 c.c., la previsione nell’oggetto sociale dell’esercizio esclusivo dell’agricoltura o di un’attività agricola connessa, nonché la presenza della dicitura “ società agricola ” nella denominazione sociale.
Il principio di esclusività ed il conseguente regime fiscale di vantaggio non viene meno qualora la società agricola conceda in comodato, locazione o affitto, fabbricati (abitativi o strumentali) e terreni agricoli, purché i ricavi derivanti da tali attività strumentali non superino il 10% dei ricavi complessivi, tratti dall’attività strettamente agricola.
Un ulteriore limite è rappresentato dal rispetto della condizione per cui, l’ammontare degli eventuali dividendi percepiti dalla società non ecceda il reddito ricavato dall’attività agricola principale.
La mancanza di tipicità dell’elencazione ex 2, c. 1, D.Lgs. n. 99/2004 consente di conservare la qualifica di società agricola anche in caso di possesso di partecipazioni in altre società benché non agricole, all’interno dei termini di marginalità e strumentalità indicati (C.T.P. Forlì, 9 maggio 2022, n. 95; C.T.P. Forlì, 15 aprile 2019, n. 116).
Sotto il profilo civilistico, i limiti imposti all’oggetto sociale dall’art. 2135 c.c. ed in particolare, la legittimità ed i vincoli relativi al procedimento di acquisto di partecipazioni in società operanti in settori differenti rispetto a quello agricolo, sono passati al vaglio della recente giurisprudenza di merito (Trib. Milano, Sez. spec. imprese, 5 maggio 2021, n. 373).
La vicenda in oggetto si sviluppa a partire dall’inadempimento da parte dell’acquirente, una S.r.l. agricola di diritto italiano, di un contratto di compravendita della totalità delle partecipazioni di una società cedente di diritto rumeno, impegnata nel settore commerciale delle agro energie e proprietaria di impianti fotovoltaici, a sua volta posseduta da due società di diritto italiano,.
La società target rumena agiva in via monitoria per ottenere il soddisfacimento del proprio credito al pagamento della penale da ritardo, per l’ipotesi in concreto verificatasi, in cui la S.r.l. agricola acquirente, per una qualsiasi ragione, non avesse tempestivamente concluso il contratto di trasferimento delle quote. Con atto di citazione, avverso tale decreto proponeva rituale opposizione la S.r.l. agricola italiana, deducendo per quanto rileva ai fini del presente contributo, un’eccezione di nullità del contratto di cessione di partecipazioni per violazione dell’art. 2479, c. 2, n. 5 c.c..
Secondo la tesi prospettata dall’opponente, l’acquisto delle partecipazioni della società rumena avrebbe sostanzialmente trasformato l’attività della cessionaria italiana da agricola in commerciale, determinando una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale che, ai sensi della norma citata, deve ritenersi una decisione riservata all’assemblea dei soci. Nel caso di specie infatti, l’accordo veniva concluso dall’amministratore della S.r.l. italiana senza alcun coinvolgimento dei soci stessi (Trib. Milano, Sez. spec. imprese, 5 maggio 2021, n. 373, cit.).
Il Tribunale ha proceduto alla verifica della sussistenza dell’eccezione di nullità sostenuta dall’acquirente italiana, a partire dal concetto di oggetto sociale. Secondo l’art. 2247 c.c., questo elemento rappresenta il programma economico della società, l’attività che i soci concordemente decidono di esercitare per ricavarne un profitto.
La corrispondenza tra l’oggetto sociale dichiarato e l’attività in concreto posta in essere è posta a tutela dei terzi dei soci e della società stessa (Trib. Piacenza, 14 marzo 2016, n. 140). Il mutamento dell’oggetto sociale non può conseguire sic et simpliciter alla variazione quantitativa o qualitativa delle partecipazioni detenute, esigendo l’accertamento in concreto del rapporto esistente tra partecipante e partecipata, nonché l’analisi la natura dell’attività in concreto svolta dall’ una e dall’altra (Cass. civ., 06/06/2003, n. 9100).
Nella vicenda ha assunto altresì rilievo la distinzione tra il compimento da parte degli amministratori di un atto meramente eccedente l’oggetto sociale ed il perfezionamento di un atto idoneo ad alterare in modo sostanziale l’oggetto sociale stesso (ex plurimis Trib. Milano, Sez. spec. imprese, 5 maggio 2021, n. 373, cit.; Trib. Roma, Sez. spec. imprese, 3 agosto 2018; Trib. Milano, Sez. spec. imprese, 24 giugno 2013; Trib. Milano, Sez. spec. imprese, 4 dicembre 2012; Trib. Roma, 28 aprile 2011).
Nel primo caso, gli atti estranei all’oggetto sociale, non comportano una mutazione permanente del settore di attività ed il grado di rischio dell’investimento, la società è pertanto vincolata all’atto compiuto dagli amministratori. In tale ipotesi non trova applicazione la disciplina generale sulla rappresentanza ex artt. 1398 c.c. e 1399 c.c. e neppure può essere utilmente richiamato l’art. 2475-bis, c. 2 c.c. che prevede una deroga al precetto dell’inefficacia del contratto concluso dal falsus procurator .
Tale soluzione tutela l’affidamento del terzo, salvo che si provi che lo stesso abbia volontariamente agito a danno della società (c.d. exceptio doli ). L’inopponibilità del potere rappresentativo e di gestione degli amministratori rispetto ai terzi è circoscritta agli accordi previsti nelle disposizioni statutarie o inclusi nella delibera di nomina, non operando per le limitazioni che discendono direttamente dalla legge.
Nella seconda ipotesi, come avvenuto nel caso concreto, si è realizzato il caso più grave, in cui gli amministratori hanno adottato una decisione, in assenza di deliberazione dei soci, violando il limite legale al proprio potere di rappresentanza ed integrando un abuso dello stesso, sempre opponibile ai terzi, senza che rilevi lo stato soggettivo degli stessi.
La fattispecie è disciplinata dall’art. 2479, c. 2 c.c., che nelle società a responsabilità limitata individua determinate materie sottratte potere di gestione degli amministratori e devolute alla competenza esclusiva dell’assemblea dei soci.
In particolare, l’art. 2479, c. 2, n. 5, c.c. subordina all’approvazione dei soci le decisioni da cui discenda una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale previsto nell’atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti dei soci medesimi. Tale ultimo concetto deve essere inteso come modificazione di fatto dell’oggetto sociale, conseguente ad operazioni materialmente poste in essere, prescindendo dall’adozione di una formale delibera assembleare di variazione della clausola statutaria (Trib. Milano, Sez. spec. imprese, 5 maggio 2021, n. 373, cit.).
La ratio della norma è identificabile nella tutela dei soci rispetto ad operazioni che, seppur aventi carattere gestorio, sono adeguate a provocare una trasformazione sostanziale della struttura e dell’attività dell’impresa, mutando le condizioni dell’investimento ed il livello di rischio della stessa.
Per accertare l’avvenuta modificazione di fatto dell’oggetto sociale, il Tribunale ha valutato l’incidenza sullo stesso della struttura complessiva dell’operazione e le caratteristiche delle parti contraenti. Nella decisione sono stati ritenuti dirimenti, aspetti concernenti il profilo qualitativo del trasferimento, desunti dall’attività risultante rispetto a quella precedentemente svolta dall’acquirente ed aspetti meramente quantitativi, quali l’ammontare dello sforzo sul piano economico-finanziario e patrimoniale sopportato dalla S.r.l. italiana.
Occorre premettere come l’oggetto sociale della acquirente agricola contemplasse, coerentemente con l’art. 2135, c. 3, c.c., la possibilità di acquistare direttamente o indirettamente partecipazioni in altre società finalizzate al mero investimento, unicamente in via occasionale, non prevalente e comunque strumentale al raggiungimento dell’oggetto sociale stesso.
Il trasferimento della totalità del capitale sociale della società target rumena avrebbe comportato per la cessionaria italiana, l’integrale assunzione del rischio dell’investimento e di gestione relativi alla società partecipata. La misura della partecipazione infatti, avrebbe fatto sorgere il capo all’acquirente una presunzione di esercizio di attività di direzione e coordinamento, ai sensi dell’art. 2497-sexies c.c..
La cessionaria italiana, divenuta società controllante, contabilmente avrebbe dovuto scrivere a bilancio le partecipazioni acquistate come immobilizzazioni finanziarie, in ossequio al criterio del costo storico, esponendosi al rischio della loro svalutazione, correlato all’andamento economico dell’attività svolta dalla società controllata.
Il rischio connesso all’investimento, afferente il corrispettivo per le partecipazioni e per la gestione corrente della società acquistata, è emerso dal confronto tra i bilanci delle società contraenti nell’anno di conclusione del contratto di trasferimento delle quote. La dimensione del parco fotovoltaico situato in Romania avrebbe consentito alla S.r.l. italiana acquirente, di sviluppare un volume di affari pari al triplo rispetto quello ricavato dalla sola attività agricola preesistente.
La difformità tra il settore commerciale di produzione di energia da fonti fotovoltaiche in cui operava la società target e l’esercizio di attività esclusivamente agricola dell’acquirente italiana, avrebbe implicato l’assunzione di un notevole impegno gestionale a carico di quest’ultima.
La sentenza del Tribunale di Milano, ha affermato che per accertare la connessione ex art. 2135, c. 3 c.c. tra l’attività svolta dalla società cedente rispetto e l’attività svolta dalla cessionaria e la conseguente legittimità dell’operazione, non può essere utilmente richiamata la circ. 32/E del 2009.
Il consolidato orientamento della Suprema Corte ha stabilito che le circolari non assurgono al rango di fonti del diritto con efficacia vincolante nei confronti di soggetti privati (ex plurimis Cass. civ., 10/03/2017, n. 6185; Cass. civ., 05/03/2014, n. 5137). In forza del citato principio, non possono essere riconosciuti effetti sul piano civilistico alla circolare de qua, finalizzata ad agevolare, tramite incentivi, l’attività agro energetica.
L’aspetto fiscale e quello civilistico operano su piani distinti ed autonomi, dovendosi pertanto escludere l’attività di produzione di energia da fonti fotovoltaiche, seppur ritenuta fiscalmente connessa, possa qualificarsi tale anche ai sensi dell’ art. 2135, c. 3 c.c.. Peraltro, nel caso concreto, non sussistono neppure i presupposti richiesti per definire le differenti attività svolte dalle rispettive società tra loro fiscalmente connesse: la strumentalità tra le attività svolte e la prevalenza del volume d’affari dell’attività agricola rispetto a quello prodotto dall’impianto fotovoltaico della società venditrice.
Il requisito relativo alla strumentalità materiale e funzionale non può dirsi rispettato poiché l’energia fotovoltaica veniva prodotta dalla società target con impianti fisicamente situati in Romania, mentre la società acquirente operava materialmente nel settore agricolo in Italia, dove aveva la propria sede.
Neppure può dirsi soddisfatto l’ulteriore requisito afferente alla prevalenza del volume d’affari sviluppato dall’attività agricola, poiché come detto, nell’anno di conclusione del contratto il parco fotovoltaico avrebbe assicurato la produzione di un volume d’affari pari a circa il triplo dei ricavi dichiarati dalla S.r.l. agricola.
Alla luce dei principi di diritto richiamati e delle circostanze di fatto emerse, la titolarità e la gestione di un parco fotovoltaico in Romania è stata ritenuta estranea all’attività strettamente agricola svolta dall’acquirente italiana. Il trasferimento di quote quindi, avrebbe determinato una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale (Trib. Milano, Sez. spec. imprese, 5 maggio 2021, n. 373, cit.).
L’esercizio da parte degli amministratori della competenza funzionale riservata ad altro organo assembleare ha trasceso un limite legale ai poteri di rappresentanza degli stessi, sempre opponibile ai terzi, indipendentemente dal loro atteggiamento soggettivo. Tale condotta degli amministratori è riconducibile nell’alveo dei negozi contrari a norme imperative ed inderogabili, come tale nullo e non, come sostenuto da altra giurisprudenza di merito semplicemente annullabile (Trib. Piacenza, 14 marzo 2016, n. 140; Cass. civ., 07/03/2001, n. 3272). Sebbene la violazione dell’art. 2479, c. 2, n. 5 c.c. non preveda espressamente il rimedio della nullità, tale carenza è colmata dall’a rt. 1418, c. 1 c.c. , che rappresenta un principio generale dell’ordinamento la cui ratio è disciplinare i casi in cui alla violazione di norme imperative non sia sanzionato con una specifica previsione di nullità.
Sulla scorta dei medesimi principi di diritto, è stato ritenuto specularmente che, anche la cessione dell’unica azienda e talora l’affitto della stessa, non preceduta da un’apposita deliberazione assembleare dei soci, debba ritenersi nulla ex artt. 2479, c. 2, n. 5 c.c. e 1418, c. 1 c.c. (Trib. Piacenza, 14 marzo 2016, n. 140; Trib. Bergamo, 19 marzo 2015; Trib. Roma, 28 aprile 2011).
Le operazioni citate infatti, determinano la trasformazione della natura dell’impresa cedente da produttiva in finanziaria, originando una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale incluso nell’atto costitutivo e comunque, una rilevante modificazione dei diritti dei soci.
Per completezza si segnala un orientamento più restrittivo, che circoscrive la possibilità di dichiarare la nullità del contratto concluso dall’amministratore di società a responsabilità limitata in difetto di decisione dei soci ex artt. 2479, comma 2, n. 5, c.c. e 1418, c. 1 c.c., esclusivamente nella circostanza in cui l’ordinamento venga leso in uno dei suoi valori essenziali, come l’ordine pubblico ed il buon costume (Trib. Napoli, Sez. spec. imprese, 23 luglio 2019).
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*A cura A cura di Alessandro Buroni, Avvocato, Dottore Commercialista e Revisore Legale, School University Foundation