Tempestività dell’impugnazione via Pec, serve la prova della ricezione
Per la Cassazione, sentenza n. 20074 depositata oggi, non è sufficiente la prova della data di inoltro entro i termini, serve anche quella della effettiva ricezione
Ai fini della tempestività dell’impugnazione, la prova della data di ricezione della Pec è quella risultante dall’annotazione e dall’attestazione di cancelleria. In assenza di tali annotazioni o attestazioni, è onere del difensore produrre in giudizio l’originale informatico del messaggio, sottoscritto digitalmente dal gestore del sistema, attestante l’avvenuto recapito dell’atto nella casella del destinatario. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 20074 depositata oggi, dichiarando inammissibile il ricorso contro una ordinanza di conferma di un sequestro preventivo di denaro.
Il Tribunale di Milano aveva dichiarato inammissibile, perché tardiva, la richiesta di riesame di un provvedimento di sequestro preventivo. Nel ricorso in Cassazione, l’imputato ha sostenuto la tempestività della richiesta di riesame. L’invio telematico infatti, ricostruisce la parte, non era avvenuto il 20/07/2024, come sembrerebbe attestare il timbro apposto dal funzionario della cancelleria, ma il 19/07/2024, alle ore 23,48. E dunque entro il termine di dieci giorni dalla data di notifica dell’ordinanza impugnata, avvenuta il 09/07/2024.
La Terza sezione penale osserva che sull’originale dell’atto scaricato dalla cancelleria risulta apposto il timbro “Pervenuto” con la data del 20 luglio 2024. E che il ricorrente ha allegato la stampa della ricevuta di invio della pec il 19 luglio alle 23,48 all’indirizzo depositoattipenali5.tribunaIe.milano@giustiziacert.it, “senza tuttavia allegare al ricorso anche la stampa della «ricevuta di avvenuta consegna», dalla quale poteva evincersi che il messaggio di posta elettronica era stato effettivamente consegnato al destinatario il 19 luglio 2024.
Del resto, prosegue la Corte, il ricorrente non ha neppure allegato la copia dell’annotazione di deposito di atti mediante invio con Pec (art. 87 bis comma 2 Dlgs n. 150/2022) dal personale di segreteria e di cancelleria degli uffici giudiziari, da cui sarebbe potuta eventualmente risultare una data di ricezione diversa da quella apposta con il timbro sull’atto.
Dunque, afferma la Suprema corte, qualora manchi l’annotazione della cancelleria, per valutare la tempestività del ricorso, il ricorrente non ha altra strada che allegare la stampa del messaggio di invio dell’atto mediante posta elettronica e la stampa della «ricevuta di avvenuta consegna» del messaggio, documento dal quale si evince che l’atto non solo è stato inviato, ma è stato anche ricevuto dalla casella di posta del destinatario entro i termini.
Tornando al casa concreto, la documentazione agli atti “non consente di verificare se effettivamente l’istanza sia stata non solo inviata ma anche recapitata nella casella del destinatario in data 19 luglio 2024, poco prima della mezzanotte, e quindi tempestivamente”. E il timbro apposto a margine dell’atto di riesame, in assenza di prova contraria, “esplica piena efficacia probatoria ai fini della valutazione della data della ricezione dell’impugnazione”. Pertanto, conclude la decisione, correttamente il giudice a quo l’ha ritenuta tardiva.
FOCUS Dlgs 231/2001
Rubrica di aggiornamento periodico sulla responsabilità amministrativa delle società e degli enti