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Transizione energetica e partenariato pubblico-privato

Negli anni più recenti, infatti, l'utilizzo delle fonti rinnovabili è stato favorito dalla forte riduzione dei costi delle tecnologie di produzione che sono ormai mature e, in alcuni casi, può arrivare anche all'80% rispetto solo a un decennio fa, rendendo così le fonti rinnovabili competitive rispetto alle fonti tradizionali.

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di Stefania Gorgoglione e Lisa Grossi *


Il Paese vive un momento cruciale nella transizione energetica e, cioè, nel passaggio dall'utilizzo di fonti energetiche non rinnovabili alla produzione di energia da fonti rinnovabili: tale passaggio è parte della più estesa transizione verso economie sostenibili che incentivino l'uso di energie rinnovabili e l'adozione di tecniche di risparmio energetico.

Da uno studio condotto nell'ottobre 2019 da Cassa Depositi e Prestiti sul tema della generazione energetica, risulta che la produzione di energia è ancora in prevalenza appannaggio delle fonti fossili tradizionali, arrivando a superare l'80% della totalità dell'energia prodotta. Va però detto che, grazie allo sviluppo tecnologico, stiamo assistendo a un progressivo miglioramento e a una sempre maggiore efficienza delle metodologie di produzione di energia da fonti rinnovabili, tanto da ridurne in modo considerevole i costi.

Negli anni più recenti, infatti, l'utilizzo delle fonti rinnovabili è stato favorito dalla forte riduzione dei costi delle tecnologie di produzione che sono ormai mature e, in alcuni casi, può arrivare anche all'80% rispetto solo a un decennio fa, rendendo così le fonti rinnovabili competitive rispetto alle fonti tradizionali.

Rispetto alla produzione di energia da fonti non fossili, non va però dimenticato che, contrariamente a quanto si possa comunemente pensare, non tutte le fonti rinnovabili sono inesauribili o, comunque, non sono esenti da criticità anche dal punto di vista ambientale. Si pensi al consumo di suolo o alle biomasse che a un determinato livello di sfruttamento non sono "infinite". In aggiunta a quanto sopra, la produzione di energia da determinate fonti non è facilmente programmabile: si pensi alle radiazioni solari (non tutti i giorni splende il sole) o al vento che non soffia costantemente e con la stessa intensità nelle diverse zone geografiche. Queste criticità, tuttavia, sono destinate a essere mitigate grazie allo sviluppo di nuove tecnologie produttive (o anche dall'implementazione di tecniche per immagazzinare l'energia prodotta) in grado di rendere sempre più efficiente la produzione.

Come noto, in tempi recentissimi anche a causa della crisi pandemica da Covid-19, il tema è oggetto di rinnovata attenzione e di forte accelerazione a livello delle istituzioni, nazionali e comunitarie. In Italia, è stato recentemente istituito il Ministero della transizione ecologica (MITE), che ha sostituito – integrandole – le competenze del Ministero dell'ambiente.
È dunque una fase complessa ma al contempo ricca di opportunità.

E' fondamentale comprendere come affrontare questa sfida e in che modo la relazione tra pubblico e privato possa fornire un contributo per vincerla e porsi quale motore di questa epocale trasformazione.

Il meccanismo classico dell'appalto pubblico rimane lo strumento principale.

Tuttavia, a fianco di tale meccanismo vi sono, coerentemente con la normativa vigente, ulteriori interessanti forme di collaborazione e, dunque, di sinergia tra pubblico e privato quali il partenariato pubblico-privato previsto dal D. Lgs. 18 aprile 2016 n. 50, recante il "Codice dei Contratti Pubblici", che ha recepito alcune direttive comunitarie del 2014.

Il partenariato pubblico - privato (PPP) è il contratto a titolo oneroso con il quale, a seguito di una procedura di gara a evidenza pubblica, una stazione appaltante conferisce a un operatore economico privato - per un periodo determinato in funzione della durata dell'ammortamento dell'investimento delle modalità di finanziamento fissate - un complesso di attività consistenti nella realizzazione, trasformazione, manutenzione e gestione operativa di un'opera in cambio della sua disponibilità, o del suo sfruttamento economico, o della fornitura di un servizio connesso all'utilizzo dell'opera stessa.

Il modello del PPP, oltre a essere regolamentato e disciplinato dal Codice dei Contratti Pubblici, è stato oggetto delle Linee Guida ANAC n. 8 del 2018 recanti "Monitoraggio delle amministrazioni aggiudicatrici sull'attività dell'operatore economico nei contratti di partenariato pubblico privato" nonché della delibera della stessa ANAC 22 dicembre 2020, n. 1116 che, unitamente alla Determina del Ministero dell'Economia e delle Finanze n. 1 del 5 gennaio 2021, ha approvato lo schema di Contratto di concessione per la progettazione, costruzione e gestione di opere pubbliche a diretto utilizzo della Pubblica amministrazione, da realizzare in partenariato pubblico privato.

Il fatto che il PPP sia istituto dal carattere "certamente strategico per il settore pubblico e con indubbie ricadute positive anche sulla collettività" è stato peraltro ancora di recente sottolineato dalla stessa ANAC nella delibera n. 219 adottata nell'adunanza del 16 marzo 2021 contenente le risultanze dell'attività di analisi svolta sul PPP medesimo.
Il PPP rappresenta dunque uno strumento che consente al partner pubblico di finanziare progetti di investimento e valorizzazione del patrimonio pubblico "off balance", vale a dire con l'utilizzo di capitali privati e dunque senza impattare sul bilancio del soggetto pubblico.

In questa tipologia di collaborazione tra pubblico e privato è, infatti, il soggetto privato, che finanzia il progetto, a curare le opere, garantendo elevata qualità e massima efficienza, tempi e costi certi di realizzazione, recuperando l'investimento tramite la gestione pluriennale degli interventi effettuati e l'erogazione dei relativi servizi tramite il riconoscimento di un canone (soltanto) a fronte della corretta esecuzione della gestione secondo gli elevati standard qualitativi previsti.

Come prescrive il Codice dei Contratti e come ricordato dall'ANAC negli interventi più sopra citati, l'operazione di PPP deve essere caratterizzata da un corretto bilanciamento del rischio sia nella fase costruttiva sia in quella gestionale. Nello specifico è il soggetto privato che deve assumersi i rischi operativi e finanziari del progetto, impegnandosi a recuperare i capitali unicamente attraverso i benefici che gli investimenti saranno in grado di generare nel corso della durata del contratto e soltanto qualora la sua gestione sia performante.

I rischi assunti dal privato trovano un limite nell'equilibrio economico- finanziario nel senso che, come affermato anche dalla giurisprudenza amministrativa, se durante la durata del rapporto, si verificano apprezzabili alterazioni nell'equilibrio economico finanziario del rapporto, la stessa concessionaria potrà, qualora tali variazioni dipendano da eventi straordinari e imprevedibili, richiedere poi la correzione dello squilibrio mediante la revisione del Piano Economico Finanziario, "documento che per sua natura esprime, anche dinamicamente, la sintesi e la matrice economico-finanziaria del rapporto concessorio assicurandone la costante sostenibilità e redditività" (in tal senso, Tar Lazio, Sez. II, 3 dicembre 2020 n. 12966 e Cons. Stato, Sez. V, 20 luglio 2020 n. 4636.

Nel contesto appena descritto, il partenariato pubblico-privato si configura indubbiamente come un importante strumento a disposizione dei soggetti pubblici per dare il proprio contributo a vincere la moderna sfida della transizione energetica. Tale forma di collaborazione tra soggetti pubblici e privati permette di creare partnership strategiche, con lo scopo di realizzare opere utili alla collettività - in termini di sicurezza, comfort, riduzione di emissioni, risparmi economici, efficienza energetica e automazione - attraverso il finanziamento del partner privato il quale, oltre alle risorse finanziarie, mette a disposizione del pubblico le proprie competenze, il proprio know how e le più moderne tecnologie presenti sul mercato.

A tale ultimo proposito, un esempio di applicazione in un settore tipicamente pubblico come quello dell'igiene urbana può essere individuato nella termovalorizzazione con recupero energetico dei rifiuti, ma anche - e soprattutto - ad altre forme di recupero di biomasse, ivi compresa la FORSU (cioè la frazione organica dei rifiuti solidi urbani), con produzione di compost e/o di biometano. Il biometano possiede la caratteristica di essere equiparabile al gas metano e quindi poter essere immesso nella rete di distribuzione esistente, contribuendo così – tramite l'utilizzo di una fonte rinnovabile – alla riduzione delle emissioni nocive. A seconda delle dimensioni del singolo impianto, il biometano derivante dal recupero della FORSU può contribuire ai fabbisogni di una popolazione numericamente rilevante, finanche a rimpiazzare la fonte tradizionale.

Quest'ultimo esempio rappresenta certamente un modello di economia circolare unito alla capacità di produzione di energia senza consumo di fonti di energia primarie. In una fase iniziale, non si potrà arrivare a una completa e totale economia circolare che possa "reggersi" in maniera autonoma, tanto da poter fare totalmente a meno del consumo di risorse; questo però è un concreto auspicio che costituisce l'obiettivo a cui ormai tutte le politiche internazionali si stanno indirizzando e, di recente, in maniera concreta anche il nostro Paese, supportato dalle risorse messe a disposizione dall'Europa con i fondi del Next generation EU, tradotte in modo tangibile nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

Il PNRR si articola in sei missioni - ciascuna con una dotazione finanziaria specifica - e sedici componenti; la seconda di queste missioni riguarda il tema oggetto del presente lavoro e si intitola "Rivoluzione verde e transizione ecologica" composta da quattro componenti (tra le quali, la componente C2 riguarda la transizione energetica e la mobilità sostenibile) a cui sono complessivamente assegnati 59,33 miliardi di euro. La transizione ecologica rappresenta, all'interno del Piano, uno dei tre assi strategici e comprende, tra le altre iniziative (come, tipicamente, quelle relative all'economia circolare con il miglioramento, ad esempio, della gestione dei rifiuti), programmi di investimento e ricerca per le fonti rinnovabili di energia, per lo sviluppo dell'idrogeno e la mobilità sostenibile, nonché per l'efficientamento energetico del patrimonio immobiliare pubblico e privato.
Riguardo al tema specifico più sopra accennato di applicazione concreta del PPP, per lo sviluppo del biometano il PNRR ha stanziato 1,92 miliardi di euro con l'obiettivo dichiarato di incrementare la quota di biometano di oltre 2 miliardi di metri cubi.

La sfida è notevole anche in considerazione del fatto che tutti gli interventi delineati nel PNRR devono essere completati entro il 2026.


*A cura di Stefania Gorgoglione (Avvocato in Milano e Presidente di una società partecipata operante nel settore dell'igiene urbana) e di Lisa Grossi (Avvocato in Torino, esperta di contratti pubblici)

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