Penale

Il sequestro dello smartphone “copiato” e restituito giustifica l’istanza di riesame

Sussiste l’interesse di chi subisce la misura reale, anche se già tornato in possesso del dispositivo, a verificare la base legale della sua applicazione e la legittimità dei tempi e dei modi della copia forense

di Paola Rossi

Non viene meno l’interesse a impugnare, a fini del suo riesame, la misura cautelare di sequestro probatorio che abbia colpito lo smartphone già restituito dopo l’effettuazione della copia forense di tutti i dati in esso contenuti. Infatti, anche una volta che l’avente diritto sia ritornato in possesso del dispositivo fisico, egli ha comunque diritto a far accertare che, non solo la misura sia stata applicata legittimamente, ma che la scelta di acquisire in modo onnicomprensivo i dati sia essa stessa proporzionata.

Come afferma la Cassazione penale - con la sentenza n. 17312/2024 - la proporzionalità della misura cautelare va motivata compiutamente dal giudice in termini di proporzionalità e adeguatezza anche quando sia reale cioè incidente sul diritto di proprietà e non solo quando limiti la libertà personale dell’indagato a essa sottoposto.

Inoltre, è principio consolidato anche in base alle norme convenzionali in materia di diritti umani che non solo la decisione di disporre la misura limitativa della proprietà deve fondarsi sulla base legale della necessità di perseguire l’interesse pubblico, ma anche la sua esecuzione e durata devono rispondere ai medesimi criteri di adeguatezza e proporzionalità. Criteri che devono essere comprensibili all’indagato attraverso adeguata motivazione del provvedimento con cui si applica, ad esempio, il sequestro probatorio o impeditivo che sia.

Lo smartphone copiato

In particolare la Cassazione in questo caso può affrontare l’entità e i tempi di trattamento dei dati telefonici o informatici e soprattutto data la delicatezza e il carattere personalissimo di essi vanno ampiamente illustrati - per quanto sia possibile - le finalità del sequestro e i criteri di selezione delle informazioni in esso rinvenute o ricercate. Quando tale individuazione anticipata non sia possibile essa va comunque esplicitata in quanto non è consentito acquisire i dati in maniera onnicomprensiva con finalità meramente esplorativa.

Infine, anche il tempo di trattenimento dei dati al fine di analizzarli non può essere concepita ad libitum proprio per il suo aspetto invasivo nell’altrui sfera personale. Ciò è ulteriore conferma dell’interesse a domandare il riesame della misura cautelare che colpisce lo smartphone. La Cassazione indica, infatti, come necessaria l’attività organizzativa che il pubblico ministero deve mettere in atto al fine di predisporre il lavoro investigativo in modo che si svolga nel minor tempo possibile.

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