Penale

Pena sostitutiva, sì alla richiesta in udienza ma va motivata

Lo ha chiarito la Quinta Sezione penale, con la sentenza n. 17152 depositata oggi, dichiarando inammissibile il ricorso di un uomo condannato per furto

di Francesco Machina Grifeo

Se la Riforma Cartabia è sopravvenuta alla proposizione dell’appello, la richiesta di applicazione di una pena sostitutiva può (in forza della norma transitoria) essere avanzata anche in sede di discussione, e dunque anche se non presente tra i motivi di impugnazione. Tuttavia, non è sufficiente addurre che né il reato né la pena (entro i quattro anni) sono ostativi al riconoscimento per ottenere un pronunciamento, perché si tratta di elementi che da soli non esauriscono i presupposti per decidere sull’applicazione della pena sostitutiva. Lo ha chiarito la Quinta Sezione penale, con la sentenza n. 17152 depositata oggi, dichiarando inammissibile il ricorso di un uomo condannato per furto.

Il ricorrente ha lamentato che nonostante l’espressa richiesta avanzata in udienza dal difensore, la Corte di merito aveva omesso qualsivoglia motivazione al riguardo, nonostante il titolo di reato e la pena detentiva irrogata non fossero ostativi alla chiesta sostituzione, limitandosi invece a rideterminare la pena dopo aver applicato il vincolo della continuazione rispetto a un precedente reato già giudicato dal Gip.

La Suprema corte nel giudicare inammissibile il motivo afferma che va condiviso il principio secondo cui, «in tema di pene sostitutive, ai sensi della disciplina transitoria contenuta nell’art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. riforma Cartabia), affinché il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi in merito all’applicabilità o meno delle nuove pene sostitutive delle pene detentive brevi di cui all’art. 20-bis cod. pen., è necessaria una richiesta in tal senso dell’imputato, da formulare non necessariamente con l’atto di gravame, ma che deve comunque intervenire, al più tardi, nel corso dell’udienza di discussione in appello» (33027/2023).

Così, tornando al caso concreto, prosegue la decisione, è vero che il difensore ha tempestivamente presentato richiesta di applicazione della pena sostitutiva e che la Corte di merito ha deliberato “senza pronunciarsi in alcun modo su di essa, bensì argomentando soltanto in relazione al motivo di appello (che ha accolto), volto ad ottenere il riconoscimento della continuazione tra il reato oggetto del presente procedimento ed altro già giudicato”, tuttavia il ricorso presentato è “del tutto generico” e come tale inammissibile.

Secondo l’art. 545-bis cod. proc. pen. (nel testo introdotto dal Dlgs 150/2022 e anteriore alla modifica disposta dall’art. 2 Dlgs 19 marzo 2024, n. 31, sopravvenuto alla deliberazione della sentenza e in vigore dal 4 aprile 2024), quando - come nella specie - «è stata applicata una pena detentiva non superiore a quattro anni e non è stata ordinata la sospensione condizionale» il giudice, subito dopo la lettura del dispositivo, dà avviso alle parti» non in ogni caso, bensì «se ricorrono le condizioni per sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all’articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689». Il ricorrente però “non ha neppure prospettato che nella specie si fosse dedotto - con una specifica e motivata richiesta - che ricorressero le condizioni per sostituire la pena detentiva (che neppure constano, per vero, dal verbale di udienza richiamato dalla difesa), limitandosi ad addurre che né il titolo di reato né la misura della pena sarebbero ostative, profili che tuttavia non esauriscono il vaglio dei presupposti per applicare una pena sostitutiva”.

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