Società

231, i destinatari della normativa

L'elenco degli enti a soggettività privata destinatari della normativa, anche alla luce dei vari orientamenti giurisprudenziali e di quanto emerso nella prassi applicativa

di Francesca Perego Mosetti*

• La disciplina del D.Lgs. n.231/2001 trova applicazione solo per gli enti collettivi o può/deve includere anche le imprese individuali? E le società unipersonali? E le società a responsabilità limitata con socio unico?

La risposta ai quesiti proposti passa attraverso l'analisi dell'ambito di operatività del Dlgs. 231/2001. L'art.1, ai commi II e III, traccia il perimetro dal punto di vista soggettivo del campo di applicazione della disciplina, elencando rispettivamente i "destinatari" al II comma e gli "esclusi" al III comma. La scelta del legislatore di individuare i soggetti utilizzando il lemma "ente", per quanto particolarmente adatto a soddisfare l'obiettivo politico-criminale di dilatazione della nuova forma di responsabilità "da reato" per mappare efficacemente il tessuto imprenditoriale senza lasciare zone di impunità, nonché ad evitare sovrapposizioni terminologiche rispetto a categorie di soggetti giuridici dotati di una precisa definizione normativa, ha dato adito ad un acceso dibattito ed a orientamenti giurisprudenziali non uniformi nel tempo.

Si è dato conto di ciò per approdare alla conclusione in termini di:

1) inapplicabilità della disciplina de qua all'impresa individuale, come da ultimo affermato dalla Cassazione e dalla recentissima sentenza del Tribunale di Ravenna;
2) applicabilità alle SPA unipersonali in ragione della struttura organizzata e complessa che le caratterizza, nella quale è possibile individuare un centro autonomo di imputazione di rapporti giuridici distinto da chi ha materialmente operato;
3) applicabilità alle SRL unipersonali strutturate o partecipate da società di capitali o con patrimonializzazione tale da rendere identificabile un centro di imputazione di interessi giuridici autonomo ed indipendente rispetto a quello facente capo al singolo socio; 4) inapplicabilità alle SRL unipersonali partecipate unicamente dal socio persona fisica, o con capitale ridotto o in forma cd. semplificata, essendo il socio titolare di tutte le quote, la persona fisica, unica promotrice della sua iniziativa imprenditoriale, analogamente a quanto accade nelle imprese individuali.

• Applicabilità soggettiva della disciplina del D.Lgs. n.231/2001

Prima di rispondere al primo quesito occorre premettere che il D.Lgs. 8.6.2001, n.231, da ormai 20 anni, ha introdotto nel nostro ordinamento un nuova forma di responsabilità - formalmente amministrativa, ma sostanzialmente penale ed appartenente ad un tertium genus di responsabilità secondo le S.U. della Cassazione - dell'ente collettivo "per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato", commessi nel suo interesse o a suo vantaggio da persone che rivestono funzioni apicali dell'ente, o sono sottoposte alla direzione o alla vigilanza di una persona in posizione apicale.

Come previsto, analiticamente, dall'art. 1 II co. Dlgs. n. 231/2001, le disposizioni previste nel predetto decreto si applicano "agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica", mentre non si applicano, come, tassativamente, precisa il III comma del citato articolo, "allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non economici nonché agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale".

Numerosi risultano quindi i destinatari di tale normativa e, conseguentemente, di questa nuova forma di responsabilità dell'ente che si aggiunge e non si sostituisce a quella penale della persona fisica che ha commesso uno dei reati presupposto di cui agli artt. 24 e ss. D. Lgs n. 231/2001.

La formula appositamente elastica ed evocativa di una categoria ampia, adottata dal legislatore per cercare di includere, attraverso il lemma "ente" - categoria non definita dal punto di vista normativo -, nell'ambito di applicazione del provvedimento qualsiasi organizzazione, senza badare alla forma giuridica assunta da quest'ultima o alla sua dimensione, ha dato adito a diverse interpretazioni dottrinali e giurisprudenziali sui soggetti, in concreto, destinatari della normativa de qua. Senza che l'elenco che segue possa considerarsi tassativo e/o esaustivo, si ritiene che gli tra gli enti a soggettività privata destinatari della normativa, anche alla luce dei vari orientamenti giurisprudenziali e di quello che è emerso nella prassi applicativa, siano ricomprese:

A) le persone giuridiche private e così le:
- associazioni anche non riconosciute
-fondazioni (non solo quelle di maggior valenza economica, ma anche quelle il cui oggetto prevede scopi di solidarietà: il mancato svolgimento dell'attività economica non è per sé dirimente per l'esclusione, onde salvo che non si riesca a provare che l'ente non esercente l'attività economica espleti funzioni di rilevanza costituzionale, le fondazioni sono soggette alla normativa de qua. Sul tema: Tribunale Milano, Sez XI (Giudice del Riesame) 26.06.2008.
-istituzioni di carattere privato, tra i quali i comitati

B) le società aventi o meno personalità giuridica - comprese quelle che operano in Italia anche se hanno la sede principale all'estero per reati commessi in Italia nel loro interesse - e così le:
-società semplici, società in nome collettivo, società in accomandita semplice
-società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata
-società per azioni con partecipazione dello Stato o di enti pubblici
-società per azioni di interesse nazionale
-società cooperative e mutue assicuratrici
-società previste da leggi speciali, quali le società di intermediazione finanziaria, gli intermediari finanziari, le società di investimento e di gestione di fondi comun di investimento, le società di revisione
-società di fatto e società irregolari
-studi professionali esercitati in forma societaria (la Cassazione 7.2.2012 n. 4703 si è pronunciata per l'applicabilità ad un ambulatorio odontoiatrico esercitato in forma di S.A.S.)
- consorzi
- holding e società capogruppo.

Dall'art. 15 del D.Lgs. n. 231/2001 si deduce come la normativa trovi applicazione anche in caso di enti a soggettività privata che esercitano un servizio pubblico derivante da concessione o altro atto amministrativo, atteso che, in questi enti, la finalità lucrativa si somma a quella di natura pubblicistica. Parimenti destinatari della disciplina 231 risultano essere gli enti del terzo settore (enti no-profit) e le cooperative sociali, ai quali vengano affidati servizi da parte di enti pubblici in ragione sia del tenore letterale della normativa, sia della natura dei servizi erogati (in tal senso la delibera Anac 20.1.2016, n. 32, nel fornire le Linee Guida per il rispetto della normativa in materia di prevenzione della corruzione e contratti pubblici, al punto 12.3 ha previsto che gli enti no-profit debbano dotarsi di un modello di organizzazione di cui al D.Lgs. 231/2001 e procedere alla nomina di un organismo di vigilanza, e che le stazioni appaltanti effettuino la verifica obbligatoria dell'osservanza da parte degli organismi no-profit delle disposizioni di cui al citato decreto legislativo).

Tra gli enti a soggettività pubblica destinatari della normativa di cui al D.Lgs. n.231/2001 risultano gli enti pubblici economici, così come le società a capitale misto pubblico-privato che svolgono servizi pubblici.

Tra gli enti privati esclusi si segnalano i partiti politici e i sindacati che, contemplati rispettivamente dagli artt. 39 e 49 Cost, si inseriscono nella lista degli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale espressamente esclusi dal disposto dell'art. 1 III co. del citato decreto legislativo.

Rispetto alle Onlus si profila, in linea di massima, una esclusione dalla normativa 231 in quanto enti privati privi di finalità lucrativa e carenti del necessario carattere imprenditoriale dell'attività svolta, tendenzialmente, di rilevanza costituzionale e di tipo solidaristico-assistenziale o culturale, di cui occorrerà comunque dare prova in giudizio in caso di contestazione di responsabilità 231. E, infatti, il Tribunale di Milano, Sez. Gip, in data 22.03.2011 si è pronunciato in materia, condannando per il delitto di truffa ai danni dello Stato, previsto tra i reati presupposto della responsabilità dell'ente dall'art. 24 I comma D.Lgs. n. 231/2001, un'associazione volontaria di pubblica assistenza, in quanto la stessa, solo apparentemente e formalmente era organizzata come ente no profit di natura solidaristica, mentre nella realtà svolgeva attività sostanzialmente imprenditoriale nel settore sanitario, perseguendo, anche e soprattutto illecitamente, ben precisi interessi economici.

In ragione poi del fatto che le Associazioni temporanee di imprese non danno vita ad un soggetto giuridico che si distingue dalle società che costituiscono il raggruppamento di imprese, si ritiene che le A.T.I. siano escluse dall'applicazione della normativa 231/2001, posto che del reato commesso nell'ambito operativo della ATI da una delle imprese associate risponde solo quest'ultima e non l'intero raggruppamento.

Dubbi interpretativi e conflitti giurisprudenziali hanno reso più complessa, e discontinua nel tempo, la risposta al quesito in merito all'applicazione o meno della normativa di cui al D.Lgs. n. 231/2001 alle imprese individuali di cui all'art. 2082 e ss. c.c.

Dall'art.1 Dlgs n. 231/2001 si ricava, infatti, che la disciplina de qua è applicabile, indistintamente, tanto alle grandi quanto alle piccole e medie imprese, non facendo la normativa alcun riferimento al profilo dimensionale degli enti e non risultando tale parametro tra gli elementi essenziali per l'individuazione dei soggetti attivi della disciplina di cui al II comma, né per la parametrazione in negativo del raggio di azione del III comma dell'art.1 D.lgs. 231/2001.

Sul punto si segnala un iniziale e maggioritario orientamento della Suprema Corte - di cui è espressione la sentenza n.18941 del 22.4.2004 - che, attenendosi ad una lettura fedele del tenore letterale dell'art. 1, II comma, ha risposto in maniera argomentata e convincente al quesito in questione, escludendo le imprese individuali dall'applicazione del D.Lgs. n. 231/2001, circoscritto all'intero spettro dei soggetti di diritto collettivi ovvero meta-individuali, sussistendo solo per questi enti quelle "pericolose manifestazioni di reato poste in essere da soggetti a struttura organizzata e complessa"; ciò in ragione sia della voluntas legis ricavata dalla relazione governativa di accompagnamento al decreto, sia della diversità tra imprese individuali ed enti collettivi, tale da non rendere neppure ipotizzabile una disparità di trattamento in violazione dell'art 3 Cost., considerato poi che una diversa opzione ermeneutica integrerebbe una violazione del divieto di analogia in malam partem di cui all'art. 25 II co. Cost., derivante della estensione della responsabilità alle ditte individuali sulla base della loro asserita assimilazione alle S.R.L. unipersonali.

L'orientamento giurisprudenziale, che era pacificamente condiviso anche dalla dottrina è stato oggetto di un inatteso revirement della stessa Cassazione che con la sentenza n.15657 del 15.12.2010 - 20.4.2011 ha affermato l'inedito principio della responsabilità ex crimine anche delle imprese individuali.

A motivo di questa isolata decisione, i giudici di legittimità hanno argomentato che queste imprese:
a) sebbene non richiamate nei commi II e III dell'art.1 D.lgs. n.231/2001 rientrano nella generale categoria degli "enti forniti di personalità giuridica, nonché di società e associazioni anche prive di personalità giuridica";
b) la loro mancata indicazione esplicita tra i soggetti esclusi del II comma dell' art.1 D.lgs. 231/2001 può essere interpretata come "implicita inclusione" nell'area dei destinatari della normativa;
c) sarebbero assimilabili ad una persona giuridica nella quale viene a confondersi la persona dell'imprenditore quale soggetto fisico che esercita una determinata attività;
d) devono essere fatte rientrare nel novero dei soggetti attivi per evitare il rischio di un vero e proprio vuoto normativo e palesi violazioni del principio di uguaglianza e ragionevolezza, altrimenti implicate da una disparità di trattamento tra i soggetti che ricorrono a forme semplici di impresa e coloro che per svolgere l'attività ricorrono a strutture ben più complesse ed articolate.

Le critiche mosse al citato revirement hanno portato al suo superamento ed all'affermarsi di un orientamento che allo stato risulta maggioritario oltre che condiviso dalla dottrina, di cui è espressione la recente pronuncia della Suprema Corte ( Cass. Sez. IV Pen. n. 30085/2012 ) che, riprendendo l'originario orientamento del 2004, ha affermato, chiaramente e condivisibilmente, seppur incidentalmente, che la normativa sulla responsabilità da reato degli enti prevista dal D.Lgs. n.231/2001 non trova applicazione nei confronti delle imprese individuali, in quanto si riferisce ai soli soggetti collettivi.

Come affermato da recentissima giurisprudenza di merito (Tribunale di Ravenna 7.6.2021 n.1056) "nell'impresa individuale, imprenditore ed attività coincidono e non ricorre quella duplicità di centri di imputazione necessaria ai fini che ci occupano".

Il centro autonomo di imputazione di rapporti giuridici rappresenta l'elemento dirimente per l'individuazione dei potenziali soggetti attivi del decreto in parola. Milita a favore di questa conclusione anche la disciplina relativa alle vicende modificative dell'ente (artt. 28 e ss. D.Lgs. n.231/2001), che regolamentando in chiave antielusiva della responsabilità la trasformazione, la fusione e la scissione dell'ente, è ispirata alla dimensione collettiva dello stesso, escludendo che con esso possa identificarsi anche l'impresa individuale. L'applicazione alle imprese individuali del D.Lgs. 231/2001 - che lo si ricorda, si aggiunge alle disposizioni recate dal codice penale nei confronti della persona fisica - finirebbe per dar luogo ad una doppia punizione del medesimo soggetto per il medesimo fatto, con violazione del principio del ne bis in idem sostanziale: la persona fisica sarebbe punita quale autore materiale del reato e quale titolare dell'impresa che con lui si immedesima.

Alla luce di quanto sopra, allo stato, si ritiene di rispondere, pertanto, negativamente alla domanda posta, dovendo ritenere escluse le imprese individuali dall'elenco dei soggetti attivi della disciplina di cui al D.Lgs. n.231/2001, destinata a reprimere quelle situazioni riconducibili alla cd. colpa di organizzazione, che non sarebbe possibile ravvisare nell'ambito dell'impresa individuale, in ragione della sua sostanziale coincidenza tra persona fisica e attività imprenditoriale esplicata.

• Le società unipersonali

Come sopra evidenziato le società di capitali (Spa e Srl) sono "enti" destinatari della normativa di cui al D.Lgs.231/2001. Ci si domanda se queste società siano parimenti soggette alla normativa in questione anche quando le stesse siano "unipersonali". Occorre premettere che sono unipersonali quelle società di capitali che, pur assumendo la forma giuridica di SPA o di SRL, si caratterizzano per il fatto che la titolarità della società appartiene ad un singolo soggetto, che può essere o una persona giuridica (a sua volta una Spa, una Srl, o una SAPA, come accade nel caso di società capogruppo a cui sia formalmente intestato l'intero capitale sociale della società controllata) o una persona fisica che detiene rispettivamente tutte le azioni (nella Spa) o tutte le quote (nella Srl).

In linea generale, occorre segnalare che i requisiti affinché un soggetto giuridico possa essere qualificato come ente ai fini della normativa di cui al D.lgs. n. 231/2001, sono dati:

1) dal carattere della collettività;
2) dall'esistenza di una netta separazione tra interesse e vantaggio dell'ente collettivo e quello dell'autore materiale del reato presupposto;
3) dalla sussistenza di un centro di imputazione della scelta criminosa del tutto autonomo e indipendente rispetto a quella del singolo individuo.

Ciò significa che in tanto un ente può essere destinatario delle prescrizioni e delle sanzioni di cui al D.lgs. n. 231/2001, in quanto risulti dotato di una struttura organizzativa plurisoggettiva, complessa ed autonoma rispetto alla persona fisica autrice del reato presupposto. Anche quando costituita in forma unipersonale la SPA continua ad avere tutti gli organi sociali normalmente previsti la cui competenza rimane invariata; oltre all'assemblea, a cui presenzierà evidentemente il solo socio, la stessa sarà dotata di un organo amministrativo e di un organo di controllo, normalmente distinti dall'unico azionista.
È comunque possibile che quest'ultimo sommi su di sé anche la qualifica di amministratore unico o consigliere di amministrazione, o ancora di sindaco della società.

Il rilievo di complessità dell'ente e la possibilità o meno di individuare in esso un autonomo centro di interessi e di rapporti giuridici, ovvero un soggetto di diritto distinto da quello del suo fondatore e amministratore unico, stando alla più recente giurisprudenza rispetto alla Srl unipersonale, rappresenta il discrimine tra applicabilità o meno della normativa di cui al D.Lgs. n. 231/2001, che presuppone l'alterità tra interesse della persona fisica e interesse collettivo dell'ente ed un centro di imputazione della scelta criminosa del tutto autonomo ed indipendente rispetto a quella del singolo individuo.

Atteso che, anche quando unipersonale la SPA è, tendenzialmente, caratterizzata da una struttura organizzata e complessa nella quale è possibile individuare un centro autonomo di imputazione di rapporti giuridici distinto da chi ha materialmente operato, si ritiene di concludere per l'applicazione alla stessa del D.Lgs. n.231/2001, posto che anche l'art. 6 IV comma, prevedendo la possibilità di affidare allo stesso organo dirigente il ruolo di OdV negli enti di piccole dimensioni, pare ribadire implicitamente l'applicabilità del sistema di responsabilità delineato dalla 231 anche alle società con unico socio.

• Le società a responsabilità limitata con socio unico

In linea di massima, non paiono sussistere dubbi sulla applicabilità anche alle SRL unipersonali della disciplina di cui al D.Lgs. n. 231/2001, come peraltro affermato dalla giurisprudenza più recente della Suprema Corte ( Cass. Pen. 25.7.2017, n. 49056 ) secondo la quale "le norme sulla responsabilità da reato degli enti si applicano anche alle società unipersonali in quanto soggetto di diritto distinto dalla persona fisica che ne detiene le quote", che riprende il principio di indubbia applicazione della disciplina in parola alle SRL unipersonali già affermato dalla Cass. Pen.15.12.2010, n.15657 (la quale però, sulla base di questa corretta premessa, aveva concluso per l'estensione, poi aspramente criticata e superata, come sopra evidenziato, anche alle imprese individuali).

Peraltro per l'applicazione della normativa 231/2001 alle società (evidentemente anche quando unipersonali), depone anche l' art. 34-bis del D.Lgs. n.159/2011 (cd. Codice Antimafia) che riferendosi al controllo giudiziario delle attività economiche e delle aziende sottoposte ad amministrazione giudiziaria, contempla la possibilità che il relativo provvedimento possa prevedere per l'amministratore giudiziario l'obbligo di "adottare ed efficacemente attuare misure organizzative, anche ai sensi degli articoli 6, 7 e 24-ter del decreto legislativo 8 giugno 2001 n.231, e successive modificazioni", ovvero di adottare i MOG anche al fine di prevenire la commissione dei reati-presupposto contemplati dal citato art. 24-ter (delitti di criminalità organizzata).

Se non paiono sorgere dubbi sull'applicabilità della responsabilità degli enti quando trattasi di SRL unipersonali strutturate o partecipate da società di capitali o con patrimonializzazione, tale da rendere identificabile un centro di imputazione di interessi giuridici autonomo ed indipendente rispetto a quello facente capo al singolo socio, non altrettanto potrà dirsi per il caso di SRL unipersonale partecipata unicamente dal socio persona fisica, o con capitale ridotto o in forma cd. semplificata (art. 2463 bis cc).

Premesso infatti che la SRL unipersonale è stata pensata per l'imprenditore individuale che intende svolgere l'impresa commerciale o artigianale in forma societaria in regime di responsabilità limitata, grazie alla separazione netta tra patrimonio personale del socio e della società, una recentissima sentenza del Tribunale di Milano - Ufficio GUP (n. 971/2020 del 16.7.2020) accogliendo la tesi proposta dalla difesa e con il parere favorevole del PM, ha pronunciato sentenza di non luogo a procedere nei confronti di una Srl Unipersonale Semplificata con capitale sociale di 1,00 euro, imputata ex D.lgs. 231/2001, che formalmente era una SRL unipersonale ma che, in realtà, possedeva tuttavia i tratti tipici di una impresa individuale, essendo l'unico socio, titolare di tutte le quote e Presidente del Consiglio di amministrazione con pieni poteri, la persona fisica - peraltro soggetto imputato del reato presupposto - unica promotrice della sua iniziativa imprenditoriale.

In siffatta SRL unipersonale, analogamente a quanto accade nell'impresa individuale, non si riesce a scorgere un centro autonomo di imputazione di rapporti giuridici che possa distinguersi dagli interessi della persona fisica del Presidente del CdA, e considerato che il D.Lgs. 231/2001 punisce la cd. "colpa di organizzazione" dell'ente, dove non esiste o non può esistere una struttura organizzativa di un certo rilievo di complessità, non è neppure configurabile la colpa della società, ma soltanto semmai della persona fisica che ha commesso il reato presupposto.

Considerazioni conclusive

L'analisi che precede ci porta ad affermare che la disciplina di cui al D.Lgs. n. 231/2001 risulta:
1) inapplicabile all'impresa individuale, stante l'assenza della duplicità di centri di imputazione e la coincidenza tra imprenditore persona fisica e attività;
2) applicabile alle SPA unipersonali in ragione della struttura organizzata e complessa che le caratterizza, nella quale è possibile individuare un centro autonomo di imputazione di rapporti giuridici distinto da chi ha materialmente operato;
3) applicabile alla SRL unipersonale strutturata o partecipata da società di capitali o con patrimonializzazione, tale da rendere identificabile un centro di imputazione di interessi giuridici autonomo ed indipendente rispetto a quello facente capo al singolo socio;
4) inapplicabile alla SRL unipersonale partecipata unicamente dal socio persona fisica, o con capitale ridotto o in forma cd. semplificata, essendo il socio titolare di tutte le quote, la persona fisica unica promotrice della sua iniziativa imprenditoriale, analogamente a quanto accade nelle imprese individuali.

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*A cura dell'Avv. Francesca Perego Mosetti, Partner 24 ORE Avvocati

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