Società

231, le indicazioni per una corretta composizione dell'OdV

La norma di legge non offre alcuna specifica indicazione, è spettato, pertanto, alle varie associazioni di categoria, alla dottrina ed alla Magistratura il compito - o la necessità - di elaborare diverse soluzioni per supportare gli enti nella corretta costruzione dell'Organismo di Vigilanza

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di Armando Ottone*

Com'è noto, l'art. 6 D. Lgs. 231/2001 prevede che l'ente non risponde del reato commesso da uno dei soggetti indicati dall'art. 5 comma 1, lettera a) se, unitamente all'adozione di un efficace modello di organizzazione, gestione e controllo, prova che "il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli nonché di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo ".

La norma, dunque, non offre alcuna specifica indicazione su una delle tematiche maggiormente dibattute nel vasto panorama delle questioni poste dalla responsabilità amministrativa ex D. Lgs. 231/2001, ovvero quella della corretta composizione dell'Organismo di Vigilanza, limitandosi esclusivamente ad enunciarne la necessaria connotazione di autonomia e la sua collocazione nell'ambito della struttura organizzativa dell'impresa.

Tale scelta legislativa pare sia giustificata dal voler riconoscere ampia libertà all'autonomia della singola impresa nell'individuazione delle misure organizzative più adeguate alla prevenzione dei rischi da reato e, tra questi, individuare la struttura dell'Organismo di Vigilanza più appropriato alla realtà aziendale.

È spettato, pertanto, alle varie associazioni di categoria, alla dottrina ed alla Magistratura il compito - o la necessità - di elaborare diverse soluzioni per supportare gli enti nella corretta costruzione dell'Organismo di Vigilanza, soprattutto a causa dell'evoluzione che la giurisprudenza di settore ha subito nel corso dei primi vent'anni di vita del D. Lgs. 231/01.

Tuttavia, ancor prima di vagliare possibili soluzioni di composizione dell'OdV, l'Impresa non può esimersi dal realizzare un'auto-valutazione finalizzata a coglierne le peculiarità, le dimensioni e la sua complessità organizzativa ma, soprattutto, delle proprie "aree sensibili" connotate da un rilevante rischio reato. Tale indagine, oltre a permettere all'Ente di costruire un Organo perfettamente calato sulla realtà dell'ente, è in grado di produrre effetti postivi anche in sede processuale, qualora la stessa sia puntualmente documentata. Invero, tracciare le attività di costruzione dell'OdV in uno specifico e documentato processo di assessment, potrà consentire all'ente di dimostrare, qualora necessitasse, la completezza e la razionalità delle scelte effettuate.

Fatta questa necessaria premessa è utile rammentare che, con riguardo alla struttura dell'OdV, l'art. 6 del Decreto fa riferimento ad un "organismo dell'ente" senza specificare se esso debba essere a composizione monocratica ovvero collegiale. Pertanto, anche alla luce delle indicazioni provenienti dalle Associazioni di categoria, si sono consolidate talune soluzioni organizzative le quali propendono per la costituzione di una funzione ad hoc con composizione collegiale e mista che prevede, nella maggior parte dei casi, la presenza di uno o più soggetti esterni all'azienda esperti in ambito giuridico-societario (con competenze penalistico-commerciale) oppure la presenza della funzione Internal audit (o altra Funzione di controllo quali, ad esempio, il Risk Management, Compliance, Legale), a condizione, tuttavia, che non si trovi a soggiacere a vincoli di subordinazione (su quest'ultima figura, Confindustria evidenzia che tale funzione può essere idonea a fungere da OdV, a patto che sia ben posizionata e dotata di risorse adeguate).

Quest'ultima soluzione sembra ben conciliarsi con quanto delineato dalle Linee Guida in merito ai requisiti cardine dell'OdV , ovvero l'autonomia, indipendenza, continuità d'azione e la professionalità. Ed è proprio in riferimento a quest'ultima qualità, le recenti Linee Guida ricordano che per poter svolgere efficacemente l'attività assegnata, l'Organismo di Vigilanza deve possedere una serie di specifiche competenze professionali.

Prosegue Confindustria auspicando che "almeno taluno dei membri dell'Organismo di vigilanza abbia competenze in tema di analisi dei sistemi di controllo e di tipo giuridico e, più in particolare, penalistico". Trattasi di scelta condivisa in quanto, la disciplina in argomento, ha natura sostanzialmente punitiva e lo scopo del modello è prevenire la realizzazione di reati. Pertanto, è essenziale la conoscenza della struttura e delle modalità di consumazione dei reati, che potrà essere assicurata mediante l'utilizzo delle risorse aziendali ovvero della consulenza esterna.

Tuttavia, tale soluzione mal si combina con la soluzione di attribuire le funzioni di OdV al Collegio sindacale. La questione è sicuramente molto dibattuta in considerazione dell'introduzione del comma 4-bis dell'art. 6 del Decreto (introdotto dalla legge n. 183 del 2011 - cd. Legge di stabilità per il 2012), che ha rimesso alla discrezionalità delle società di capitali la scelta di affidare al Collegio Sindacale le funzioni di Organismo di vigilanza.

Tale novella, oltre a suscitare molti dubbi sulla razionalità della novella stessa (tra tutti, la circostanza secondo cui i membri del Collegio Sindacale sono tra i potenziali autori di alcuni reati presupposto o si trovano, comunque, in posizione di garanzia, ex art. 40, comma 2°, c.p. rispetto all'organo gestorio il che determinerebbe una coincidenza tra il soggetto vigilante e vigilato), presenta profili di criticità soprattutto per le carenze di competenze giuridico penalistiche ed organizzativo aziendale pocanzi accennate che hanno un ruolo preminente nella definizione della composizione dell'OdV.

Ciò nonostante, le Linee Guida specificano che l'impresa "deve valutare in concreto l'opportunità di investire il Collegio Sindacale della funzione di Organismo di vigilanza" soprattutto alla luce del grado di complessità organizzativa e della natura dell'attività svolta dall'ente. Pertanto, nella loro ultima versione, in caso di mancata coincidenza, Confindustria suggerisce "una stretta collaborazione tra i due organi e dell'attivazione di flussi informativi, di riunioni e confronti periodici, nel rispetto dell'autonomia ed indipendenza di entrambi e nell'insindacabilità nel merito dell'attività svolta".

Per concludere, l'idea della composizione mista sembrerebbe la soluzione che meglio risponde alla filosofia del decreto oltre che, in generale, meglio si presta ad ovviare alla scarna quantità di indicazioni offerte dal legislatore sul tema; la presenza di soggetti esterni nell'ambito di un organismo collegiale costituisce un quid pluris in termini di esperienza, professionalità, visione e soprattutto di terzietà nella valutazione dei fatti intesa proprio come capacità di vedere le vicende aziendali dall'esterno.
Pertanto, la prassi non ci ha privato di soluzioni interessanti che prevedono, ad esempio, l'adozione di una struttura variabile dell'OdV, ovvero mista con la compresenza di membri effettivi e membri consultivi. Nel dettaglio, si è immaginato un organismo misto ove a membri effettivi esterni (e/o interni appartenenti a funzioni prive di compiti operativi nelle aree a rischio) sono affiancati membri consultivi interni dotati di specifiche competenze in materie specifiche (sicurezza, ambiente, etc.) i quali, tuttavia, privi del diritto di voto e dei poteri tipici dell'OdV, sono chiamati soltanto a riversare nel collegio il loro bagaglio di conoscenze tecniche. Soluzione, quest'ultima, che comunque deve essere completata con la possibilità dell'odV di ricorrere a consulenze esterne per evitare i già evidenziati difetti di indipendenza.

In linea con tale prospettiva è quindi opportuno che l'Organismo di Vigilanza debba potersi avvalere di consulenza (interna ovvero esterna), che lo aiuti, ad esempio, nella fase di progettazione di un nuovo protocollo/flusso di prevenzione ovvero nella pianificazione delle attività di verifica ovvero nella mitigazione delle anomalie riscontrate.

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*A cura dell'Avv. Armando Ottone, esperto di Compliance 231 e OdV, Legal Consultant presso la FGM Management Consulting Srl.

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